Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44427 del 01/10/2013
Penale Sent. Sez. 3 Num. 44427 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GENTILE MARIO
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
D’Addato Paolo, nato il 28/07/1970
avverso la sentenza del 26/04/2012 del Tribunale di Foggia, sezione distaccata di
Trinitapoli
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Mario Gentile;
Udito il Procuratore Generale, in persona del dott. Aldo Policastro che ha
concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
Udito il difensore avv. //
Data Udienza: 01/10/2013
RITENUTO IN FATTO
1.11 Tribunale di Foggia, sezione distaccata di Trinitapoli, con sentenza
emessa il 26/04/2012, dichiarava Raffaella Di Lollo, Graziano Todisco e Paolo
D’Addato colpevoli del reato di cui all’art. 44 lett. a) d.P.R. 380/2001 (così
qualificato quello originario contestato in imputazione) e li condannava alla pena
di C 6.000,00 di ammenda ciascuno; pena sospesa per tutti gli imputatirtgt Di
2. Paolo D’Addato proponeva ricorso per Cassazione, deducendo violazione di
legge e vizio di motivazione, ex art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen.
2.1. In particolare il ricorrente esponeva:
a)che non ricorrevano gli elementi costitutivi del reato contestato poiché il
manufatto era conforme al progetto assentito ed autorizzato;
b)che comunque gli eventuali interventi innovativi potevano essere realizzati
senza alcun titolo abilitativo ai sensi dell’art. 6 bis d.P.R. 380/2001 introdotto
dalla L. 134/2012.
Tanto dedotto, il ricorrente chiedeva l’annullamento della sentenza
impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è manifestamente infondato
1.1. Il Tribunale di Foggia/Trinitapoli, mediante un esame analitico,
esaustivo e privo di errori di diritto delle risultanze processuali acquisite al
procedimento, ha accertato che Paolo D’Addato, quale direttore dei lavori (in
concorso con Raffaella Di Lollo e Graziano Todisco) – nelle condizioni di tempo e
di luogo come individuate in atti – aveva realizzato in località San Ferdinando di
Puglia, contrada Brancalanza F. 14 particella 46, un manufatto difforme da quello
assentito, avente una maggiore volumetria ed una sagoma diversa rispetto
all’immobile preesistente, da demolire e da ricostruire. Trattavasi di variazione
essenziale del permesso di costruire, di cui all’art. 32 d.P.R. 380/2001 (vedi
sentenza impugnata pagg. 1 – 5)
Ricorrevano, pertanto, nella fattispecie gli elementi costitutivi del reato di
cui all’art. 44 lett. a) d.P.R. 380/2001, non essendo la zona sottoposta a vincolo
paesaggistico [sez. III sent. n. 8316 del 03/03/2005; sez. III sent. n. 21781 del
31/05/2011].
2
Lollo, tuttavia, subordinatamente al ripristino dello stato dei luoghi.
2. Le censure dedotte nel ricorso sono infondate perché in contrasto con
quanto accertato e congruamente motivato dei giudici del merito (vedi in
particolare sentenza impugnata pagg. 4 – 5).
Dette doglianze – ivi compresa quella attinente all’applicazione della norma
di cui all’art. 6 bis d.P.R. 380/2001 – costituiscono nella sostanza eccezioni in
punto di fatto, poiché non inerenti ad errori di diritto o vizi logici della decisione
impugnata, ma alle valutazioni operate dai giudici di merito. Si chiede, in realtà,
al giudice di legittimità una rilettura degli atti probatori, per pervenire ad una
ricorrente. Trattasi di censura non consentita in sede di legittimità perché in
violazione della disciplina di cui all’art. 606 cod. proc. pen. [Giurisprudenza
consolidata: Sez. U, n. 6402 del 02/07/1997, rv 207944; Sez. U, n. 930 del
29/01/1996, rv 203428; Sez. I, n. 5285 del 06/05/1998, rv 210543; Sez. V, n.
1004 del 31/01/2000, rv 215745; Sez. V, n. 13648 del 14/04/2006, rv 233381].
3. La manifesta infondatezza del ricorso preclude la possibilità di rilevare e
dichiarare la prescrizione del reato maturato in data 14/02/2013, epoca
successiva alla sentenza impugnata emessa il 26/04/2012 [sez. U. n. 32 del
21/12/2000; sez. U. n. 23428 del 02/06/2005].
3.Va dichiarato, pertanto, inammissibile il ricorso proposto
da Paolo
D’Addato con condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali e della
sanzione pecuniaria che si determina in C 1.000,00.
P.Q.M.
La Corte
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende
Così deciso il 01 Ottobre 2013.
diversa interpretazione degli stessi, più favorevole alla tesi difensiva del