Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44460 del 23/09/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 44460 Anno 2013
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: MAGI RAFFAELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FRANCO LUIGI N. IL 18/06/1961
avverso l’ordinanza n. 3075/2012 TRIB. SORVEGLIANZA di
NAPOLI, del 17/09/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. 4.t . .1> tku et

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Uditi difensor Avv.;

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Ott( )c0.)r.4.0

Data Udienza: 23/09/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Con provvedimento emesso in data 17.9.2012 il Tribunale di Sorveglianza di
Napoli rigettava l’istanza di riabilitazione proposta da Franco Luigi in relazione
alle conseguenze della sentenza di condanna per il reato di bancarotta emessa in
data 23.11.2000 dal Tribunale di Benevento (irrevocabile il 26.6.2003).
In motivazione, il Tribunale precisa che la domanda non può trovare

risarcimento dei danni derivanti dal reato commesso o comunque la
dimostrazione della impossibilità di provvedere in tal senso per le disagiate
condizioni economiche.
Ciò pur in presenza di dichiarazione di chiusura del fallimento per riparto finale
dell’attivo, atteso che tale dato non è sufficiente a dimostrare l’integrale o meno
soddisfazione dei crediti.

2. Ha proposto ricorso per cassazione – con sottoscrizione personale – Franco
Luigi, articolando distinti motivi.
Con il primo motivo si deduce vizio di nullità del provvedimento impugnato per
erronea indicazione del nominativo dell’istante nel dispositivo della decisione. In
effetti nel dispositivo il Tribunale, come evidenzia il ricorrente, così si esprime
«rigetta l’istanza come avanzata da Piteo Pasquale». Da ciò sarebbe derivata
oggettiva incertezza circa l’identità del reale destinatario della decisione.
Con il secondo motivo si deduce vizio di motivazione e violazione di legge in
riferimento alla disciplina normativa applicata. In particolare il ricorrente
evidenzia che dalla documentazione in atti si deduce la soddisfazione delle
obbligazioni civili derivanti dal reato e ciò in riferimento all’assenza di
costituzione di parte civile della curatela fallimentare ed alla intervenuta chiusura
del fallimento per riparto finale dell’attivo. Lì dove il Tribunale non avesse
ritenuto sufficiente tale documentazione, per dubbio circa l’esistenza di creditori
parzialmente insoddisfatti, avrebbe dovuto compiere una verifica ulteriore
attivando i poteri probatori di ufficio, espressamente previsti dalla disposizione
normativa di cui all’art. 683 comma 2 cod. proc. pen. .

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato per i motivi che seguono.

2

2,

accoglimento in virtù del fatto che non risulta agli atti la prova circa l’avvenuto

Quanto al primo motivo, va qui affermato che l’erronea indicazione delle
generalità del ricorrente nel dispositivo dell’ordinanza impugnata non determina
l’invocato vizio di nullità. Ciò perchè non vi è dubbio alcuno circa la riferibilità
della decisione emessa all’istanza originariamente depositata nell’interesse di
Franco Luigi – come emerge dalla stessa intestazione del provvedimento e dai
contenuti motivazionali – e pertanto l’errore materiale contenuto nel dispositivo
può essere oggetto di rettifica da parte di questa Corte, ai sensi dell’art. 130
comma 1 cod. proc. pen . In tal senso, può provvedersi con le modalità indicate

Quanto al secondo motivo di ricorso, va detto che il Tribunale di Sorveglianza ha
correttamente applicato la previsione normativa di cui all’art. 179 comma 5 n.2
cod. pen., che introduce una espressa condizione ostativa alla dichiarazione di
riabilitazione nell’ipotesi di mancato adempimento delle obbligazioni civili
nascenti da reato, salvo che l’istante dimostri di trovarsi nella impossibilità di
adempiere.
Detta norma, secondo gli insegnamenti di questa Corte (si vedano, tra le altre,
Sez. I n.47347 del 30.11.2011, rv 251421) non richiede che il danneggiato si sia
costituito parte civile, dovendo l’istante in ogni caso dimostrare la soddisfazione
del credito nascente dalla condotta illecita al fine di ottenere l’effetto a lui
favorevole e, pertanto, non può ritenersi soddisfatto il presupposto di legge
nell’ipotesi in cui – come nel caso in esame – la curatela fallimentare non abbia
ritenuto di costituirsi parte civile.
Inoltre, trattandosi di norma che pone una espressa condizione ostativa al
raggiungimento di un effetto favorevole per l’istante è da ritenersi corretta la
ripartizione dell’onere della prova – a carico dell’istante medesimo – così come
operato nel provvedimento impugnato.
In particolare, la previsione generale di cui all’art. 683 comma 2 cod. proc. pen.,
pure invocata dal ricorrente, in forza della quale nel procedimento teso alla
verifica delle condizioni di legge per la riabilitazione il Tribunale acquisisce la
«documentazione necessaria» riguarda essenzialmente la condizione positiva
prospettata dall’istante e relativa alla «prova effettiva e costante di buona
condotta», presupposto che non può essere, per sua natura, lasciato al dominio
della parte privata. Lì dove, invece, si tratti di superare la condizione ostativa del
mancato adempimento delle obbligazioni civili è da ritenersi che l’istante debba
allegare atti che consentano di ritenere effettivamente soddisfatti detti crediti, o
in alternativa documentare in modo adeguato le condizioni di permanente
impossidenza tali da rendere impossibile l’adempimento.

3

nel dispositivo della presente decisione.

Solo in presenza di tale produzione il Tribunale, ove non ritenga completa o
persuasiva la documentazione, può operare ulteriori verifiche circa i documenti
prodotti, allo scopo di superare eventuali dubbi di affidabilità.
Ora, nel caso in esame l’istante non ha offerto alcun elemento dimostrativo in
merito, essendosi limitato a rappresentare l’intervenuta chiusura del fallimento
per riparto finale dell’attivo. Tale documentazione, come osservato in modo
condivisibile nella parte motiva del provvedimento impugnato, non assicura circa
l’effetto di intervenuta soddisfazione dei crediti per la parte concorsualmente
sede di istanza, la condizione di impossidenza tale da concretizzare l’alternativa
del mancato adempimento incolpevole.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Dispone la correzione del dispositivo dell’ordinanza impugnata, nel senso che
dove si legge «Piteo Pasquale» leggasi «Franco Luigi» . Si annoti sull’originale
dell’atto.
Così deciso il 23 settembre 2013
Il Consigliere estensore

Il Presidente

insoddisfatta. Nè risulta allegata alcuna documentazione tesa a rappresentare, in

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