Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44453 del 23/09/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 44453 Anno 2013
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: MAGI RAFFAELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SOIYT ZZAARI N. IL 18/03/1989
avverso la sentenza n. 23/2012 GIUDICE DI PACE di RHO, del
30/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/09/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. T( T).A. t id et.,
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che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

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Data Udienza: 23/09/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 30.11.2012 il Giudice di Pace di Rho dichiarava
Soiyt Zzaari responsabile del reato previsto e punto dall’art. 10 bis Digs.
286/’98 (da ora in poi TU imm.) per illegittimo trattenimento nel territorio dello
stato accertato il 16.11.2010 e lo condannava alla pena di euro 6.000,00 di
ammenda, sostituita con la sanzione sostitutiva dell’espulsione.

in sede di controllo operato dalla Polizia Stradale di Busto Arsizio. In tal sede
l’imputato veniva identificato e si accertava che il rinnovo del permesso di
soggiorno gli era stato negato già in data 1.3.2010 in quanto soggetto gravato
da precedenti per il delitto di cessione di sostanze stupefacenti. Ad avviso del
giudicante tale condotta risulta punibile, senza possibilità di concessione delle
circostanze attenuanti generiche, e la sanzione pecuniaria inflitta va sostituita
con l’espulsione per la durata di cinque anni, da eseguirsi all’esito dell’espiazione
della pena detentiva attualmente in essere .

2. Ha proposto ricorso per cassazione – con sottoscrizione personale – Soiyt
Zzaari articolando distinti motivi.
Con il primo si denunzia violazione della disciplina normativa di riferimento, in
quanto la previsione incriminatrice sarebbe in contrasto con i contenuti della
Direttiva sui reimpatri n.115/2008 CE.
Con il secondo motivo si deduce la violazione della norma di cui all’art. 62 bis
cod. pen. in riferimento all’omessa applicazione delle circostanze attenuanti
generiche. Ad avviso del ricorrente, pur in presenza di precedenti, la condotta
relativa all’illegittimo trattenimento risulterebbe – di per sè – scarsamente
offensiva e meriterebbe un trattamento sanzionatorio mitigato.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e va pertanto rigettato.
Circa il denunziato contrasto tra la previsione incriminatrice di cui all’art. 10-bis
T.U. imm. e i contenuti della direttiva 2008/115/CE va precisato che questa
Corte in più decisioni lo ha ritenuto insussistente (tra le altre, Sez. I n.951 del
22.11.2011, Gueye, Rv 251671) affermando che «la fattispecie
contravvenzionale prevista dall’art. 10-bis d.lgs n. 286 del 1998, che punisce
l’ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato, non viola la c.d. direttiva
europea sui rimpatri (direttiva Commissione CEE 16 dicembre 2008, n. 115), non
comportando alcun intralcio alla finalità primaria perseguita dalla direttiva

2_

L’illegittimo trattenimento dell’imputato nel territorio dello stato risulta accertato

predetta di agevolare ed assecondare l’uscita dal territorio nazionale degli
stranieri extracomunitari privi di valido titolo di permanenza e non è in contrasto
con l’art. 7, par. 1 della medesima, che, nel porre un termine compreso tra i 7 e
30 giorni per la partenza volontaria del cittadino di paese terzo, non per questo
trasforma da irregolare a regolare la permanenza dello straniero nel territorio
dello Stato». Sul punto si è inoltre di recente registrato l’intervento risolutivo
della Corte di Giustizia con la decisione del 6.12.2012 sulla domanda di
pronunzia pregiudiziale proposta dal Tribunale di Rovigo nel procedimento a

che le disposizioni della direttiva impediscano di sanzionare il soggiorno
irregolare con una pena pecuniaria sostituibile in astratto con la pena
dell’espulsione, affermando invece che lì dove vi sia – ma ciò non è accaduto nel
caso in esame – una espulsione disposta senza una previa verifica delle
condizioni che possono giustificare la deroga alla generale priorità della
procedura di allontanamento volontario ( pericolo di fuga, pericolo per l’ordine
pubblico, la sicurezza o la sicurezza nazionale, previo rigetto per manifesta
infondatezza o fraudolenza di una precedente domanda di soggiorno) il giudice
interno ha l’obbligo di disapplicare la normativa nazionale.
Ora, nel caso in esame il Giudice di Pace ha inflitto esclusivamente la sanzione
pecuniaria ed ha previsto, in tutta evidenza, l’espulsione solo come misura di
sicurezza a pena espiata. In ciò la previsione risulta compatibile con la citata
direttiva, posto che è subordinata alla verifica della pericolosità al momento della
sua applicazione. Peraltro il ricorrente non ha espresso specifica doglianza sul
punto.
Va inoltre ricordato che la norma che incrimina le condotte di ingresso e
permanenza illegale nel territorio dello Stato – art. 10-bis d.lgs. n. 286 del 1998
– ha di recente superato il vaglio di compatibilità costituzionale: il Giudice delle
leggi, con sentenza n. 250 del 2010, ha precisato che la norma non punisce una
«condizione personale e sociale» – quella, cioè, di straniero «clandestino» (o, più
propriamente, «irregolare») – e non criminalizza un «modo di essere» della
persona. Essa, invece, punisce uno specifico comportamento, costituito dal
«fare ingresso» e dal «trattenersi» nel territorio dello Stato, in violazione delle
disposizioni di legge. Si è quindi di fronte, rispettivamente, ad una condotta
attiva istantanea (il varcare illegalmente i confini nazionali) e una a carattere
permanente di natura omissiva, consistente nel non lasciare il territorio
nazionale.
La condizione di “clandestinità” è, in questi termini, la conseguenza della
condotta penalmente illecita e non già un dato preesistente ed estraneo al fatto,
e la rilevanza penale si correla alla lesione del bene giuridico individuabile

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carico di Md Sagor. In particolare, la Corte ha escluso – per quanto qui rileva –

nell’interesse dello Stato al controllo e alla gestione dei flussi migratori, secondo
un determinato assetto normativo: si tratta di un bene “strumentale”, per mezzo
della cui tutela si accorda protezione a beni pubblici “finali” di sicuro rilievo
costituzionale. Per queste ragioni non è stata una scelta arbitraria la
predisposizione di una tutela penale di siffatto interesse, che si atteggia a bene
giuridico di “categoria”, capace di accomunare buona parte delle norme
incriminatrici presenti nel testo unico del 1998. Sulla base di questo nucleo
argomentativo la Corte costituzionale ha dunque sancito la compatibilità della

e principalmente con quelli desumibili dagli artt. 2 e 3. Le censure poste dal
ricorrente non possono – pertanto – trovare accoglimento sotto il profilo del
rilievo penale della condotta contestata.
Infine, va precisato che la doglianza circa la mancata applicazione delle
circostanze attenuanti generiche risulta inammissibile, a fronte di motivazione
espressa in sentenza e rapportata alla esistenza di precedenti correlati alla
attività di cessione di sostanze stupefacenti. Si chiede, sul punto, una
rivalutazione di aspetti di merito, non compatibile con i poteri del giudice di
legittimità.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese
processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali .

Così deciso il 23 settembre 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

norma qui in rilievo con alcuni principi della Carta fondamentale, specificamente

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