Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44447 del 15/10/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 44447 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: FRANCO AMEDEO

SENTENZA
sul ricorso proposto da Ottino Daniela, nata a Rondissone il 14.1.1970, e
da Iacono Nicolò, nato a Montallegro il 25.12.1965;
avverso la sentenza emessa il 2 maggio 2013 dalla corte d’appello di Palermo;
udita nella pubblica udienza del 15 ottobre 2013 la relazione fatta dal
Consigliere Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Aldo Policastro, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
Svolgimento del processo
Con la sentenza in epigrafe la corte d’appello di Palermo confermò la sentenza emessa il 15.2.2011 dal giudice del tribunale di Agrigento che aveva dichiarato Ottino Daniela e Iacono Nicolò colpevoli del reato di cui all’art. 44 lett.
b) d.P.R. 380/01 perché, nella qualità di proprietari di un immobile a due elevazioni e di committenti dei lavori, avevano realizzato, in assenza del prescritto
permesso a costruire, la terza elevazione con copertura a tetto spiovente ad unica falda e struttura costituita in muratura in conci di tufo, con copertura in legno
costituita da travi lamellari sovrastate da perline in legno, guaina bituminosa
impermeabile ed isopan di copertura; e li aveva condannati alla pena, condizionalmente sospesa, di giorni dieci di arresto ed euro 7.500 di ammenda ciascuno,
con la demolizione delle opere abusive e la subordinazione alla demolizione
della sospensione condizionale della pena.
Gli imputati, a mezzo dell’avv. Benito Lo Dico, propongono ricorso per
cassazione deducendo:
1) violazione dell’art. 521, comma 2, cod. proc. pen. e nullità della sentenza per violazione del principio di correlazione tra contestazione e sentenza, sia
per la erronea individuazione del fabbricato sia per la erronea rappresentazione

Data Udienza: 15/10/2013

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sulla natura ed entità delle opere effettivamente poste in essere.
2) violazione dell’art. 44, lett. b), d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380, perché nella specie non occorreva il permesso di costruire trattandosi di lavori di mera
manutenzione ordinaria.
3) violazione dell’art. 157 cod. pen. perché non vi era alcuna prova che i
lavori fossero in corso al momento dello accertamento sicché, in applicazione
del principio del favor rei, il reato doveva essere dichiarato prescritto.
Motivi della decisione
Il primo motivo è manifestamente infondato. Quanto alla indicazione
dell’immobile oggetto di contestazione, la corte d’appello ha esattamente osservato che tale immobile era stato specificamente individuato nel capo di imputazione con i dati catastali (f. 15, p.11a 780 del Comune di Montallegro) sicché era
irrilevante la circostanza che esso fosse allocato in via Giuseppe Piruzza n. 2 e
non in via Caruso n. 28, così come indicato in rubrica. Si trattava invero di un
mero errore materiale che non poteva portare ad alcuna incertezza sulla effettiva
individuazione del fabbricato, perché appunto erano indicati gli estremi catastali
e perché lo stesso risultava pacificamente dagli atti già acquisiti al fascicolo dibattimentale (verbale di sopralluogo del 25.10.08 e documentazione fotografica
allegata). Nessun dubbio vi era quindi sul fatto che tutta l’istruttoria dibattimentale avesse avuto ad oggetto le opere abusive effettuate dagli imputati sullo
stesso stabile di loro residenza.
Quanto ai lavori abusivamente effettuati, con il capo di imputazione era
stato contestato agli imputati di avere effettuato la terza elevazione fuori terra
con tetto spiovente di una unica falda, con struttura in muratura in conci di tufo
e muratura in legno costituita da travi lamellari sovrastate da perline in legno,
guaina bituminosa impermeabile e isopan di copertura ._ Gli imputati sono stati
appunto ritenuti responsabili di avere realizzato questo nuova costruzione e non
già di avere solo alterato il prospetto.
In ogni caso, non è prospettabile una violazione dell’art. 521 cod. proc.
pen. perché la sentenza impugnata ha esattamente osservato che gli imputati avevano apprestato le loro difese in relazione agli specifici fatti oggetto di contestazione, essendo stato correttamente individuato l’immobile su cui vennero realizzate le opere abusive, di modo che non era ravvisabile alcuna violazione o
limitazione del diritto di difesa.
Il secondo ed il terzo motivo si risolvono in censure in punto di fatto della
decisione impugnata, con le quali si richiede una nuova e diversa valutazione
delle risultanze processuali riservata al giudice del merito e sono comunque
manifestamente infondati.
Quanto al secondo motivo, si è già osservato che il giudice del merito ha,
con apprezzamento di fatto adeguatamente e congruamente motivato, e quindi
non censurabile in questa sede, accertato che non si trattava soltanto di una
nuova copertura del tetto, bensì della realizzazione della copertura della terza
elevazione dell’immobile preesistente e della realizzazione delle finestre sui muri perimetrali, con conseguente creazione di un nuovo e consistente volume abitativo, e conferimento all’immobile di una diversa sagoma, determinata dalla
copertura dell’ultimo piano e dalla creazione di finestre sul prospetto esterno. In

