Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44431 del 01/10/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 44431 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: LOMBARDI ALFREDO MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
D’Oronzo Rosario, nato a Taranto il 09/08/1950

avverso la sentenza in data 08/05/2012 della Corte di appello di Lecce, sezione
distaccata di Taranto

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alfredo Maria Lombardi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Aldo
Policastro, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Lecce, sezione distaccata
di Taranto, ha confermato la sentenza del Tribunale di Taranto in data
28/03/2011 limitatamente alla affermazione di colpevolezza di D’Oronzo Rosario
in ordine al reato di cui all’art. 256, comma 1 lett. a), del D. Lgs n. 256/2006, a
lui ascritto per avere effettuato attività di gestione di rifiuti non pericolosi,
costituiti da terre e rocce da scavo, materiali di risulta, inerti, materiale vario di
tipo ferroso, senza la prescritta autorizzazione (capo a), ed al reato di cui all’art.

Data Udienza: 01/10/2013

137, commi 1 e 9, in relazione all’art. 113, comma 3, del medesimo decreto
legislativo per avere omesso di chiedere all’Ente Provincia l’apposita
autorizzazione prescritta dall’art. 4 del decreto del Commissario Delegato per la
Emergenza Ambientale della Regione Puglia n. 282 del 21/11/2003 per lo scarico
delle acque meteoriche di prima pioggia e di dilavamento di superfici superiori a
2.000 mq., facendo confluire tali acque verso il canale di bonifica della Salina
Grande (capo b).
Con riferimento all’imputazione di cui al capo a) il giudice di primo grado

e gestione di una discarica abusiva. La Corte territoriale ha escluso che l’area
gestita dall’imputato configurasse una discarica, dovendo qualificarsi invece
come sito di stoccaggio di rifiuti in attesa di recupero. La sentenza ha, però,
rigettato i motivi di gravame con i quali l’appellante aveva dedotto che il
materiale rinvenuto nell’area non costituiva rifiuto e che non vi era prova dello
scarico delle acque di prima pioggia o di dilavamento nel canale di bonifica.
Per l’effetto la sentenza ha rideterminato la pena inflitta all’imputato in
quella di mesi cinque di arresto.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato, tramite il difensore,
che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione con tre mezzi di
annullamento
2.1 Inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 256, comma 1, del D. Lgs
n. 152/2006.
In sintesi, si deduce che il materiale rinvenuto nell’area non costituiva
rifiuto, bensì materia prima che l’imputato si procurava da terzi fornitori per
l’impiego nella realizzazione di sottofondi stradali, piazzali industriali , etc., come
provato tramite la produzione delle fatture di acquisto dei predetti materiali.
Sul punto si denunciano vizi di motivazione della sentenza per avere escluso
che il materiale rinvenuto in sede di sopralluogo fosse lo stesso indicato nella
fatture, benché la stessa Corte abbia affermato che le fotografie dei materiali
“non sono chiarissime”, essendo state scattate da una certa distanza, sicché non
era possibile distinguere la loro composizione. Né, peraltro, era stata espletata
una consulenza tecnica o una perizia per verificare l’esatta composizione del
materiale rinvenuto nell’area sequestrata. Si deduce anche che le fatture
prodotte dovevano considerarsi solo indicative del fatto che il materiale
rinvenuto era stato acquistato dall’imputato.
2.2 Mancanza di motivazione in relazione al reato di cui all’art. 137, commi
1 e 9, in relazione all’art. 113 del D. Lgs n. 152/2006.

