Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44433 del 01/10/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 44433 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: LOMBARDI ALFREDO MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Scrivano Marco, nato a Gela il 05/11/1964

avverso la sentenza in data 14/06/2012 della Corte di appello di Caltanisetta

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alfredo Maria Lombardi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Aldo
Policastro, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. C. Fabrizio Ferrara, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Caltanisetta ha
confermato la sentenza del Tribunale di Gela in data 30/09/2009, con la quale
Scrivano Marco era stato dichiarato colpevole del reato di cui all’art. 5 del D. Lgs.
n. 74/2000 (secondo capo B dell’imputazione), a lui ascritto perché, nella qualità
di rappresentante legale della Sud Montaggi S.r.l., ometteva di presentare la

Data Udienza: 01/10/2013

dichiarazione dei redditi ed IVA per l’anno 2005 e di versare l’imposta sul valore
aggiunto per l’importo di C 87.000,00.
La Corte territoriale ha rigettato i motivi di gravame con i quali l’appellante
aveva dedotto di avere adempiuto all’obbligo di comunicazione dell’IVA alla
Amministrazione Finanziaria, sia pure limitatamente all’ammontare di quella a
debito; di essere comunque creditore per l’anno di imposta indicato della somma
di C 223.296,00 e chiesto la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale al fine di
esaminare il consulente contabile dell’impresa; chiesto, in subordine, la

Sul primo punto, in particolare, la sentenza ha affermato che la
comunicazione IVA, prevista dall’art. 8 bis del DPR n. 322/1998, finalizzata ad
adempiere agli obblighi comunitari di cui all’art. 22, paragrafo 4, della Direttiva
CEE n. 77/388 del 17/05/1977, non è sostitutiva della dichiarazione annuale ai
fini delle imposte sui redditi ed IVA. La sentenza ha altresì escluso l’esistenza di
prove del credito IVA per l’anno di imposta 2005, asserito dall’appellante, e la
necessità di disporre la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in appello. E’
stato, infine, escluso che l’imputato fosse meritevole di un trattamento
sanzionatorio più mite e del beneficio della sospensione condizionale della pena.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato, tramite il difensore,
che la denuncia per vizi di motivazione e violazione di legge.
2.1 Mancata assunzione di una prova decisiva e carenza di motivazione.
Si censura l’omessa riapertura dell’istruzione dibattimentale in appello, che
avrebbe consentito di provare l’esistenza di un credito IVA dell’imputato per
l’ammontare di C 365.587,00, portato in compensazione con il minor debito di C
87.000,00, con conseguente insussistenza di un danno erariale. La prova
richiesta era, pertanto, decisiva e la sentenza è carente di motivazione sul punto.
2.2 Violazione di legge.
L’imputato aveva provveduto a comunicare all’Amministrazione finanziaria
l’ammontare dell’IVA per operazioni attive, indicando a proprio danno un debito
di imposta pari ad C 163.252,00, superiore a quello effettivo. La sentenza ha
attribuito erroneamente al reato natura meramente formale, afferente all’omessa
presentazione della prescritta dichiarazione, mentre la fattispecie penale ha
natura sostanziale ed è integrata dall’esistenza di un comportamento omissivo,
che impedisca all’Ente impositore di accertare il debito fiscale; comportamento
omissivo che nel caso in esame doveva escludersi, avendo l’imputato comunicato
l’ammontare dell’IVA dovuta sia pure attraverso un atto concepito per fini
diversi. Peraltro, il presente procedimento è stato determinato proprio dalla
comunicazione IVA effettuata dal ricorrente.

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concessione delle attenuanti generiche e la riduzione della pena inflitta.

La fattispecie criminosa non è finalizzata a punire mere irregolarità formali,
ma la condotta diretta a sfuggire al fisco, con la conseguenza che il mancato
pagamento dell’imposta è elemento costitutivo del reato. Nel caso in esame non
vi è stato il mancato pagamento dell’IVA per l’ammontare accertato dai giudici di
merito, poiché dalla dichiarazione presentata tardivamente dall’imputato emerge
a favore dello stesso un credito IVA per l’ammontare di C 365.587,00, portato in
detrazione per l’anno 2004 nella misura di C 55.269,00 e per l’anno 2005 nella
misura di C 87.000,00 con un residuo credito a favore dello Scrivano di C

