Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44450 del 23/09/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 44450 Anno 2013
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: MAGI RAFFAELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MIFTAH KHALID N. IL 06/09/1973
MIFTAH FOUAD N. IL 08/03/1977
avverso la sentenza n. 18/2009 GIUDICE DI PACE di GUALDO
TADINO, del 28/09/2009
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/09/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. l< • T X.C1- h. che ha concluso per ‘'.12 ; pe_p'0 oLt i Jt C-0 ~ Udito, per la parte civile, l'Avv Uditi difensor Avv. Data Udienza: 23/09/2013 RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza emessa in data 9.9.2009 il Giudice di Pace di Gualdo Tadino dichiarava Miftah Khalid e Miftah Fouad responsabili del reato di cui all'art. 10 bis D.Lgs. 286/'98 (da ora in poi TU imm.) e li condannava alla pena di euro 5.000,00 di ammenda ciascuno, disponendo la misura sostitutiva dell'espulsione L'illegittimo ingresso o comunque trattenimento nel territorio dello Stato risulta accertato in data 7 settembre 2009, quando i due imputati - di nazionalità marocchina - venivano identificati dai carabinieri in Fossato di Vico privi di documenti attestanti la regolarità del soggiorno. Ad avviso del GdP la condotta risulta punibile e può essere applicata - non risultando cause ostative - l'espulsione prevista dall'art. 16 TU imm. . 2. Hanno proposto ricorso per cassazione - a mezzo del difensore - entrambi gli imputati, articolando distinti motivi. Miftah Fouad deduce intervenuta violazione della disciplina incriminatrice di riferimento, in particolare sostenendo - al primo motivo - che l'illegittimo trattenimento, in virtù di quanto previsto dall'art. 5 del medesimo TU imm. è punibile solo ove sia decorso il termine di otto giorni entro cui lo straniero deve chiedere il rilascio del permesso di soggiorno. La prova di tale condizione deve essere fornita dal Pubblico Ministero e nel caso in esame sarebbe del tutto carente. Con il secondo motivo si denunzia ulteriore violazione di legge posto che alla data di celebrazione dell'udienza era ancora pendente il termine concesso dall'art. 1 ter della legge n. 102 del 2009 in tema di emersione del lavoro irregolare di extracomunitari. La circostanza in questione, prospettata al giudicante, avrebbe dovuto determinare il rinvio dell'udienza essendovi interesse alla regolarizzazione da parte del datore di lavoro. Inoltre, viene riproposta questione di legittimità costituzionale della previsione incriminatrice di cui all'art. 10 bis TU imm., con diffuse argomentazioni tese a segnalare il contrasto con gli artt. 2, 3 e 25 della Costituzione. Miftah Khalid deduce analoghi motivi. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi sono infondati e vanno pertanto rigettati per le ragioni che seguono. 2 dal territorio nazionale. Va premesso che la norma che incrimina le condotte di ingresso e permanenza illegale nel territorio dello Stato - art. 10-bis d.lgs. n. 286 del 1998 - ha di recente superato il vaglio di compatibilità costituzionale: il Giudice delle leggi, con sentenza n. 250 del 2010, ha precisato che la norma non punisce una «condizione personale e sociale» - quella, cioè, di straniero «clandestino» (o, più propriamente, «irregolare») - e non criminalizza un «modo di essere» della persona. Essa, invece, punisce uno specifico comportamento, costituito dal «fare ingresso» e dal «trattenersi» nel territorio dello Stato, in violazione delle attiva istantanea (il varcare illegalmente i confini nazionali) e una a carattere permanente di natura omissiva, consistente nel non lasciare il territorio nazionale. La condizione di "clandestinità" è, in questi termini, la conseguenza della condotta penalmente illecita e non già un dato preesistente ed estraneo al fatto, e la rilevanza penale si correla alla lesione del bene giuridico individuabile nell'interesse dello Stato al controllo e alla gestione dei flussi migratori, secondo un determinato assetto normativo: si tratta di un bene "strumentale", per mezzo della cui tutela si accorda protezione a beni pubblici "finali" di sicuro rilievo costituzionale. Per queste ragioni non è stata una scelta arbitraria la predisposizione di una tutela penale di siffatto interesse, che si atteggia a bene giuridico di "categoria", capace di accomunare buona parte delle norme incriminatrici presenti nel testo unico del 1998. Sulla base di questo nucleo argomentativo la Corte costituzionale ha dunque sancito la compatibilità della norma qui in rilievo con alcuni principi della Carta fondamentale, specificamente e principalmente con quelli desumibili dagli artt. 2 e 3. Le censure poste dai ricorrenti non possono - pertanto - trovare accoglimento sotto il profilo del rilievo penale della condotta contestata. Quanto, inoltre, agli ulteriori temi affrontati nei ricorsi va detto che gli stessi introducono delle ipotesi di non punibilità prive di aderenza ai fatti processuali. Non risulta, infatti, dai contenuti della sentenza impugnata, che gli imputati abbiano allegato la circostanza di fatto dell'essere appena giunti sul territorio italiano e di trovarsi nelle condizioni tali da poter richiedere entro otto giorni il titolo abilitativo al trattenimento nè risulta prodotta al giudice una regolare pratica di emersione, tale da giustificare la sospensione del dibattimento. Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali . 3 disposizioni di legge. Si è quindi di fronte, rispettivamente, ad una condotta rm Così deciso il 23 settembre 2013 Il Presidente Il Consigliere estensore

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