Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44395 del 17/07/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 44395 Anno 2013
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FRATTARI LUCIA GIUSEPPINA N. IL 06/05/1940
nei confronti di:
SALZILLO ANGELO N. IL 22/07/1956
GRIGORAS MIRELA LILIANA N. IL 31/05/1977
avverso la sentenza n. 1004/2012 TRIBUNALE di ROMA, del
06/02/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 17/07/2013

Letta la requisitoria scritta del sostituto procuratore generale, dr. Elisabetta
Cesqui, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso avverso la
sentenza 2254/12 del Tribunale di Roma e l’accoglimento del ricorso, con
riferimento al decreto di archiviazione del 15 maggio 2010, con trasmissione
degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma.

1. Con sentenza del 6 febbraio 2012 il Tribunale di Roma dichiarava non doversi
procedere nei confronti di Salzillo Angelo e Grigoras Mirela Liliana in ordine al
reato loro ascritto di lesioni personali, perché l’azione penale non poteva essere
iniziata in difetto di decreto ex art. 414 cod. proc. pen.; la decisione era adottata
poiché i fatti oggetto del processo coincidevano con quelli oggetto di altro
procedimento, definito con decreto di archiviazione in data 15 maggio 2010
(proc. n. 45845/2009 R.G.N.R.) e si fondava sulla constatazione che il pubblico
ministero aveva esercitato l’azione penale senza previa richiesta di
autorizzazione alla riapertura delle indagini.
2. Propone ricorso per cassazione contro la sentenza e contro il decreto di
archiviazione il difensore della persona offesa, Frattari Lucia, affidandolo a tre
motivi.
2.1 Con i primi due motivi, attinenti al decreto di archiviazione, il ricorrente
deduce violazione dell’articolo 606, comma 1, lettera C, in riferimento all’articolo
408, comma 2, cod. proc. pen., poiché il decreto è stato adottato senza
procedere ad informare personalmente la persona offesa della richiesta, pur in
presenza di esplicita istanza in tal senso, in violazione dell’articolo 126 disp. att.
cod. proc. pen. e 178 cod. proc. pen.; il ricorrente deduce altresì tardività della
querela proposta dagli imputati (in relazione ad un accusa di minacce ed
ingiurie) in data 15 settembre 2009, oltre il termine previsto dalla legge in modo
perentorio.
2.2 Con il terzo motivo, riguardante la sentenza di proscioglimento, il ricorrente
deduce violazione dell’articolo 606, comma 1, lettera C, in riferimento agli articoli
154, 157, 161 e 163 cod. proc. pen., per omesso avviso al difensore ed alla
persona offesa, domiciliata presso il difensore, dell’udienza di celebrazione del
processo. A giudizio del ricorrente, poi, la sentenza deve ritenersi atto abnorme,
perché il giudice si sarebbe dovuto limitare a restituire gli atti al pubblico
ministero, invitandolo a richiedere l’archiviazione del procedimento oppure la
riapertura delle indagini nell’altro procedimento. Inoltre il decreto di
archiviazione, quale provvedimento adottato allo stato degli atti, non poteva
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RITENUTO IN FATTO

impedire la prosecuzione del procedimento, ma poteva essere solo acquisito
quale prova documentale, da valutare all’esito dell’istruttoria.
3. Con memoria del 17 luglio 2013 il difensore di fiducia degli imputati Salzillo e
Grigoras si associa alla richiesta del P.G. con riferimento alla inammissibilità del
ricorso, in relazione alla sentenza di improcedibilità; con riferimento agli altri
motivi chiede dichiararsi l’inammissibilità per tardività, avendo la parte civile, per
sua stessa ammissione, preso cognizione del decreto di archiviazione fin dal 31

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.

Preliminarmente va dichiarata la tardività della memoria difensiva del

difensore degli imputati Salzillo e Grigoras, depositata in cancelleria il giorno
dell’udienza e dunque senza il rispetto del termine per il deposito di memorie
difensive, previsto dall’art. 611 cod. proc. pen., e la cui inosservanza esime la
Corte di cassazione dall’obbligo di prenderle in esame (Sez. 1, n. 17308 del
11/03/2004, Madonia, Rv. 228646).
2. Passando all’esame del ricorso, lo stesso va dichiarato inammissibile.
3.

