Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44438 del 26/11/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 44438 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DIMALLIO POLITO, nato il 08/01/1954
avverso la sentenza n. 3384/2010 CORTE APPELLO di BARI del
11/11/2013;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in pubblica udienza del 26/11/2014 la relazione fatta dal
Consigliere dott. Angela Tardio;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Oscar Cedrangolo,
che ha chiesto l ‘annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata per prescrizione;
udito per il ricorrente l ‘avv. Marco Merlicco, che ha chiesto
l ‘accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 26/11/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza dell’Il novembre 2013, la Corte di appello di Bari ha
confermato la sentenza del 14 maggio 2010 del Tribunale di Foggia – sezione
distaccata di Lucera, che aveva dichiarato Dimallio Polito responsabile del delitto
di cui agli artt. 22, comma 10, e 24, comma 6, d.lgs. n. 26 del 1998, commesso
in Stornara il 5 luglio 2006 e contestatogli per avere occupato alle proprie

extracomunitari privi del permesso di soggiorno, di cui tredici di nazionalità
rumena e due di nazionalità polacca, e lo aveva condannato alla pena di mesi tre
di reclusione e di euro cinquemila di multa.

2. Secondo la Corte di appello, era provata in punto di fatto la penale
responsabilità dell’imputato, essendo emerso dalla deposizione del teste Mascolo
Michele, ex ispettore del lavoro di Foggia, che i lavoratori trovati all’interno della
sua azienda agricola erano privi del permesso di soggiorno ed erano intenti a
lavorare nei campi nella raccolta delle zucchine, mentre erano inconferenti
rispetto alla fattispecie di reato contestata le circostanze denunciate dalla difesa
e oggetto di specifico apprezzamento.
2.1. Sotto il profilo giuridico, l’elemento oggettivo del fatto di reato, che non
sussisteva rispetto ai cittadini polacchi, essendo la Polonia entrata nell’Unione
europea I’l gennaio 2004, e quindi prima della data del fatto in oggetto, era
integrato rispetto ai cittadini rumeni, poiché la legge di ratifica del Trattato di
adesione della Romania all’Unione europea, successiva alla violazione contestata,
non poteva considerarsi una norma integratrice del precetto penale o un
elemento esterno suscettibile di ridisegnare la fattispecie incriminatrice, avendo
solo determinato una variazione della rilevanza penale del fatto con decorrenza
dalla data della sua entrata in vigore, senza incidere sul perdurante disvalore
penale del fatto in precedenza commesso.
Sussisteva anche l’elemento soggettivo quantomeno

sub specie di dolo

eventuale, avendo l’imputato accettato consapevolmente il rischio della
irregolare presenza in Italia dei lavoratori stranieri, non svolgendo i necessari
minimi accertamenti, e quindi della loro illegale assunzione.
2.2. Né erano fondati i motivi di appello riguardanti il trattamento
sanzionatorio, non essendo stati indicati elementi che giustificassero la
concessione delle attenuanti generiche ed essendo l’entità della pena, irrogata in
termini mininnali, congrua rispetto alla gravità del fatto e alla personalità
delinquenziale dimostrata dall’imputato.

dipendenze per lavori agricoli a carattere stagionale quindici lavoratori

3. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione Dimallio Polito
con atto personale, chiedendone l’annullamento sulla base di due motivi.
3.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma
1, lett. b), cod. proc. pen., inosservanza e/o erronea applicazione della legge
penale in relazione agli artt. 1 e 2, comma 4, cod. pen.
Secondo il ricorrente, la Corte di appello è incorsa nel denunciato vizio non
considerando che, all’epoca dì commissione del reato (5 luglio 2006), l’art. 22,
comma 10, d.lgs. n. 286 del 1998 prevedeva la pena dell’arresto da tre mesi a

solo con la successiva legge n. 125 del 2008, che ha convertito con modificazioni
il d.l. n. 92 del 2008, il reato è stato contestato come delitto, prevedendosi al
comma 12, e non più al comma 10 dell’indicato articolo 22, la relativa pena della
reclusione e della multa.
Non poteva, pertanto, essere applicata a esso ricorrente una pena non
prevista per il fatto di reato, come contestato, all’epoca della sua commissione,
con conseguente prescrizione del reato.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 606,
comma 1, lett. b), cod. proc. pen., inosservanza e/o erronea applicazione della
legge penale in relazione all’art. 2, comma 2, cod. pen.
Secondo il ricorrente, il disvalore penale della previsione normativa di cui
all’art. 22 d.lgs. n. 286 del 1998 è concentrato esclusivamente sulla qualità di
extracomunitario del soggetto passivo del reato, cui consegue che il postumo
venir meno di tale status per effetto dell’ingresso della Romania nell’Unione
europea (avvenuto solo cinque mesi dopo la data del fatto), in quanto
direttamente incidente sul disvalore penale espresso dalla norma incriminatrice,
è da ritenere idoneo a integrare una fattispecie di abolitio criminis ex art. 2,
cOmma 2, cod. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo del ricorso, che attiene alla incorsa violazione dei principi
relativi alla successione nel tempo delle leggi penali, funzionale alla chiesta
declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, è fondato.