La Corte territoriale avrebbe dovuto individuare due elementi costitutivi del
reato: da un lato una condotta totalmente omissiva, con la possibilità di
ammettere equipollenti rispetto alla dichiarazione non presentata e, dall’altro, il
mancato pagamento del tributo.
2.3 Omessa motivazione.
La comunicazione formale da parte dell’imputato dell’IVA a debito costituiva
dimostrazione della assenza di volontà di sottrarsi all’accertamento dell’imposta
dovuta. Peraltro, lo Scrivano non aveva alcun interesse a sottrarsi
all’accertamento dell’IVA, in quanto non doveva pagare alcunché, essendo egli
creditore dell’imposta per un ammontare di gran lunga superiore a quanto
dovuto. Su tali punti, che dimostrano l’insussistenza del dolo specifico del fine di
evadere l’imposta, la sentenza è totalmente carente di motivazione.
2.4 Violazione di legge.
La motivazione in ordine al diniego delle attenuanti generiche e della
sospensione della pena non ha tenuto conto delle deduzioni dell’appellante in
punto di insussistenza del danno erariale, ma si fonda su altre considerazioni,
stravolgendo, in tal modo, i principi basilari del procedimento penale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso non è fondato.
2. La sentenza impugnata ha correttamente affermato in punto di diritto che
la comunicazione IVA, prevista dall’art. 8 bis del DPR n. 322/1998, introdotto
dall’art. 9 del DPR n. 435/2001, finalizzata ad adempiere agli obblighi comunitari
di cui all’art. 22, paragrafo 4, della Direttiva CEE n. 77/388 del 17/05/1977, non
è sostitutiva della dichiarazione annuale ai fini delle imposte sui redditi ed IVA.
Stabilisce, infatti, il primo comma della disposizione citata che:
“1. Fermi restando gli obblighi previsti dall’articolo 3 relativamente alla
dichiarazione unificata e dall’articolo 8 relativamente alla dichiarazione I.V.A.
annuale e ferma restando la rilevanza attribuita alle suddette dichiarazioni anche
ai fini sanzionatori, il contribuente presenta in via telematica, direttamente o

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223.296,00.

tramite gli incaricati di cui all’articolo 3, commi 2-bis e 3, entro il mese di
febbraio di ciascun anno, una comunicazione dei dati relativi all’imposta sul
valore aggiunto riferita all’anno solare precedente, redatta in conformità al
modello approvato con provvedimento amministrativo da pubblicare nella
Gazzetta Ufficiale. La comunicazione è presentata anche dai contribuenti che non
hanno effettuato operazioni imponibili.”
Sicché la non equipollenza della comunicazione IVA, da effettuarsi entro il
mese di febbraio di ciascun anno, con la dichiarazione annuale dell’imposta è

evidentemente quelli penali, comminati per l’omessa dichiarazione.
La comunicazione prevista dalla disposizione citata, infatti, è sostitutiva delle
dichiarazioni periodiche IVA infrannuali ed assolve allo scopo di fornire
all’amministrazione finanziaria i dati IVA sintetici, “che costituiscono una prima
base di calcolo per la determinazione delle “risorse proprie” che lo Stato deve
versare al bilancio comunitario.”
“La natura e gli effetti del nuovo adempimento, pertanto, non sono quelli
propri della “Dichiarazione IVA”, bensì quelli riferibili alla comunicazione di dati e
notizie. Attraverso la comunicazione il contribuente non procede, infatti, alla
definitiva autodeterminazione dell’imposta dovuta, che avverrà invece attraverso
il tradizionale strumento della dichiarazione annuale.” (cfr. circolare n. 6 del
25/01/2002 dell’Agenzia delle Entrate).
3. Nel resto tutte le argomentazioni del ricorrente per contestare
l’affermazione di colpevolezza si incentrano sull’assunto, esclusivamente fattuale,
dell’esistenza di un credito IVA per l’ammontare indicato in ricorso, che i giudici
di merito hanno escluso con motivazione adeguata, facendo riferimento alle
risultanze probatorie acquisite, costituite dalle deposizioni dei verbalizzanti che
hanno proceduto gli accertamenti fiscali e dalle fatture acquisite agli atti, oltre
alla documentazione prodotta nel giudizio di primo grado dalla stessa difesa
dell’imputato.
Peraltro, gli accertamenti hanno riguardato anche gli anni precedenti e
successivd a quello di cui all’affermazione di colpevolezza, nei quali egualmente
non vi è stata la presentazione della dichiarazione dei redditi ed IVA, sicché
l’imputato non ha fornito alcuna prova nella sede di merito del presunto credito
di imposta.
Né sul punto è fondata la doglianza in ordine alla mancata riapertura della
istruzione dibattimentale in appello, trattandosi della richiesta, peraltro in via
subordinata, di una prova nuova, sicché correttamente i giudici di merito non la
hanno disposta ai sensi dell’art. 603, comma 1, c.p.p., avendo tutti gli elementi,
tra cui come precisato la documentazione contabile prodotta dall’imputato, per
decidere allo stato degli atti.
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espressamente stabilita dalla norma, che fa salvi gli effetti sanzionatori, tra cui

Correttamente inoltre è stato ritenuto sussistente l’elemento psicologico del
reato insito nella omessa dichiarazione finalizzata all’evasione del pagamento
dell’imposta.
Sul punto del resto la contestazione del ricorrente è sempre esclusivamente
fondata sulla deduzione fattuale della esistenza di un suo credito di imposta nei
confronti dell’erario, che è stato escluso dai giudici di merito.
4. Infine, anche il diniego delle attenuanti generiche e del beneficio della
sospensione della pena ha formato oggetto di adeguata motivazione mediante i

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato con le conseguenze di legge.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente ai pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 01/10/2013

rilievi afferenti alla gravità del fatto ed ai precedenti dell’imputato.

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