Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44440 del 26/11/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 44440 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GRILLO ALBERTO SILVIO, nato il 08/01/1966
avverso la sentenza n. 830/2010 CORTE APPELLO di MESSINA del
28/10/2013;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in pubblica udienza del 26/11/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. Angela Tardio;
udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Oscar Cedrangolo,
che ha chiesto dichiarasi inammissibile il ricorso;
preso atto che nessuno è comparso per il ricorrente.

Data Udienza: 26/11/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 3 marzo 2008 il Tribunale di Messina ha dichiarato
Sapienza Andrea e Buonasera Angelo, nelle rispettive qualità di titolari dello
stabilimento balneare La Baia di Ulisse e dello stabilimento balneare Kamar,
responsabili dei reati di cui agli artt. 81 cpv., 681 e 659 cod. pen., accertati in
Vernetico nelle date indicate tra il 13 agosto 2006 e 1’11 settembre 2006,

ammenda, oltre al risarcimento dei danni arrecati alle parti civili da quantificare
in sede civile.
Con la stessa sentenza è stato assolto per non avere commesso il fatto
Grillo Alberto Silvio, titolare dello stabilimento balneare

Lido del Sol, dalle

medesime imputazioni.

2. La Corte di appello di Messina con sentenza del 28 ottobre 2013, in
parziale riforma della sentenza di primo grado, appellata dagli imputati Sapienza
e Buonasera e dalle parti civili nei confronti dell’imputato Grillo, ha dichiarato
non doversi procedere nei confronti degli imputati Sapienza e Buonasera per
essere i reati estinti per prescrizione, confermando nei loro confronti le
statuizioni civili, e ha condannato l’imputato Grillo al risarcimento dei danni
cagionati alle parti civili da liquidarsi in separata sede.
La Corte, che valutava l’appello proposto dagli imputati Sapienza e
Buonasera ai soli fini civilistici, ricorrendo i presupposti di cui all’art. 578 cod.
proc. pen. e confermando le ragioni di responsabilità di ciascuno, riteneva
fondato l’appello delle parti civili nei confronti dell’imputato Grillo, ferma
restando l’impossibilità di incidere sul giudicato penale già formatosi per
l’acquiescenza prestata alla pronuncia dagli organi dell’Accusa.
Secondo la Corte di appello, che considerava del tutto irrilevante ai fini della
decisione la ragione dell’assoluzione dell’imputato Grillo, che sembrava
riconducibile all’esito negativo dell’accertamento compiuto mediante
strumentazione tecnica, dipendente dall’omesso espletamento di alcuna attività
al momento dell’accertamento, le affidabili dichiarazioni delle persone offese e le
dichiarazioni dei militari dimostravano la riferibilità anche a detto imputato della
condotta antigiuridica, protrattasi durante l’intera stagione estiva.
Né erano ravvisabili i vizi dedotti dal detto imputato a fondamento della
eccepita inammissibilità dell’appello delle parti civili, e correlati alla sua carenza
di legittimazione passiva e alla mancanza di procura e interesse delle parti
appellanti.

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condannando ciascuno alla pena di un mese di arresto e di cento euro di

2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione Grillo Alberto
Silvio con il ministero del suo difensore, chiedendone l’annullamento sulla base di
unico motivo, con il quale denuncia violazione delle norme di rito e mancanza e
comunque manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1,
lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 576, 578, 597 e 605 cod.
proc. pen.
Secondo il ricorrente, che in via preliminare puntualizza che la sentenza di

impugnata né dalla Procura della Repubblica, né dalla Procura Generale ma solo
dalle parti civili, l’appello di dette parti doveva essere dichiarato inammissibile,
non avendo il procuratore mandato specifico e non essendo sufficiente la mera
procura speciale rilasciata per la costituzione di parte civile.
La sentenza deve essere comunque annullata nel merito, poiché il Giudice
penale, andando oltre il potere riconosciutogli dalla legge e attribuendo alla
impugnazione della parte civile una estensione cognitiva finalizzata alla
rimozione del vincolo extrapenale, dipendente dalla decisione assolutoria
esecutiva, ha formulato un giudizio su una domanda relativa al “capo civile”,
necessariamente dipendente da un accertamento sul