2. All’imputato è stato contestato, in relazione al fatto accertato il 5 luglio
2006, il reato previsto dagli artt. 22, comma 10, e 24, comma 6, d.lgs. 25 luglio
1998, n. 286, il secondo dei quali richiama il primo, con riguardo al trattamento
sanzionatorio, quando l’occupazione da parte del datore di lavoro alle proprie
dipendenze di lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno, ovvero il cui

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un anno e dell’ammenda di euro cinquemila per ogni lavoratore impiegato, e che

permesso sia scaduto, revocato o annullato, punito dal primo, attiene a lavori di
carattere stagionale.
La Corte di appello, confermando la decisione del Tribunale, che aveva
ritenuto integrato il reato ascritto e condannato l’imputato alla pena di mesi tre
(sei in parte motiva) di reclusione e di euro cinquemila di multa, ha apprezzato
l’applicabilità, che ha escluso, delle disposizioni di cui all’art. 2, commi 2 e 4,
cod. pen. in relazione alla sola sopravvenuta circostanza dell’ingresso, a far data
dall’i gennaio 2007, della Romania nella Unione europea, e ha ritenuto

2.1. Si rileva in diritto che l’art. 22, comma 10, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286,
richiamato dall’art. 24, comma 6, dello stesso decreto, prevedeva nella sua
stesura originaria, pubblicata nella G.U. n. 191 del 18 agosto 1998, che “il
datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del
permesso di soggiorno previsto dal presente articolo, ovvero il cui permesso sia
scaduto, revocato o annullato, è punito con l’arresto da tre mesi a un anno o con
l’ammenda da lire due milioni a lire sei milioni”.

Con l’art. 18 legge 30 luglio 2002, n. 189, pubblicata nella G.U. n. 199 del
26 agosto 2002, è stato sostituito l’intero testo dell’art. 22 d.lgs. n. 286 del
1998, prevedendosi al comma 12 che “il datore di lavoro che occupa alle proprie
dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno previsto dal
presente articolo, ovvero il cui permesso sia scaduto e del quale non sia stato
chiesto, nei termini di legge, rinnovo, revocato o annullato, è punito con l’arresto
da tre mesi a un anno o con l’ammenda di 5.000 euro per ogni lavoratore
impiegato”, e il successivo art. 20 della stessa legge ha sostituto l’art. 24 d.lgs.

n. 286 del 1998, disponendo al comma 6 che “il datore di lavoro che occupa alle
sue dipendenze, per lavori di carattere stagionale, uno o più stranieri privi del
permesso di soggiorno per lavoro stagionale, ovvero il cui permesso sia scaduto,
revocato o annullato, è punito ai sensi dell’art. 22, comma 12”.

L’art. 5, comma 1-ter, d.l. 23 maggio 2008, n. 92, pubblicato nella G.U. n.
147 del 27 giugno 2014, convertito, con modificazioni nella legge 24 luglio 2008,
n. 125, ha, infine, sostituito, nel predetto art. 22, comma 12, ferma restando la
previsione normativa di cui all’art. 24, comma 6, le parole “con l’arresto da tre
mesi ad un anno e con l’ammenda di 5000 euro per ogni lavoratore impiegato”

con le parole “con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa di 5000
euro per ogni lavoratore impiegato”,

2.2. Da tali richiami alla disciplina normativa, che ha preceduto la vigente
disciplina, di cui all’ultimo indicato decreto convertito, alla cui stregua
l’occupazione di stranieri irregolari è punita come delitto, emerge che, alla data
dell’accertamento del fatto per cui è processo (5 luglio 2006), l’allora vigente art.
22, comma 12 (e non 10, come contestato), d.lgs. n. 286 del 1998, richiamato
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sussistenti gli estremi del reato e adeguato il trattamento sanzionatorio.

dall’art. 24, comma 6, dello stesso decreto, prevedeva per la fattispecie
criminosa ascritta al ricorrente, e configurata -per l’effetto- come
contravvenzione, le pene dell’arresto e dell’ammenda nelle indicate misure.