Con riferimento al decreto di archiviazione del 15 maggio 2010,

l’impugnazione deve ritenersi tardiva.
3.1 All’udienza del 31 gennaio 2012, in presenza della parte civile Frattari Lucia,
il difensore di Salzillo Angelo depositava l’intero fascicolo 45845/2009 R.G.N.R.,
comprensivo del decreto di archiviazione in questione, che veniva pertanto
direttamente conosciuto dall’attuale ricorrente. Ciò significa che il ricorso in
Cassazione, pur in mancanza di notifica dell’atto alla parte, andava presentato
entro il 15 febbraio 2012 e che lo stesso è stato presentato con cinque giorni di
ritardo (il 20 febbraio 2012).
3.2 Ritiene il Collegio – in adesione all’orientamento da tempo espresso anche da
questa stessa sezione della Corte – che il diritto della persona offesa a ricorrere
avverso il decreto di archiviazione emesso de plano, senza che gli sia stata data
la possibilità di proporre opposizione, in mancanza di avviso, alla richiesta di
archiviazione, non può essere esercitato senza limiti di tempo, essendo principio
generale quello per cui, a parte i rimedi straordinari previsti dal nostro
ordinamento, le decisioni giurisdizionali, pur se emesse nell’ambito di procedure
in cui si siano verificate nullità assolute, divengono irrevocabili ove non sia stata
presentata dall’interessato tempestiva impugnazione. Nella presente fattispecie,
ai fini della individuazione del dies a quo per proporre ricorso, non valgono
certamente le previsioni di cui all’art. 585 c.p.p., comma 2, che implicano

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gennaio 2012, per cui da quella data decorreva il termine per impugnare.

formalità idonee a produrre la conoscenza legale dei provvedimenti non
applicabili al caso del decreto di archiviazione, che è invece un provvedimento
che non va comunicato nè all’indagato nè ad altri soggetti. In mancanza di
previsioni di conoscenza legale, ai fini della decorrenza del termine per
impugnare vale tuttavia il momento in cui il soggetto cui spetta il diritto di
impugnare acquisisce la conoscenza effettiva del provvedimento, come del resto
indicato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 353 del 1991, che attribuisce

3.3 Nel caso di specie, proprio in seno al ricorso, la difesa ha esplicitamente dato
atto di aver avuto conoscenza del decreto impugnato in data 31 gennaio 2012 e
la circostanza è confermata dal verbale di udienza; da tale data, pertanto,
decorreva il termine di impugnazione che va individuato in quello di quindici
giorni, previsto formalmente dall’art. 585 c.p.p., comma 1, lett. a), norma da
ritenersi riferibile, in assenza di contraria previsione, indistintamente, a tutti i
provvedimenti camerali (Sez. 3, n. 11543 del 27/11/2012, Ferrari, Rv. 254743).
4.

Con riferimento all’impugnazione della sentenza di improcedibilità, può

condividersi la conclusione del Procuratore Generale, che osserva come la
sentenza di improcedibilità sia stata emessa legittimamente, sulla base di un
decreto di archiviazione sicuramente riferibile ai medesimi fatti. Il difetto di
autorizzazione alla riapertura delle indagini determina l’inutilizzabilità degli atti di
indagine eventualmente compiuti dopo il provvedimento di archiviazione e
preclude l’esercizio dell’azione penale per lo stesso fatto di reato,
oggettivamente e soggettivamente considerato, da parte del medesimo ufficio
del pubblico ministero (Sez. U, n. 33885 del 24/06/2010, Giuliani, Rv. 247834).
5. In definitiva il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; alla declaratoria di
inammissibilità segue, per legge, la condanna della ricorrente al pagamento delle
spese processuali nonché (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile
alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr. Corte Costituzionale sent. n.
186 del 7-13 giugno 2000) al versamento, a favore della cassa delle ammende,
di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della
Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 17 lug 11z-241.3

a tale regola una portata generale.

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