Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44483 del 15/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 44483 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

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Toro Assicurazioni s.p.a. Ju 4r0.~1.:
nei confronti di:

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Galatola Giuseppe n. il 24.3.1980
inoltre:
2. ) Galatola Giuseppe n. il 24.3.1980
avverso la sentenza n. 1889/2009 pronunciata dalla Corte d’appello
di Catania il 28.6.2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del 15.10.2013 la relazione fatta dal Cons.
dott. Marco Dell’Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. C. Stabile, che ha
concluso per la dichiarazione d’inammissibilità dei ricorsi.

Data Udienza: 15/10/2013

Ritenuto in fatto
i. — Con sentenza in data 15.12.2008, il tribunale di Catania,
sezione distaccata di Giaffe, ha condannato Giuseppe Galatola alla
pena di un anno di reclusione, oltre alla condanna, in solido con il responsabile civile, al risarcimento dei danni in favore delle parti civili,
in relazione al reato di omicidio colposo commesso, ai danni di Davide Scavo, in violazione delle norme sulla circolazione stradale, in
Giarre 1’8.7.2005.
Con sentenza resa in data 28.6.2012, la corte d’appello di Catania, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha escluso il
concorso di colpa della vittima nella causazione del sinistro stradale,
confermando nel resto la decisione del primo giudice.
Avverso la sentenza d’appello, a mezzo dei rispettivi difensori,
hanno proposto ricorso per cassazione l’imputato e la Toro Assicurazioni s.p.a. in qualità di responsabile civile.
Il Galatola censura la sentenza impugnata per violazione
di legge e vizio di motivazione, avendo la corte territoriale confermato la responsabilità penale dell’imputato senza rilevare come, pur
quando lo stesso avesse tenuto una condotta di guida integralmente
rispettosa delle regole di comportamento stradale allo stesso imposte,
l’evento si sarebbe ugualmente verificato, in tal modo dettando una
motivazione insufficiente e contraddittoria in relazione alla ricostruzione della serie causale ch’ebbe a provocare il decesso della vittima,
il cui comportamento colpevole, nell’occasione tenuto, avrebbe dovuto individuarsi quale causa esclusiva e determinante dell’evento.
2.1. –

La Toro Assicurazioni s.p.a. propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi d’impugnazione.
Con il primo motivo, la società ricorrente censura la sentenza
impugnata per violazione di legge, mancata assunzione di una prova
decisiva richiesta dalla parte e vizio di motivazione, avendo la corte
territoriale omesso di rilevare l’erroneità della decisione del giudice
di primo grado di non procedere all’invocato espletamento di una perizia diretta alla ricostruzione della dinamica dell’incidente, all’esatta
individuazione dell’impatto tra i veicoli entrati in collisione e alle
cause ch’ebbero a determinare il sinistro, avuto riguardo alla com2.2. –

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plessiva insufficienza degli elementi di prova acquisiti ai fini
dell’esatta ricostruzione dei fatti di causa.
Del tutto erronea, inoltre, doveva ritenersi la decisione della
corte d’appello di non procedere alla riapertura del dibattimento per
l’espletamento della perizia nuovamente invocata in sede di gravame,
destinata alla risoluzione della decisiva circostanza costituita
dall’esatta individuazione del punto d’urto tra i mezzi coinvolti nel
sinistro, con la conseguente esatta collocazione degli stessi nelle rispettive corsie di percorrenza: circostanza rimasta non chiarita
all’esito a seguito dell’assunzione degli altri elementi di prova acquisiti.
Con il secondo motivo, la società ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione, avendo la
corte territoriale, confermato la dinamica del sinistro così come ricostruita dal primo giudice, disattendendo tutti i motivi di appello proposti avverso la sentenza di primo grado sulla base di una motivazione illogica, contraddittoria e sostanzialmente infedele rispetto al
complessivo contenuto delle risultanze istruttorie acquisite.
Considerato in diritto
3. — Entrambi i ricorsi – congiuntamente esaminabili in ragione dell’intima connessione delle questioni dedotte – sono infondati.
Preliminarmente, vale evidenziare l’inconferenza della doglianza sollevata dalla Toro Assicurazioni s.p.a. con riguardo alla pretesa mancata assunzione di una prova decisiva (tale asseritamente
essendo la perizia invocata nel corso del giudizio), valendo al riguardo il richiamo all’insegnamento di questa giurisprudenza di legittimità secondo cui deve ritenersi ‘prova decisiva’, ai sensi dell’art. 6o6
lett. d) c.p.p., quella prova che, confrontata con le argomentazioni
contenute nella motivazione, si riveli tale da dimostrare che, ove
esperita, avrebbe sicuramente determinato una diversa pronuncia
(Cass., Sez. 2, n. 16354/2006, Rv. 234752; Cass., Sez. 6, n.
14916/2010, Rv. 246667), ovvero quella prova che, non assunta o non
valutata, vizia la sentenza intaccandone la struttura portante (Cass.,
Sez. 3, n. 27581/2010, Rv. 248105).
Con particolare riguardo al procedimento peritale, peraltro,
questa stessa corte di legittimità ha ripetutamente statuito il principio, consolidatosi nel tempo, in forza del quale la perizia non può far-