“fatto reato”,

e si è

pronunciato, pertanto, sulla responsabilità dell’autore dell’illecito.
In tal modo, la sentenza, che ha ritenuto di contrastare il giudizio espresso
dal primo Giudice senza neppure l’acquisizione di altri elementi probatori, ha
creato in concreto un conflitto di giudicati e, ribellandosi al giudicato assolutorio
per un reato comunque prescritto e peraltro depenalizzato, lo ha condannato al
risarcimento del danno.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. È privo di giuridico pregio il rilievo del ricorrente attinente alla carenza di
mandato specifico del difensore, munito, invece, di procura speciale per la
costituzione di parte civile.
1.1. Risulta dagli atti del fascicolo trasmesso dalla Corte di appello, cui
questa Corte, attesa là doglianza di natura processuale, ha avuto accesso, che la
procura speciale, stesa in calce alla dichiarazione di costituzione di parte civile
contro gli imputati Sapienza Andrea, Buonasera Angelo e Grillo Alberto Silvio è
stata conferita al difensore avv. Pietro Giorgianni ai fini della costituzione di parte
civile e del compimento di “tutti gli atti ritenuti necessari, utili ed opportuni
nell’interesse dei mandanti, in ogni stato e grado del giudizio, compresa la
proposizione di impugnazioni”.

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primo grado, che lo ha assolto da entrambe le imputazioni, non è stata

Il contenuto del mandato, la cui sottoscrizione è stata debitamente
autenticata, è all’evidenza univocamente dimostrativo della volontà delle parti
civili di non limitare il potere rappresentativo del loro difensore fiduciario a
presentare il solo atto di costituzione e a resistere all’impugnazione dell’imputato
ovvero contraddire a essa, ma di estendere il potere rappresentativo conferito in
prospettiva attiva al fine, per quanto qui di interesse, di impugnare la sentenza e
le statuizioni sfavorevoli.
1.2. Tali emergenze rendono conto della fondatezza del passaggio

ravvisabile in atti il dedotto vizio di mancanza di procura, e ciò in coerenza con i
principi fissati da questa Corte, che, mentre ritiene che, indipendentemente dal
grado di specificità della formula utilizzata nella procura, non operi alcuna
limitazione quanto al conferimento al procuratore della capacità di essere
soggetto del rapporto processuale, al fine di promuovere l’istanza risarcitoria in
nome e per conto del danneggiato, resistere alla impugnazione dell’imputato e
presentare conclusioni e notula spese senza necessità di altro mandato (tra le
altre, Sez. 3, n. 21284 del 19/03/2003, dep. 15/05/2003, Falivena R., Rv.
224517; Sez. 1, n. 3601 del 20/12/2007, dep. 23/01/2008, Gallo e altro, Rv.
238370; Sez. 5, n. 41167 del 09/07/2014, dep. 03/10/2014, Panatta, Rv.
260682), afferma che, in tema di impugnazione della parte civile, la presunzione
del conferimento del mandato alle liti per un solo grado del processo può essere
superata da una diversa manifestazione di volontà della parte -desumibile dalla
interpretazione del mandato- di attribuire anche un siffatto potere (Sez. U, n.
44172 del 27/10/2004, dep. 18/11/2004, P.C. in proc. Mazzarella, Rv. 229179;
tra le successive, Sez. 4, n. 40275 del 28/09/2006, dep. 07/12/2006, Pozzoli,
Rv. 235393; Sez. 5, n. 42660 del 28/09/2010, dep. 01/12/2010, P.C. in proc.
Moretti, Rv. 249337; Sez. 5, n. 35535 del 16/05/2013, dep. 27/08/2013, Pinto,
Rv. 256368).

