Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44456 del 23/09/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 44456 Anno 2013
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: MAGI RAFFAELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
COSTANZO ANTONINO N. IL 11/02/1955
avverso la sentenza n. 1298/2005 CORTE APPELLO di CATANIA, del
14/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/09/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. v ..-(2,e,..7,-,. ck.,Q.A.,’ ,
che ha concluso per is .k_ )t .1,.-,- ;-0 d..t( yt’te~ i
/

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 23/09/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 14.11.2012 la Corte d’Appello di Catania
confermava la decisione emessa in data 2.2.2005 nei confronti di Costanzo
Antonino dal Tribunale di Catania. Con tali decisioni si è dunque affermata, in
primo e secondo grado, la penale responsabilità di Costanzo Antonino per il reato

guerra. Il fatto risulta accertato in data 22 giugno 2001 nel corso di una
perquisizione domiciliare.
Nel valutare il contenuto dei motivi di appello, la Corte territoriale confermava la
decisione emessa in apertura del rito drettissimo con cui il giudice di primo grado
aveva ritenuto corretta l’instaurazione del rito speciale, pur a distanza di più di
tre anni dalla data di iscrizione della notizia di reato. A parere della Corte
territoriale l’inosservanza del termine previsto dall’art. 449 cod. proc. pen. non è
causa di invalidità del cd. direttissimo atipico, previsto come obbligatorio per i
reati in tema di armi dall’art. 12 bis della legge n. 356 del 1992.
Quanto al merito, la Corte osserva che non vi è motivo alcuno di dubitare della
qualità di munizionamento «da guerra» delle cartucce calibro 9 x 19 anche a
seguito della modifica del testo dell’art. 2 legge n.110 del 1975 (dovuta al d.lgvo
n. 204 del 2010) e ciò in relazione al fatto che trattasi di munizioni destinate
esclusivamente alle forze armate e ai corpi armati dello Stato.
Inoltre, nel caso in esame le cartucce erano in possesso del Costanzo – presso la
sua abitazione – all’epoca dei fatti maresciallo dei carabinieri in servizio presso la
stazione di Misterbianco e trattasi di munizioni diverse da quelle utilizzate per le
armi in dotazione o legittimamente detenute ed, in ogni caso, eccedenti rispetto
a quelle il cui possesso risulta consentito dal regolamento interno.
Anche l’ipotesi di un trattenimento di dette munizioni, ricevute per esercitazioni o
altre particolari situazioni, da parte dell’imputato non viene ritenuto fatto idoneo
a scriminare la condotta di illegittima detenzione, nè ad avviso della Corte può
ritenersi applicabile la particolare circostanza attenuante di cui all’art. 5 legge
n.895 del 1967 in ragione di profili oggettivi (la particolare potenzialità offensiva
delle munizioni) e soggettivi (il Costanzo è stato ritenuto responsabile, in diverso
procedimento, di concorso in un omicidio commesso nel 1999).

2.

Ha proposto ricorso per cassazione – a mezzo dei difensori – Costanzo

Antonino, articolando distinti motivi.

2

di detenzione illegale di n. 168 cartucce calibro 9 x 19 parabellum, munizioni da

Con il primo si ripropone la questione di nullità dell’ordinanza emessa in primo
grado in data 3.11.2004 per violazione della disciplina processuale del giudizio
direttissimo. Ad avviso della difesa, la mancata osservanza del termine previsto
dall’art. 449 cod. proc. pen. (all’epoca di giorni 15) determina vizio di
instaurazione della fase processuale del giudizio, con conseguente nullità degli
atti successivi. La disciplina speciale prevista dall’art. 12 bis legge 356/’92 (di
conversione del decreto legge n. 306 del 1992) va riferita infatti esclusivamente
ai «casi» ordinari del giudizio direttissimo (arresto in flagranza o confessione) e

orientamenti giurisprudenziali di questa Corte tesi alla affermazione di detto
principio, pertanto, si ribadisce la questione di nullità, data la violazione dei diritti
difensivi che in ogni caso deriva dalla non corretta instaurazione del
procedimento speciale, tale da evitare i momenti di granzia rappresentati dal
previo deposito degli atti di indagine (415