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si rientrare nel concetto di ‘prova decisiva’, giacché la sua disposizione, da parte del giudice, in quanto legata alla manifestazione di un
giudizio di fatto, ove assistito da adeguata motivazione, è insindacabile ai sensi dell’articolo 606, lett. d) c.p.p. (v. Cass., Sez. 5, n.
12027/1999, Rv. 214873 e successive conformi fino a Cass., Sez. 4, n.
14130/2007, Rv. 236191).
Nel caso di specie, la corte territoriale ha adeguatamente motivato, in termini di coerenza logica e congruità argomentativa, la decisione di non disporre la perizia invocata dalle difese, avendo evidenziato come il quadro probatorio delineatosi all’esito del giudizio di
primo grado esprimesse una valenza rappresentativa pienamente
esauriente in ordine alle possibilità di ricostruzione della dinamica
del sinistro, con particolare riguardo alla posizione dei mezzi antagonisti e alla velocità dagli stessi tenuta nell’occasione.
Quanto alle restanti censure illustrate dai ricorrenti, con riguardo alla ricostruzione del nesso di causalità tra la condotta di guida dell’imputato e l’evento lesivo verificatosi o, più in generale, in relazione al complessivo disegno riguardante l’effettiva dinamica del
sinistro, osserva la corte come, sul punto, i ricorrenti si siano limitati
a prospettare unicamente una diversa lettura delle risultanze istruttorie acquisite, in difformità dalla complessiva ricostruzione dei giudici di merito, deducendo (peraltro, in modo solo ipotetico e congetturale) i soli elementi astrattamente idonei a supportare la propria
alternativa rappresentazione del fatto, senza tuttavia farsi carico della
complessiva riconfigurazione del teatro del sinistro sulla base di tutti
gli elementi istruttori raccolti, che, viceversa, i giudici del merito
hanno ricostruito con adeguata coerenza logica e linearità argomentativa (sull’integrazione in un unico corpo argomentativo delle sentenze di primo e di secondo grado concordi nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, cfr. Cass., Sez. i, n. 8868/2000, Rv. 216906 e segg. conformi).
Sul punto, è appena il caso di richiamare il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale la
modificazione dell’art. 606 lett. e) c.p.p., introdotta dalla legge n.
46/2006, consente la deduzione del vizio del travisamento della prova là dove si contesti l’introduzione, nella motivazione, di un’informazione rilevante che non esiste nel processo, ovvero si ometta la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia. Il sindacato

