Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44422 del 26/09/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 44422 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
REGIS Milano Roberto, nato a Milano il 18/7/1964
avverso la sentenza del 21/12/2011 del Tribunale di Genova, che ha condannato
l’imputato alla pena di 7.000,00 euro di ammenda perché colpevole dei reati
previsti dagli artt.517 e 544, comma 3, cod. pen., commessi il 21/6/2008;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Sante
Spinaci, che ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 21/12/2011 il Tribunale di Genova ha condannato
l’imputato alla pena di 7.000,00 euro di ammenda perché colpevole dei reati
previsti dagli artt.517 e 544, comma 3, cod. pen., commessi il 21/6/2008
mediante l’esplosioni di alcuni colpi di arma ad aria complessi nei confronti di
gatti stazionanti nel giardino di una vicina, condotta da cui è derivata la morte di
un animale.
2.

Avverso tale decisione l’avv. Andrea Vernazza propone ricorso

nell’interesse del sig. Regis Milano, in sintesi lamentando:

Data Udienza: 26/09/2013

a.

Errata applicazione di legge ai sensi dell’art.606, lett.b) cod.proc.pen. con
riferimento agli artt.521 e 522 co
2. proc. pen. con riferimento sia alla
)

contestazione iniziale sia alla mo/a di contestazione in corso di giudizio, in
quanto i fatti accertati dal Tribunale si riferiscono ad epoca diversa da quella
contestata e sono stati valutati sulla base di testimonianze riferite ad epoche
diverse e ad episodi non specificamente contestati in un arco di tempo da
febbraio a giugno 2008;
b.

Vizio motivazionale ai sensi dell’art.606, lett.e) cod.proc.pen.

per essere

esclusivamente da asserite condotte anteriori non in relazione coi fatti
contestati;
c.

Errata applicazione di legge ai sensi dell’art.606, lett.b) cod.proc.pen. per
avere il Tribunale ignorato che l’art.544-ter cod. pen. punisce le condotte di
maltrattamento solo se poste in essere “per crudeltà o senza necessità”;

d.

Vizio motivazionale ai sensi dell’art.606, lett.e) cod.proc.pen.

per essere

stata contestata e ritenuta una circostanza aggravante che si collega a
pluralità di episodi non contestata ai sensi dell’art.81 cod. proc. civ. cod.
pen.;
e.

Vizio motivazionale ai sensi dell’art.606, lett.e) cod.proc.pen. con riguardo al
diniego delle circostanze attenuanti generiche
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il contenuto dei motivi di ricorso impone alla Corte di ricordare in via

preliminare che il giudizio di legittimità rappresenta lo strumento di controllo
della corretta applicazione della legge sostanziale e processuale e non può
costituire un terzo grado volto alla ricostruzione dei fatti oggetto di
contestazione. Si tratta di principio affermato in modo condivisibile dalla
sentenza delle Sezioni Unite Penali, n.2120, del 23 novembre 1995-23 febbraio
1996, Fachini (rv 203767) e quindi dalla decisione con cui le Sezioni Unite hanno
definito i concetti di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione
(n.47289 del 2003, Petrella, rv 226074).
Una dimostrazione della sostanziale differenza esistente tra i due giudizi può
essere ricavata, tra l’altro, dalla motivazione della sentenza n.26 del 2007 della
Corte costituzionale, che (punto 6.1), argomentando in ordine alla modifica
introdotta dalla legge n.46 del 2006 al potere di impugnazione del pubblico
ministero, afferma che la esclusione della possibilità di ricorso in sede di appello
costituisce una limitazione effettiva degli spazi di controllo sulle decisioni
giudiziali in quanto il giudizio avanti la Corte di cassazione è “rimedio (che) non

2

stata dedotta la responsabilità dell’imputato per i fatti in contestazione

attinge comunque alla pienezza del riesame di merito, consentito (invece)
dall’appello”.
Se, dunque, il controllo demandato alla Corte di cassazione non ha “la
pienezza del riesame di merito” che è propria del controllo operato dalle corti di
appello, ben si comprende come il nuovo testo dell’art.606, lett. e) c.p.p. non
autorizzi affatto il ricorrente a fondare la richiesta di annullamento della sentenza
di merito chiedendo al giudice di legittimità di ripercorrere l’intera ricostruzione
della vicenda oggetto di giudizio.