bis cod. proc. pen.) e dalla

celebrazione dell’udienza preliminare.
Con il secondo motivo si denunzia vizio di motivazione e travisamento delle
risultanze processuali in riferimento alla intervenuta affermazione di
responsabilità per il delitto di cui all’art. 2 legge n.895 del 1967. Ad avviso del
ricorrente la motivazione espressa dalla Corte d’Appello non consente di ritenere
illegittimo il possesso delle munizioni che il Costanzo – nella sua qualità di
comandante della stazione carabinieri di Misterbianco – aveva trattenuto dopo la
consegna, ricevuta in occasione di esercitazioni, in modo conforme ad una prassi
tesa a prevenire situazioni di pericolo. L’eccedenza delle munizioni poteva al più
determinare una responsabilità di tipo disciplinare e non certo di carattere
penale.
Con il terzo motivo si deduce erronea applicazione della previsione normativa di
cui all’art. 5 legge n.895 del 1967 e vizio di motivazione sul punto del diniego di
detta circostanza attenuante. Ad avviso del ricorrente la particolare condizione
soggettiva ed il convincimento della legittimità della detenzione sono elementi di
fatto la cui omessa valutazione rende incongrua la motivazione addotta dalla
Corte nel denegare l’applicazione della attenuante. Inoltre le munizioni in
questione sarebbero risalenti a circa 15 anni orsono e non avrebbero quella
spiccata potenzialità offensiva cui si fa riferimento nella decisione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e va pertanto rigettato, per le ragioni che seguono.
Quanto al primo motivo di ricorso, va qui affermato che la disciplina speciale
relativa al giudizio direttissimo in tema di armi consente tale modalità di
3

non anche alle «modalità» previste dalla legge processuale. Sulla scorta di

esercizio dell’azione penale – ai sensi dell’art. 12bis della legge n.356 del 1992 anche oltre i ristretti termini previsti dall’art. 449 cod. proc. pen. . Ciò perchè la
deroga contenuta nella disposizione speciale ricomprende le ordinarie regole di
ammissibilità del rito – previste dalla suddetta norma codicistica – e, pertanto, si
estende al profilo temporale che è da tali regole contemplato. La diversa
opinione, pur espressa da Sez. VI n. 35828 del 25.9.2006 (e in precedenza da
Sez. I n.1984 del 16.3.2000), è da ritenersi un precedente isolato e non più
ripreso nei suoi contenuti dalla giurisprudenza successiva, sempre di contrario

17.9.2008, rv 241126; Sez. I n. 27657 del 30.5.2007, rv 237024, tutte emesse
in data successiva). Da ciò la assenza di un effettivo contrasto tale da
determinare l’intervento delle Sezioni Unite di questa Corte ai sensi dell’art. 618
cod.proc.pen., posto che si è verificato un costante allineamento delle decisioni
alla tesi della «insensibilità» del direttissimo cd. atipico alle scadenze temporali
indicate dall’art. 449 cod. proc. pen. .
Del resto, tale linea interpretativa non crea pregiudizio alle principali facoltà
difensive di accesso agli ulteriori riti alternativi collaborativi, essendo sempre
consentita la traformazione del rito attraverso la richiesta di giudizio abbreviato o
di applicazione della pena su richiesta.
Parimenti infondati risultano gli ulteriori motivi di ricorso.
La Corte territoriale ha adeguatamente motivato circa i profili di illiceità della
condotta – che risulta del tutto palese in relazione al numero di munizioni da
guerra oggetto di rinvenimento, peraltro in luogo diverso e privato rispetto alla
stazione in cui il Cotroneo prestava servizio – e circa l’impossibilità di ritenere il
fatto di live entità.
Le doglianze addotte riguardano, pertanto, profili di merito già esaminati – in
modo esente da vizi interpretativi e argomentativi – e rasentano l’inammissibilità
in quanto prospettano esclusivamente un diverso apprezzamento del fatto, non
consentito nella presente sede di legittimità.
Va per completezza aggiunto che il reato, pur risalente nel tempo, non risulta
prescritto in virtù del fatto che la decisione di primo grado risulta emessa in data
2.2.2005 con conseguente inapplicabilità (si veda Corte Cost. n. 393 del 2006)
della nuova disciplina introdotta dalla legge n.251 del 2005.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese
processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 23 settembre 2013
4

avviso (si vedano Sez. I n.22790 del 13.5.2009, rv 244514; Sez. I n. 37602 del

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