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della corte di cassazione rimane tuttavia quello di sola legittimità, sì
che continua a esulare dai poteri della stessa quello di una rilettura
degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, una volta
riscontrata la coerente e logica ricostruzione operatane dal giudice di
merito (v., ex mukis, Cass., Sez. 2, n. 23419/2007, Rv. 236893).
Da ciò consegue che gli “altri atti del processo specificamente
indicati nei motivi di gravame” menzionati dal testo vigente dell’art.
606, comma primo, lett. e), c.p.p., non possono che essere quelli concernenti fatti decisivi che, se convenientemente valutati anche in relazione all’intero contesto probatorio, avrebbero potuto determinare
una soluzione diversa da quella adottata, rimanendo esclusa la possibilità che la verifica sulla correttezza e completezza della motivazione
si tramuti in una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito (Cass., Sez. 4, n.
35683/2007, Rv. 237652), sempre che sia da escludere con evidenza
(come nel caso di specie) la prospettazione di un ragionevole dubbio
circa l’effettivo raggiungimento dell’accertamento della responsabilità penale dell’imputato.
Nel caso di specie, la corte territoriale ha coerentemente e in
modo logicamente corretto ricostruito la dinamica del sinistro evidenziata dal complesso degli elementi di prova raccolti, sottolineando
come, sulla base dei rilievi tecnico-descrittivi e planimetrici eseguiti
dalla polizia giudiziaria, nonché sulla base delle consulenze tecniche
di parte, fosse rimasto accertato che l’imputato viaggiasse, in occasione del sinistro, a una velocità (80/90 km/h) pari a circa il doppio
del limite consentito, là dove il motociclo condotto dalla vittima per corre la
la propria strada a una velocità pari a circa 20 km/h, rimanendo prudentemente all’interno della propria corsia, non potendo
tenere rigorosamente la propria destra, essendone oggettivamente
impossibilitato a causa della presenza di buche e avvallamenti causati
da recenti lavori di scavo non ancora ripristinati.
Sulla base degli stessi obiettivi elementi di prova (idonei a confortare le coerenti dichiarazioni rese dal teste Di Salvo, trasportato
sul ciclomotore condotto dalla vittima), la stessa corte territoriale ha
sottolineato come del tutto correttamente il primo giudice avesse
tratto la conclusione che il sinistro fosse stato causato dall’invasione,
da parte dell’imputato, della corsia percorsa dal motociclo della vittima avendo perso il controllo della propria autovettura, evidenzian-

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do l’inverosimiglianza delle alternative prospettazioni del fatto avanzate dall’imputato e dal responsabile civile, unicamente fondate sulle
dichiarazioni dei testimoni trasportati sulla vettura dello stesso imputato, rivelatesi in radicale contrasto con tutte le risultanze tecniche
acquisite al processo, inclini a localizzare il punto d’impatto tra i veicoli all’interno della corsia impegnata dal ciclomotore.
La sentenza d’appello impugnata, inoltre, ha correttamente
considerato ogni argomento sollevato dalla difesa (con riguardo alla
pretesa manovra di emergenza asseritamente tentata dall’imputato;
all’incompatibilità, con la ricostruzione del fatto operata dal primo
giudice, del danno subito dall’autovettura dell’imputato nella propria
parte anteriore destra; alla persistente integrità, anche dopo il sinistro, dello pneumatico anteriore destro della vettura dell’imputato),
puntualmente rispondendo agli stessi attraverso il richiamo alle concrete evidenze riguardanti: i) l’inesistenza di tracce di frenata; 2)
l’angolazione con cui la vettura dell’imputato era entrata nella corsia
opposta, dimostrando di intercettare il ciclomotore nel momento in
cui, con la parte antero-laterale sinistra, era già ampiamente penetrata nella corsia opposta; 3) il carattere non decisivo della circostanza
costituita dall’integrità dello pneumatico anteriore destro della vettura dell’imputato, essendo sufficiente un semplice minimo impatto del
motociclo con lo spigolo dell’autovettura dell’imputato al fine di provocare la caduta del primo, attesa la chiara sproporzione tra i mezzi
coinvolti.
Del pari pienamente congruente, in termini logicoargomentativi, deve ritenersi l’asserzione del giudice d’appello in ordine al riconoscimento dell’inesistenza di alcun profilo di colpa rimproverabile a carico della vittima, essendo risultata l’impossibilità, da
parte di quest’ultima, di mantenere in modo rigoroso la destra della
carreggiata percorsa, avuto riguardo alle già rilevate gravi e pericolose sconnessioni del manto stradale relativo a detta carreggiata, in
nessun modo percorribile in tale tratto, senza evidenti pericoli, da un
veicolo a due ruote.
Il complesso delle premesse sin qui richiamate impone pertanto di ritenere che la motivazione dettata dal giudice d’appello, circa
l’esclusiva responsabilità dell’imputato nella causazione del sinistro
de quo, sia da ritenere pienamente esauriente e immune da ogni vizio

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d’indole logica o giuridica, sì da sottrarsi integralmente a tutte le censure contro la stessa in questa sede sollevate dagli odierni ricorrenti.

Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione, rigetta i ricorsi e condanna i
ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 15.10.2013.

4. — L’accertamento dell’integrale infondatezza di tutte le doglianze avanzate dai ricorrenti, comporta il rigetto dei relativi ricorsi
e la condanna degli stessi al pagamento delle spese processuali.

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