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dimostrazione di quanto afferma, grava sull’imputato che voglia giovarsi della causa estintiva della prescrizione, in contrasto o in aggiunta a quanto già risulta in proposito dagli atti di
causa, l’onere di allegare gli elementi in suo possesso, dei quali è il solo a potere concretamente disporre, per determinare la data di inizio del decorso del termine di prescrizione ed in
particolare, trattandosi di reato edilizio, la data di esecuzione dell’opera incriminata» (Sez.
III, 23.5.2000, n. 10585, Milazzo, m. 217091); «In tema di prescrizione, grava sull’imputato,
che voglia giovarsi di tale causa estintiva del reato, l’onere di allegare gli elementi in suo
possesso dai quali desumere la data di inizio del decorso del termine, diversa da quella risultante dagli atti. (Fattispecie in tema di edilizia)» (Sez. III, 24.3.2009, n. 19082, Cusati, m.
243765).

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.
Essendo il ricorso inammissibile, qualora la prescrizione del reato fosse
maturata in una data successiva a quella in cui è stata emessa la sentenza impugnata, sarebbe irrilevante perché, a causa della inammissibilità del ricorso non
si è formato un valido rapporto di impugnazione il che preclude a questa Corte
la possibilità di rilevare e dichiarare le eventuali cause di estinzione del reato,
ivi compresa la prescrizione, verificatesi in data posteriore alla pronuncia della
decisione impugnata (Sez. Un., 22 novembre 2000, De Luca, m. 217.266; giur.
costante).
In applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna di ciascun
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché, in mancanza di elementi che possano far ritenere non colpevole la causa di inammissibilità del ricorso,
di una somma in favore della cassa delle ammende, che, in considerazione delle
ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, si ritiene congruo fissare in €

-3 particolare, la corte d’appello ha rilevato che i lavori erano destinati complessivamente a creare un nuovo edificio con una più estesa superficie chiusa e di volume notevolmente superiore all’esistente, con una nuova destinazione abitativa,
con evidente incidenza sul carico urbanistico. E’ quindi evidente come non si
potesse certamente parlare di mera manutenzione ordinaria e come invece fosse
necessaria la concessione edilizia, trattandosi di intervento di ristrutturazione edilizia che ha portato ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, ad aumento di unità immobiliari, a modifiche del volume, della sagoma,
dei prospetti o della superficie (art. 10 d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380).
Quanto al terzo motivo, la corte d’appello ha fornito congrua, specifica ed
adeguata motivazione sulle ragioni per le quali ha ritenuto che non fosse ancora
decorso il termine prescrizionale, osservando che dalla documentazione fotografica in atti risultava evidente che i lavori eseguiti fossero di recente realizzazione, come poteva dedursi dalle tracce di cemento ancora fresco, e che comunque non fossero ancora ultimati di guisa che nessuna rilevanza poteva avere il
fatto che, al momento dell’accertamento (25.10.08) non fossero stati rinvenuti
operai sui luoghi. A fronte di tale accertamento, il ricorso si limita ad affermazioni del tutto generiche, senza nemmeno indicare da quali elementi (che il giudice del merito avrebbe omesso di considerare) si sarebbe dovuta desumere una
diversa data di consumazione del reato. Va ricordato che secondo la giurisprudenza «Anche in materia edilizia, in base al principio generale per cui ciascuno deve dare

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1.000,00.

Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione
dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 15
ottobre 2013.

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