2

aveva affermato la colpevolezza del D’Oronzo anche per il reato di realizzazione

La motivazione della sentenza in ordine all’affermazione di colpevolezza per
detto reato si riduce ad una mera riproduzione linguistica di quanto contestato
nel relativo capo di imputazione.
2.3 Erronea applicazione degli art. 62 bis e 133 c.p..
Anche con riferimento al diniego delle generiche ed al trattamento
sanzionatorio si denuncia carenza di motivazione della sentenza, in quanto mera
riproduzione del dato normativo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato, trattandosi della mera riproduzione
di censure fattuali già esaminate dalla sentenza di appello.
2. E’ noto che anche a seguito della modifica dell’art. 606 lett. e) cod. proc.
pen. per effetto della legge n. 46 del 2006, al giudice di legittimità restano
precluse la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento
della decisione o l’autonoma adozione di diversi parametri di ricostruzione dei
fatti e il riferimento, contenuto nel nuovo testo dalla norma citata, agli “altri atti
del processo specificamente indicati nei motivi di gravame” non vale a mutare la
natura del giudizio di legittimità, il cui controllo rimane limitato alla struttura del
discorso giustificativo del provvedimento impugnato e non può comportare una
diversa lettura del materiale probatorio, anche se plausibile. (sez. V, 22.3.2006
n. 19855, Blandino, RV 234095; sez. III, 27.9.2006 n. 37006, Piras, RV 235508;
sez. VI, 3.10.2006 n. 36546, Bruzzese, RV 235510)
3. Orbene, con il primo motivo di ricorso, sotto l’apparente denuncia di un
vizio di motivazione della sentenza, il ricorrente chiede sostanzialmente una
diversa lettura delle risultanze probatorie, inammissibile in sede di legittimità.
Peraltro, la sentenza impugnata risulta adeguatamente motivata ed immune
da vizi logici sui punti oggetto di contestazione in fatto.
In particolare, la sentenza ha evidenziato che tra i materiali rinvenuti
nell’area, separati in cumuli diversi a seconda della loro composizione, vi erano
rottami ferrosi, serbatoi in pvc, rifiuti in legno e lamiera, bidoni in latta
certamente riconducibili alla categoria dei rifiuti. Anche con riferimento al
restante materiale la sentenza ha correttamente attribuito ad esso la qualifica di
rifiuto, rilevando che lo stesso non veniva impiegato tal quale nell’attività edilizia
della ditta del D’Oronzo, previa una mera operazione di cernita, ma veniva
sottoposto ad operazioni di ulteriore trattamento tramite il frantumatore
rinvenuto sul posto.

3

Si deduce, infine, la prescrizione del reato alla data del 12/10/2012.

Quanto alle deduzioni relative alle fatture prodotte dall’imputato, le stesse
sono state analiticamente esaminate dalla sentenza, che ha escluso la
riconducibilità dei materiali rinvenuti agli acquisti attestati dalle stesse con
motivazione esaustiva ed immune da vizi logici, che si riferisce alla risalenza nel
tempo delle fatture rispetto alla data dell’accertamento, alla natura dei materiali,
che non è stata desunta solo dalle fotografie, ma anche dalle annotazioni dei
verbalizzanti sulle stesse, al dato quantitativo non rispondente tra fatture e
materiale rinvenuto.
Anche il motivo di ricorso afferente al reato di cui al capo b)

dell’imputazione è manifestamente infondato.
Si palesa, infatti, evidente che, essendo legata la necessità della richiesta di
autorizzazione alle dimensioni dell’area soggetta alle acque da dilavamento,
superiore a 2.000 mq., l’accertamento del fatto è in re ipsa nella individuazione
dell’area dell’azienda, che risulta di circa 25.000 mq..
Né l’imputato ha dedotto o provato, nella sede di merito, l’esistenza di
sistemi di raccolta delle acque meteoriche.
5. Sul punto del diniego delle generiche e del trattamento sanzionatorio,
infine, la sentenza è esaustivamente motivata mediante il riferimento ai
precedenti dell’imputato, tra i quali uno specifico.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art.
606, ultimo comma, c.p.p., con le conseguenze di legge, tra cui la preclusione
per questa Corte della possibilità di rilevare l’esistenza di cause di non punibilità
sopravvenute ex art 129 c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali, nonché della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso il 01/10/2013

4.

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