3. Poste tali premesse, deve riaffermarsi il principio più volte affermato da
questa Corte (tra le altre, Sez. 1, n. 9882 del 30/11/2010, dep. 11/03/2011,
Meloni, Rv. 249867; Sez. 1, n. 478 del 17/12/2012, dep. 08/01/2013, Rossi e
altri, non massimata; Sez. 1, n. 21362 del 19/04/2013, dep. 20/05/2013, Di

fatto è ora punito, ai sensi dell’art. 42, comma 2, cod. pen., solo se commesso
con dolo, non essendo nulla di diverso espressamente preveduto dalla norma
incriminatrice- ha reso penalmente irrilevante la responsabilità colposa,
risolvendosi, sotto tale aspetto, in un’abolizione parziale della fattispecie
incriminatrice previgente.
È, pertanto, del tutto coerente con tale assetto normativo il consequenziale
rilievo che, ai sensi dell’art. 2, comma 2, cod. pen., secondo cui “nessuno può
essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce
reato”, anche le condotte pregresse di impiego di stranieri privi del permesso di
soggiorno valevole a fini lavorativi, possono essere tuttora punite solamente se
dolose.
E, a tale riguardo, la Corte di appello ha correttamente escluso che il reato,
accertato il 5 luglio 2006, sia stato commesso dal ricorrente a titolo di colpa,
avendo motivatamente ravvisato, con considerazioni non fatte oggetto di alcuna
critica, l’elemento soggettivo quantomeno sub specie del dolo eventuale.

4. La sentenza non resiste, invece, alle obiezioni difensive quanto alla
disposta conferma del trattamento sanzionatorio, cui è conseguita l’irrogazione di
una pena finale (reclusione e multa), non prevista per il fatto ascritto, in quanto
contravvenzionale, all’epoca della sua commissione.
4.1. L’art. 2, comma 4, cod. pen., nel riferirsi al regime di maggior favore
per il reo, in ipotesi di successione di leggi penali sostanziali nel tempo, avendo
riguardo, come dato di partenza, alla legge del tempo in cui è stato commesso il
reato, fissa, invero, un principio generale, che trova applicazione elettiva nel
caso di specie, poiché consente al ricorrente di fruire del più favorevole
trattamento complessivamente previgente, che si riflette sul regime
sanzionatorio (pena dell’arresto e dell’ammenda) e, pertanto, sul computo del
minore termine prescrizionale previsto per i reati contravvenzionali.
4.2. Tale termine, fissato in anni quattro per le contravvenzioni dall’art. 157,
comma 1, cod. pen., nel testo introdotto dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251,
antecedente alla data di accertamento del reato, e prolungato, in presenza di atti

Paola, non massimata), secondo cui l’intervento normativo del 2008 -poiché il

interruttivi, fino al massimo di anni cinque ai sensi del vigente art. 161, comma
2, cod. pen., è decorso, in difetto di apprezzabili cause di
sospensione, antecedentemente alla pronuncia, in data 11 novembre 2013, della
sentenza di secondo grado.
4.3. All’indicato rilievo in questa sede non osta il contenuto del ricorso,
posto che la rilevata fondatezza del suo primo motivo quanto al trattamento
sanzionatorio e alla reclamata prescrizione, ha consentito la corretta
instaurazione dinanzi a questa Corte del rapporto processuale d’impugnazione

mentre il secondo motivo è privo di fondatezza, in quanto ripropositivo della
questione attinente alla incidenza sul disvalore penale della condotta della
sopravvenuta adesione della Romania alla Unione europea, oggetto di corretta
ampia disamina nella sentenza alla luce di consolidati principi di diritto (tra le
altre, Sez. U, n. 2451 del 27/09/2007, dep. 16/01/2008, P.G. in proc. Magera,
Rv. 238197; Sez. 1, n. 10265 del 28/02/2008, dep. 06/03/2008, P.G. in proc.
Cristofan, Rv. 239567; Sez. 1, n. 23557 del 05/06/2008, dep. 11/06/2008, P.G.
in proc. Buzdugan, Rv. 240196).

5. La sentenza impugnata deve essere, pertanto, annullata senza rinvio per
essere il reato ascritto estinto per prescrizione.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per
prescrizione.
Così deciso in Roma, in data 26 novembre 2014

Il Consigliere estensore

Il Presidente

(Sez. U, n. 23428 del 22/03/2005, dep. 22/06/2005, Bracale, Rv. 231164),

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