Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44439 del 02/10/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 44439 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: LOMBARDI ALFREDO MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Lo Presti Concetta, nata a Carini il 07/12/1962
Lo Presti Nunzia, nata a Carini il 08/10/1935

avverso la sentenza in data 31/10/2012 della Corte di appello di Palermo

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alfredo Maria Lombardi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Nicola
Lettieri, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Palermo ha confermato
la sentenza del Tribunale di Palermo, sezione distaccata di Carini, in data
21/07/2011, con la quale Lo Presti Concetta e Lo Presti Nunzia erano state
dichiarate colpevoli dei reati di cui agli art. 44 lett. b), 93, 94 e 95 del DPR n.
380/2001, loro ascritti per avere realizzato su un immobile preesistente, in
difformità del progetto di sanatoria, un ampliamento della superficie di 16 mq. in
assenza del permesso di costruire e senza l’osservanza delle disposizioni di legge

Data Udienza: 02/10/2013

per le costruzioni in zona sismica, nonché la sola Lo Presti Nunzia anche del
reato di cui all’art. 349 cpv. c.p., a lei ascritto per avere violato i sigilli apposti
dall’autorità giudiziaria alle opere abusive, e condannate, Lo Presti Concetta alla
pena di giorni trenta di arre S
– to ed C 11.000,00 di ammenda e Lo Presti Nunzia
alla pena di mesi sette di reclusione ed C 150,00 di multa.
Per quanto interessa in sede di legittimità la Corte territoriale ha rigettato i
motivi di gravame con i quali le appellanti avevano contestato l’affermazione di
colpevolezza. Sul punto la sentenza ha evidenziato che i lavori abusivi erano stati

Nunzia, alla figlia, Lo Presti Concetta, e che la prima era stata rinvenuta sul
luogo all’atto dell’accertamento e nominata custode del manufatto.

2. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso le imputate, tramite il
difensore, che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.
2.1 Violazione di legge in relazione agli art. 40 c.p. e 27 della Costituzione.
Nella sostanza si deduce che l’affermazione di colpevolezza delle imputate si
palesa fondata solo sul rapporto di parentela intercorrente tra le stesse e la
qualità di proprietaria dell’immobile da parte della Lo Presti Concetta, senza che
risulti provata la loro qualità di committenti delle opere abusive, in assenza di
prove del concorso nei reati e senza che sia stata accertata la responsabilità da
attribuire ad ognuna di esse.
Anche con riferimento all’ulteriore reato ascritto alla Lo Presti Nunzia si
deduce che l’affermazione di colpevolezza è fondata solo su una presunzione
inerente al fatto che la stessa era stata nominata custode dell’immobile.
2.2 Omessa e manifesta illogicità della motivazione.
Si richiamano le precedenti censure, deducendo che l’affermazione di
colpevolezza delle imputate è esclusivamente fondata su un pregiudizio rimasto
privo di riscontri.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2.

E’ opportuno premettere in punto di diritto che, secondo l’ormai

consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte, anche a seguito della
modifica dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen. per effetto della legge n. 46 del
2006, al giudice di legittimità restano precluse la pura e semplice rilettura degli
elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di
diversi parametri di ricostruzione dei fatti e il riferimento, contenuto nel nuovo
testo dalla norma citata, agli “altri atti del processo specificamente indicati nei
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eseguiti subito dopo che l’immobile era stato venduto dalla madre, Lo Presti

motivi di gravame” non vale a mutare la natura del giudizio di legittimità, il cui
controllo rimane limitato alla struttura del discorso giustificativo del
provvedimento impugnato e non può comportare una diversa lettura del
materiale probatorio, anche se plausibile. (sez. V, 22.3.2006 n. 19855, Blandino,
RV 234095) (sez. III, 27.9.2006 n. 37006, Piras, RV 235508; sez. VI, 3.10.2006
n. 36546, Bruzzese, RV 235510).
Inoltre, in tema di reati edilizi, la responsabilità del proprietario o

abusive, può dedursi da elementi indiziari, quali la piena disponibilità della
superficie edificata, l’interesse alla trasformazione del territorio, i rapporti di
parentela o affinità con l’esecutore del manufatto, la presenza e la vigilanza
durante lo svolgimento dei lavori, il deposito di provvedimenti abilitativi anche in
sanatoria, la fruizione dell’immobile secondo le norme civilistiche sull’accessione,
nonché tutti quel comportamenti (positivi o negativi) da cui possano trarsi
elementi integrativi della colpa e prove circa la compartecipazione anche morale
alla realizzazione del fabbricato. (sez. 3, sentenza n. 25669 del 30/05/2012,
Zeno e altro, Rv. 253065; massime precedenti conformi: n. 5476 del 1999 Rv.
214049, n. 38193 del 2002 Rv. 222658, n. 10632 del 2003 Rv. 224334, n.
24319 del 2004 Rv.229428, n. 35631 del 2007 Rv. 237391, n. 15926 del 2009
Rv. 243467).
Infine, a seguito della riscontrata violazione dei sigilli per la prosecuzione
della realizzazione di un manufatto abusivo, risponde del reato di cui all’art. 349
cod. pen. Il custode giudiziario che non dimostri che si verte in ipotesi di caso
fortuito o di forza maggiore, atteso che sullo stesso grava l’obbligo di impedire la
violazione di sigilli stessi. (sez. 3, sentenza n. 19424 del 24/05/2006, Donato,
Rv. 233830; conforme: sentenza n. 2989 del 2000, Rv. 215768)

3. Orbene, la sentenza impugnata ha correttamente applicato gli enunciati
principi di diritto, essendo stata desunta la responsabilità di entrambe le
imputate in ordine alle contravvenzioni edilizie ed al delitto di violazione dei sigilli
per quanto riguarda la seconda, da una serie di elementi indiziari, quali il fatto
che la madre, Lo Presti Nunzia, aveva venduto l’immobile alla figlia, Lo Presti
Concetta, immediatamente prima dell’esecuzione degli interventi abusivi, con il
conseguente interesse della acquirente alla esecuzione dell’ampliamento, lo
stretto rapporto di parentela intercorrente tra le imputate, la circostanza che la
Lo Presti Nunzia fu trovata nel cantiere durante l’esecuzione dei lavori e
nominata custode dello stesso. Né quest’ultima imputata ha fornito alcuna prova,
nella sede di merito, che la prosecuzione dei lavori fosse avvenuta a sua

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comproprietario, in quanto corresponsabile della committenza delle opere

insaputa e contro la sua volontà, incombendo sulla medesima l’obbligo di
impedire il fatto illecito.
Non sussistono, pertanto, vizi di motivazione e, tanto meno, violazioni di
legge, della sentenza sul punto dell’affermazione di colpevolezza, mentre le
deduzioni delle ricorrenti si esauriscono in una generica contestazione del valore
indiziario correttamente attribuito dai giudici di merito agli indicati elementi di
fatto ovvero nella richiesta di una diversa valutazione del predetto materiale
probatorio, inammissibile in sede di legittimità.

606, ultimo comma, c.p.p. con le conseguenze di legge, tra cui la preclusione per
questa Corte della possibilità di rilevare l’esistenza di cause di non punibilità
sopravvenute ex art. 129 c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna le ricorrenti al pagamento delle
spese processuali, nonché della somma di C 1.000,00 ciascuna alla Cassa delle
ammende.
Così deciso il 02/10/2013

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art.

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