2. Il ricorso è infondato anche nel merito.
2.1. Si premette in diritto che questa Corte ha più volte affermato che, in
tema di effetti civili della decisione, la disciplina di cui all’art. 578 cod. proc. pen.
non è applicabile quando appellante o ricorrente sia la parte civile, alla quale
l’art. 576 cod. proc. pen. riconosce il diritto a una decisione incondizionata nel
merito sulla propria domanda, atteso che dette norme disciplinano situazioni
processuali e hanno ambiti di operatività diversificati, mirando l’art. 578 a non
fare acquistare efficacia di giudicato al capo della sentenza relativo all’azione
risarcitoria ove non concorra una impugnazione della parte civile, mentre l’art.
576 conferisce al giudice dell’impugnazione il potere di decidere sulla domanda al
risarcimento e alle restituzioni pur in assenza di una precedente statuizione sul
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argomentativo della sentenza impugnata, che ha ritenuto che non fosse

punto (tra le altre, Sez. 3, n. 18056 del 11/02/2004, dep. 20/04/2004, Rondani
e altro, Rv. 228450; Sez. 5, n. 9638 del 24/01/2011, dep. 09/03/2011,
Banchero, Rv. 249713; Sez. 1, n. 26016 del 09/04/2013, dep. 13/06/2013,
Geat, Rv. 25514).
2.2. I diversi ambiti di operatività delle indicate norme sono stati rimarcati
anche dalle Sezioni unite di questa Corte, che -riaffermando l’indicato principio e
osservando che “la normativa processuale penale vigente ha scelto l’autonomia

dei giudizi sui due profili di responsabilità, civile e penale, nel senso che

giudice del grado precedente in merito alla responsabilità penale del reo, ma il
giudice penale dell’impugnazione, dovendo decidere su una domanda civile,
necessariamente dipendente da un accertamento sul fatto di reato, e dunque
sulla responsabilità dell’autore dell’illecito extracontrattuale, può, seppure in via
incidentale, statuire in modo difforme sul fatto oggetto dell’imputazione,
ritenendolo ascrivibile al soggetto prosciolto”- hanno puntualizzato che “il giudice
investito dell’impugnazione della parte civile, contro una sentenza di assoluzione
per gli interessi civili, ripete per intero le sue attribuzioni dall’art. 576 cod. proc.
pen. … e … ha, nei limiti del devoluto e agli effetti della devoluzione, i poteri che
il giudice di primo grado avrebbe dovuto esercitare”, con la conseguenza che “se
si convince che tale giudice ha sbagliato nell’assolvere l’imputato ben può
affermare la responsabilità di costui agli effetti civili e (come indirettamente
conferma il disposto di cui all’art. 622 cod. proc. pen.) condannarlo al
risarcimento o alle restituzioni, in quanto l’accertamento incidentale equivale
virtualmente -oggi per allora- alla condanna di cui all’art. 538, comma 1, cod.
proc. pen., che non venne non pronunziata per errore”,

e hanno fissato il

condiviso principio di diritto alla cui stregua, sì come da massimazione nel C.E.D.
di questa Corte, “il giudice di appello, nel dichiarare l’estinzione del reato per

prescrizione o per amnistia su impugnazione, anche ai soli effetti civili, della
sentenza di assoluzione ad opera della parte civile, può condannare l’imputato al
risarcimento dei danni in favore di quest’ultima, atteso che l’art. 576 cod. proc.
pen. conferisce al giudice dell’impugnazione il potere di decidere sul capo della
sentenza anche in mancanza di una precedente statuizione sul punto” (Sez. U, n.
25083 del 11/07/2006, dep. 19/07/2006, Negri e altri, Rv. 233918; tra le
successive, Sez. 3, n 17846 del 19/03/2009,dep. 28/04/2009, C., Rv. 243761;
Sez. 5., n. 1463 del 10/11/2010, dep. 19/01/2011, Zanetti, Rv. 249046).
Ulteriormente sul punto si è anche ricordato -giudicandosi non inammissibile
l’impugnazione della parte civile avverso la sentenza di assoluzione (nella specie
perché il fatto non sussiste), non impugnata dal P.M., anche se sia rilevata
l’estinzione del reato per prescrizione alla data della sentenza di primo gradoche la previsione di cui all’art. 576 cod. proc. pen. conferisce al giudice penale

