Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44417 del 22/10/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 44417 Anno 2015
Presidente: CARCANO DOMENICO
Relatore: COSTANZO ANGELO

Data Udienza: 22/10/2015

punibilità a ogni fattispecie di reato consumato.
Aggiunge che la Corte d’appello ha escluso la particolare tenuità del fatto
pur confermando la sentenza di primo grado che ha determinato la misura della
pena nel minimo edittale.

2

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso risulta manifestamente infondato in tutte le sue articolazioni.
1. 1. La condizione di particolare tenuità del fatto era già utilizzata dal
codice penale (vedanosi, per esempio, gli articoli 311 cod.pen. e 648, comma 2,
cod.pen) quale presupposto per la diminuzione della pena. Con la recente
introduzione dell’art.131-bis cod.pen., tramite l’art.1, comma 2, del d.lgs n.28 (

alla attuazione dei principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità non I
estranei al nostro ordinamento giuridico, ma oggi del tutto esplicitamente
promananti dal diritto comunitario. In questo ambito è evidente che nozione di
particolare tenuità del fatto non si identifica con quella della inoffensività del
fatto.
1.2.

La Corte d’appello, dopo una articolata disamina (pagg.2-3 della

sentenza) del senso e della portata della causa di non punibilità in oggetto, ne ha
escluso l’applicazione al caso al suo esame sulla scorta dei criteri dettati
dall’art.131-bis cod.pen., che collega la

“particolare tenuità del fatto” alle

“modalità della condotta” e alla “esiguità del danno o del pericolo” “valutate ai
sensi dell’articolo 133, primo comma, cod.pen.”

(nonché all’assenza della

condizioni ostative indicate nella disposizione e non rilevanti per il caso in
esame).
In particolare, la Corte ha specificamente connesso le sue considerazioni
sopra richiamate sub 1.a.b.c.d. al criterio dettato dall’art.133.1 n.3 c.p (intensità
del dolo) desumendo dal protrarsi cronologico e operativo dell’azione un
elemento psicologico caratterizzato da “intensità del dolo assai elevata”. In
questo quadro, anche l’argomento sopra richiamato sub 1.d. risulta connesso ai
parametri di valutazione indicati dall’art.131-bis cod.pen., essendo ricollegabile
oltre che all’intensità del dolo (“l’imputato ha comunque raggiunto il proprio
obbiettivo”), alla gravità del danno (“precluso l’assolvimento del compito agli
operanti, i quali non hanno potuto portare a compimento il controllo del ,
detenuto”) ex art.133, comma 1 n.2, cod.pen., condizione che presuppone la
concreta offensività della condotta e che va oltre la mera integrazione della
condotta delineata dalla fattispecie normativa incriminatrice.
1.3.

Per quel che riguarda l’ultimo degli argomenti sviluppati dal

ricorrente, deve osservarsi che non vi è incompatibilità fra la determinazione
della pena nel minimo edittale e la esclusione della

particolare tenuità del fatto

perché si tratta di operazioni interpretative rette da rationes differenti.
3

del 16/03/2015, il legislatore ha previsto un meccanismo valutativo strumentale

La particolare tenuità del fatto non ha natura di causa di giustificazione (il
fatto particolarmente tenue è ancora offensivo sicché permane l’antigiuridicità
della condotta), ma costituisce mera condizione di non punibilità che esclude
l’irrogazione della pena (perché l’applicazione di un criterio di proporzionalità che è connesso al principio di uguaglianza – condurrebbe la determinazione della
pena sotto il limite del minimo edittale, limite peraltro nel caso in esame non
raggiunto nella determinazione della pena poiché l’avvenuto riconoscimento delle
attenuanti generiche non esaurisce il novero delle circostanze attenuanti

2. Dalla inammissibilità del ricorso per sua manifesta infondatezza (art.606,
comma 3 c.p.p.) deriva (art.616 c.p.p.) la condanna alle spese in dispositivo.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1000 in favore della cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2015.

astrattamente riconoscibili ex art.62 cod.pen.).

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