Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44389 del 21/06/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 44389 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI ROMA
nei confronti di:
DE ANGELIS MAURO N. IL 19/06/1948
ARESU STEFANO N. IL 24/11/1947
avverso l’ordinanza n. 344/2013 TRIB. LIBERTA’ di ROMA, del
20/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;
e sen ite le conc usioni se
ott.

p

Data Udienza: 21/06/2013

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Pietro Gaeta, ha concluso
chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza;
per l’indagato Aresu, l’avv. Paola Armellin, ha chiesto dichiararsi inammissibile o
rigettarsi il ricorso;
per l’indagato De Angelis l’avv. Pilerio Plastina ha chiesto dichiararsi
inammissibile il ricorso.

1. Con ordinanza del 21 gennaio 2013, il G.I.P. presso il Tribunale di Roma
sottoponeva Aresu Stefano e De Angelis Mauro alla misura degli arresti
domiciliari per il delitto bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, per
aver ricoperto la carica formale di amministratore pro tempore della
Eurodistribuzioni 98 s.r.I., dichiarata fallita in data 2 dicembre 2010,
rispettivamente dal 16 gennaio 2006 al 25 luglio 2006 e dal 7 luglio 2007 al 13
maggio 2009.
2. A seguito di riesame, il Tribunale di Roma, con ordinanza del 20 febbraio
2013, annullava l’ordinanza impugnata e disponeva l’immediata scarcerazione
dei ricorrenti se non detenuti per altro titolo.
In particolare l’ordinanza affermava l’esistenza di un quadro indiziario della
necessaria consistenza ed univocità, in base al dato formale della carica rivestita,
proprio nel periodo in cui le condotte distrattive sono state realizzate, fornendo
la necessaria copertura ai gestori di fatto (i coindagati De Palma, Coser e
Migliorini), i quali materialmente svuotavano la società delle residue risorse
sociali, fino ad accumulare un passivo di oltre 4 milioni di euro, a fronte di una
mancanza di attivo; tuttavia, considerata l’epoca dei fatti distrattivi (2006 per
Aresu, fino al 2008 per De Angelis), il giudice del riesame escludeva la
sussistenza dell’esigenza cautelare, rappresentata dal pericolo di reiterazione di
analoghe condotte in relazione alla gestione di altre società, mancando negli anni
successivi dei concreti segnali di possibili o probabile reiterazione della medesima
condotta.
3. Ricorre per Cassazione il Procuratore della Repubblica di Roma, denunciando
contraddittorietà della motivazione, in riferimento all’inesistenza di esigenze
cautelari. Il ricorrente censura l’affermazione del Tribunale, secondo il quale la
sentenza di fallimento rappresenta condizione obiettiva di punibilità del reato di
bancarotta, evidenziando che il pericolo di reiterazione del reato non può
valutarsi con riferimento alla società fallita, rispetto alla quale la dichiarazione di
fallimento impedisce il pericolo di ulteriori distrazioni od occultamenti, ma va

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RITENUTO IN FATTO

apprezzata rispetto ad ulteriori e diverse società, nelle quali gli indagati rivestano
cariche di gestione o comunque siano amministratori di fatto.
Con riferimento al primo indagato si sottolinea che egli è amministratore di 18
società, circostanza che palesa il pericolo che egli possa commettere nell’ambito
delle società e, per mezzo delle stesse, attività analoghe a quelle per cui si
procede; con riferimento al secondo si ribadisce che egli è stato oppure è
amministratore di circa 40 società, aventi sede in varie città d’Italia e che

Il ricorrente segnala la contraddittorietà intrinseca del provvedimento, laddove in
un primo tempo riconosce una professionalità nell’attività distrattiva integrante
la bancarotta e, successivamente, esclude il pericolo di reiterazione del reato, in
considerazione del solo tempo trascorso dai fatti.
4. Con memoria depositata il 7 giugno 2013, il difensore di Aresu Stefano, avv.
Caterina Calia, contesta la considerazione del pubblico ministero secondo la
quale l’indagato, al pari di tutti gli altri per i quali si procede, sarebbe un
bancarottiere professionista, responsabile dello svuotamento della
Eurodistribuzioni 98 s.r.I., laddove invece egli risponde solamente di una
condotta specifica, consistito nell’aver contrattato con la Unicredit S.p.A. un
contratto di finanziamento per la somma di € 400.000 ed aver successivamente
trattato un piano di rientro mai eseguito. Si sottolinea inoltre che agli atti vi era
un relazione del consulente tecnico contabile, dott. Veneziani, secondo la quale
l’attività apicale svolta dall’indiziato nel breve periodo di gestione del 2006 non
ha in alcun modo condizionato l’evoluzione finanziaria ed economica successiva;
inoltre l’attività distrattiva più rilevante, consistita nell’operazione di affitto di
ramo di azienda in data 9 settembre 2009 al consorzio B.L.G., è avvenuta tre
anni e due mesi dopo l’uscita dell’indagato dalla società. Il consulente ha poi
escluso qualunque responsabilità dell’Aresu in ordine alla contestata ipotesi di
bancarotta documentale, poiché egli consegnò al nuovo amministratore,
subentrato il 25 luglio 2006, tutta la documentazione contabile; a conferma di
ciò, il bilancio 2006 risulta regolarmente redatto, approvato e depositato il 21
luglio 2007. Infine si sottolinea che, ad eccezione di un decreto penale di
condanna del 2011, l’indagato non annovera precedenti specifici.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Prima di esaminare le censure proposte dal Procuratore di Roma, è necessario
ricordare che a questa Corte non possono essere sottoposti giudizi di merito, non