apportata dall’art.8, comma primo, lett.b) della legge 20 febbraio 2006, n.46,
l’impostazione qui ricordata è stata ribadita da plurime decisioni di legittimità, a
partire dalle sentenze della Seconda Sezione Penale, n.23419 del 23 maggio-14
giugno 2007, P.G. in proc.Vignaroli (rv 236893) e della Prima Sezione Penale, n.
24667 del 15-21 giugno 2007, Musumeci (rv 237207). Appare, dunque, del tutto
convincente la costante affermazione giurisprudenziale secondo cui è “preclusa al
giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e
valutazione dei fatti” (fra tutte: Sez.6, n.22256 del 26 aprile-23 giugno 2006,
Bosco, rv 234148).
Ciò non significa, ovviamente, che la presenza di manifesta illogicità della
motivazione, rilevante ai sensi della citata dell’e) dell’art.606 c.p.p., non debba
essere riconosciuta allorquando a fronte di plurime ipotesi ricostruttive dei fatti i
giudici di merito non abbiano dato conto in modo coerente e corretto sul piano
logico delle ragioni per cui l’ipotesi accolta abbia forza sufficiente da escludere la
solidità delle ipotesi alternative sottoposte al loro giudizio.
2. L’applicazione di tali principi al caso in esame impone di concludere per la
palese infondatezza dei motivi di ricorso. A fronte della chiara e non
manifestamente illogica motivazione resa dai giudici di merito in ordine a tutti gli
elementi essenziali della fattispecie, il ricorrente sollecita questa Corte a un
nuovo esame del materiale probatorio.
3.

Ora, la Corte ritiene che, contrariamente all’assunto del ricorrente, il

Tribunale non abbia fatto cattivo uso dei criteri valutativi fissati dall’art.192 cod.
proc. pen. La ricostruzione certa di condotte anteriori (ultimo capoverso di
pagina 3 della motivazione) e la smentita data alla tesi difensiva dell’imputato
circa l’uso della carabina esclusivamente per effettuare tiri verso un bersaglio
posto nel proprio giardino (terzo capoverso di pagina 4) costituiscono premesse
logiche della ricostruzione del nesso di casualità (quinto e settimo capoverso di
pagina 4). Il percorso argomentativo così sintetizzato non si presta a letture

3

Ancora successivamente alla modifica della lett.e) dell’art.606 c.p.p.

critiche né sul piano dell’esame dei singoli elementi di prova né sul piano
dell’argomentazione logica, certamente immune da palese illogicità.
4.

Quanto alle censure mosse alla motivazione in ordine alla ritenuta

circostanza aggravante, la Corte ne ravvisa la manifesta infondatezza. Non solo il
Tribunale ha esplicitato la valutazione di non necessità della condotta, anche
volendosi porre nell’ottica di una reazione dell’imputato a situazione di fastidio,
ma ha complessivamente ricostruito il fatto nella prospettiva di una ripetizione di
condotte aggressive che hanno in ultimo condotto alla morte di un animale. La

discende dalla impossibilità di fissare le date delle condotte anteriori e non
impedisce che tale elemento venga accertato e ricostruito al fine di collocare nel
giusto contesto l’episodio del 21/6/2008, escluderne la occasionalità e valutare
l’elemento soggettivo addebitato all’imputato. Del resto, il capo di imputazione
non lascia dubbi nella sua formulazione circa la pluralità di condotte di reato e
circa il fatto che i 1/6/2008 costituisca la data di “accertamento” del reato così
come contestato. ‘Nessuna violazione, infine, del rapporto fra contestazione e
decisione neppure sotto il profilo del trattamento sanzionatorio, posto che il
giudicante non ha applicato alcun aumento di pena ai sensi dell’art.81 cod. pen.
5. In ultimo, il ricorrente lamenta vizio motivazionale con riguardo alla
mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Anche tale censura
è manifestamente infondata. A fronte della pluralità delle condotte e dell’uso di
arma, circostanze valutate negativamente, il giudicante ha ritenuto di applicare
la sola pena pecuniaria in relazione al fatto che un solo animale risulta vittima
del reato, così effettuando un complessivo bilanciamento degli elementi ritenuti
rilevanti. Non ritenendo di scendere sotto la pena minima edittale, e, anzi,
valutando opportuno infliggere una pena di poso superiore in relazione alle
modalità della condotta sopra ricordate, il giudicante ha offerto una motivazione
che escluda l’esistenza i ragioni per l’applicazione dell’art.62-bis cod. pen.
6. Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere
dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi
dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13
giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso
sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via
equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

4

circostanza che la pluralità di episodi non sia contestata in modo specifico

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00
alla Cassa delle ammende.

Così deciso il 26/9/2013

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