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l’impugnazione proposta ai soli effetti civili non può incidere sulla decisione del

dell’impugnazione il potere di decidere sulla domanda di risarcimento, ancorché
in mancanza di una precedente statuizione sul punto, poiché, introducendo una
deroga all’art. 538 cod. proc. pen., legittima la parte civile “non soltanto a

proporre impugnazione contro la sentenza di proscioglimento ma anche a
chiedere al giudice dell’impugnazione, ai fini dell’accoglimento della propria
domanda di risarcimento, di affermare, sia pure incidentalmente, la
responsabilità penale dell’imputato ai soli effetti civili, statuendo in modo
difforme, rispetto al precedente giudizio, sul medesimo fatto oggetto
e si è

rappresentato che, in tal caso, non sussiste un difetto di giurisdizione civile del
giudice penale dell’impugnazione perché, diversamente dall’art. 578 cod. proc.
pen. -che presuppone la dichiarazione di responsabilità dell’imputato e la sua
condanna, anche generica, al risarcimento del danno- l’art. 576 cod. proc. pen.
presuppone una sentenza di proscioglimento ( Sez. 5, n. 3670 del 27/10/2010,
dep. 01/02/2011, Pace e altro, Rv. 249698).

3. Di tali condivisi principi la Corte di appello ha fatto esatta interpretazione
e applicazione, poiché, dopo la corretta premessa della impossibilità di incidere
sul giudicato penale, già formatosi per l’acquiescenza prestata alla pronuncia
assolutoria dagli organi dell’accusa, è coerentemente pervenuta, in accoglimento
dell’appello delle parti civili, alla condanna dell’imputato Grillo, odierno
ricorrente, al risarcimento dei danni, da liquidarsi nella competente sede civile, in
favore delle medesime, non ritenendo la richiesta pregiudicata dalla mancanza di
precedente statuizione sul punto.
3.1. Nel suo percorso argomentativo, la Corte, ragionevolmente rilevando le
ragioni del precedente giudizio assolutorio, ha, in particolare, ritenuto, con rilievi
né assertivi né manifestamente illogici, che non solo non era contestabile la
legittimazione passiva dell’imputato, la cui titolarità della ditta Lido del Sol era,
tra l’altro, positivamente dimostrata dalla prodotta autorizzazione amministrativa
a tenere “intrattenimento musicale e ricreativo”, con le modalità e i limiti, invece
violati, ma convergevano a carico del medesimo i dati probatori derivanti dalle
affidabili dichiarazioni delle persone offese e dalle dirette constatazioni operate
dai militari intervenuti, a fronte delle quali non assumeva rilievo la inoperatività
del lido al momento dell’accesso dei tecnici dell’A.R.P.A.
3.2. Tale giudizio resiste ai rilievi del ricorrente, che, omettendo un
confronto con i principi di diritto suddetti e dolendosi in termini generici della
incorsa violazione sia dell’art. 576 sia dell’art. 578 cod. proc. pen.,
infondatamente assume che non vi sia stata da parte della Corte di appello,
quale giudice dell’impugnazione, la corretta considerazione della natura

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dell’imputazione e sulla sua attribuzione al soggetto prosciolto”,

assolutoria, e non di condanna, della sentenza di primo grado e del già
intervenuto giudicato.
Il ricorrente, inoltre, mentre nel merito si limita a contrapporre una
generica, e non consentita, lettura alternativa delle emergenze disponibili,
valorizzando la sola circostanza che non vi era attività in corso al momento
dell’accertamento, già apprezzata come irrilevante, assume, con osservazioni
destituite di fondamento, che si è creato nella specie un “conflitto di giudicati”,
laddove, invece, le diversificate situazioni processuali disciplinate dalla

giurisprudenziale, a una coerente impostazione sistematica dei poteri del giudice
penale e del riparto della giurisdizione tra giudice penale e giudice civile, oltre a
essere connaturato ai gradi del giudizio un conflitto logico e giuridico tra le
interpretazioni dei datti fattuali e delle pertinenti norme giuridiche.

4. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, in data 26 novembre 2014

Il Consigliere estensore

Il Presidente

richiamata normativa rispondono, nella loro coordinata lettura ed elaborazione

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