Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44438 del 02/10/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 44438 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: GRILLO RENATO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Ubaldini Marco, nato a Roma il 30/10/1971

avverso la sentenza in data 27/04/2012 della Corte di appello di Roma

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alfredo Maria Lombardi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Nicola
Lettieri, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Roma ha confermato la
sentenza del Tribunale di Roma in data 02/02/2011, con la quale Ubaldini Marco
era stato dichiarato colpevole del reato di cui agli art. 81 cpv. c.p. e 2, comma 1
bis, della L. n. 638/1983, a lui ascritto perché, quale legale rappresentante della
ditta “OMNIA MULTIVENDORI SERVICES S.r.l.”, ometteva di versare all’INPS le
ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori
dipendenti per i periodi da gennaio a giugno e da settembre a novembre 2006, e
condannato alla pena di mesi quattro di reclusione ed C 70,00 di multa.

Data Udienza: 02/10/2013

La Corte territoriale ha rigettato i motivi di gravame con i quali l’appellante
aveva dedotto esservi carenza di prove in ordine all’effettivo pagamento delle
retribuzioni, nonché l’insussistenza dell’elemento soggettivo del reato, in
considerazione della grave situazione economica in cui versava l’azienda.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato, tramite il difensore,
che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.
2.1 Erronea applicazione della legge penale.

dipendenti è elemento costitutivo del reato, di cui era onere della pubblica
accusa fornire prova; onere che non è stato assolto. Sul punto non può essere
attribuito valore confessorio al cosiddetti modelli DM 10, essendo obbligatoria la
loro trasmissione all’INPS indipendentemente dall’effettivo pagamento delle
retribuzioni. Si deduce inoltre che era stata versata in atti documentazione
comprovante lo stato di insolvenza dell’azienda, poi dichiarata fallita, all’epoca
dei fatti. Da tale documentazione doveva desumersi anche l’assenza del dolo
generico dell’imputato.
2.2 Mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
Si denuncia carenza di motivazione della sentenza per avere rigettato i
motivi di gravame dell’appellante mediante il generico rinvio alla sentenza di
primo grado, peraltro sul solo punto afferente all’elemento psicologico del reato,
mentre nell’atto di appello si contestava anche l’esistenza di prove in ordine al
pagamento delle retribuzioni. Si aggiunge che erroneamente la sentenza
attribuisce all’imputato la richiesta di escutere, quali testi, i lavoratori dipendenti,
mentre tale richiesta era stata formulata solo dal P.M. nel giudizio di appello.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. Secondo il consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte, dal quale
non si ravvisano ragioni per discostarsi, la prova dell’effettiva corresponsione
delle retribuzioni nel processo per l’imputazione del delitto di omesso
versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, può essere tratta dai
modelli attestanti le retribuzioni corrisposte ai dipendenti e gli obblighi
contributivi verso l’istituto previdenziale (cosiddetti modelli DM 10), sempre che
non risultino elementi contrari (cfr. sez. 3, sentenza n. 46451 del 07/10/2009,
Carella, Rv. 245610; sez. 3, sentenza n. 26064 del 14/02/2007, Saggese, Rv.
237203; sez. 3, sentenza n. 14839 del 04/03/2010, Nardìello, Rv. 246966).
Orbene, emerge dalle sentenze di merito, le cui motivazioni si integrano per
l’uniformità della decisione, che l’avvenuto pagamento delle retribuzioni è stato

2

In sintesi, si deduce che il pagamento delle retribuzioni ai lavoratori

desunto, conformemente a quanto indicato dalla giurisprudenza citata, dall’invio
da parte dell’imputato dei modelli DM 10 all’INPS, attestanti il corrispondente
adempimento, tenuto conto della assenza di elementi dimostrativi di una diversa
situazione di fatto.
Su tale ultimo punto, peraltro, il giudice di primo grado, mediante l’analitico
esame della documentazione prodotta dalla difesa dell’imputato, ha accertato
che le asserite difficoltà economiche in cui si sarebbe trovata l’azienda sono
insorte successivamente al periodo cui si riferisce l’omesso versamento delle

numero dei dipendenti.
Il ricorrente inoltre non risulta avere neppure dedotto, e tanto meno
provato, nella sede di merito che le difficoltà economiche erano inerenti al
mancato pagamento delle retribuzioni o il successivo stato di insolvenza
determinato anche da tale fatto.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art.
606, ultimo comma, c.p.p. con le conseguenze di legge.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali, nonché della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso il 02/10/2013

ritenute, durante il quale anzi la società Omnia aveva anche aumentato il

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