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dunque, parimenti, sussiste l’esigenza cautelare.

consentiti neppure alla luce dei motivi nuovi presentati ai sensi della L. n. 46 del
2006. Va infatti ricordato che la modifica normativa dell’art. 606 c.p.p., lettera
e), di cui alla L. 20 febbraio 2006, n. 46 lascia inalterata la natura del controllo
demandato alla Corte di cassazione, che può essere solo di legittimità e non può
estendersi ad una valutazione di merito. Il nuovo vizio introdotto è quello che
attiene alla motivazione, il cui vizio di mancanza, illogicità o contraddittorietà
può ora essere desunto non solo dal testo del provvedimento impugnato, ma

valutare il cosiddetto travisamento della prova, che si realizza allorché si
introduce nella motivazione un’informazione rilevante che non esiste nel
processo, oppure quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini
della pronunzia. Attraverso l’indicazione specifica di atti contenenti la prova
travisata od omessa si consente nel giudizio di cassazione di verificare la
correttezza della motivazione.
Infine il dato probatorio che si assume travisato od omesso deve avere carattere
di decisività, non essendo possibile da parte della Corte di cassazione una
rivalutazione complessiva delle prove che sconfinerebbe nel merito.
2. È poi necessario chiarire i limiti di sindacabilità dei provvedimenti adottati dal
giudice del riesame dei provvedimenti sulla libertà personale. Secondo
l’orientamento di questo giudice di legittimità, che il Collegio condivide,
l’ordinamento non conferisce alla Corte di Cassazione alcun potere di revisione
degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo
spessore degli indizi, né alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche
soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e
delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel
compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta l’applicazione
della misura cautelare, nonché del Tribunale del riesame (Sez. 5, n. 46124 del
08/10/2008, Pagliaro, Rv. 241997). Il controllo di legittimità sui punti devoluti è,
perciò, circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato, al fine di verificare
che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e
l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità:
1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno
determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle
argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Sez. 2, n. 56 del
07/12/2011 – dep. 04/01/2012, Siciliano, Rv. 251760).
2.1 Inoltre il vizio di mancanza della motivazione dell’ordinanza del riesame in
ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari non può essere sindacato dalla
Corte di legittimità, quando non risulti prima facie dal testo del provvedimento
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anche da altri atti del processo specificamente indicati; è perciò ora possibile

impugnato, restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della
razionalità della motivazione sulle questioni di fatto (Sez. 2, n. 56 del
07/12/2011 – dep. 04/01/2012, Siciliano, Rv. 251761).
In altri termini, l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606
cod. proc. pen., comma 1, lett. E), può essere solo quella “evidente”, cioè di
spessore tale da risultare percepibile ictu °culi, in quanto l’indagine di legittimità
sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto; il vizio deve

apprezzamento va effettuato considerando che la sentenza deve essere logica
“rispetto a sè stessa”, cioè rispetto agli atti processuali citati nella stessa ed alla
conseguente valutazione effettuata dal giudice di merito, che si presta a censura
soltanto se manifestamente contrastante e incompatibile con i principi della
logica.
3. Fatta questa premessa, il ricorso del Procuratore di Roma va rigettato.
3.1 II vaglio logico e puntuale delle risultanze processuali operato dal Tribunale
per il riesame non consente a questa Corte di legittimità di muovere critiche, nè
tantomeno di operare diverse scelte di fatto. Le osservazioni del Procuratore
ricorrente non scalfiscono l’impostazione della motivazione e non fanno
emergere profili di manifesta illogicità della stessa.
3.2 Nella specie, il Tribunale del riesame di Roma ha adeguatamente e
logicamente escluso l’attualità delle esigenze cautelari, osservando che il tempo
remoto in cui si collocano le condotte contestate e soprattutto l’assenza nel
frattempo di concreti segnali di possibile o probabile reiterazione delle stesse
evidenziano il difetto di esigenze cautelari, che vanno valutate “in base ad
elementi sintomatici attuali”:

in conclusione non risulta la persistenza di

comportamenti di disinvolta disposizione e gestione di risorse sociali dello stesso
tipo di quelli attribuiti agli indagati.
Si tratta di motivazione congrua e logica, che non è intaccata dalle censure
proposte con il ricorso.
3.3 Secondo la costante interpretazione di questa Corte, culminata in una
recente decisione delle Sezioni Unite, il riferimento in ordine al “tempo trascorso
dalla commissione del reato” di cui all’art. 292, comma secondo, lett. c) cod.
proc. pen., impone al giudice di motivare sotto il profilo della valutazione della
pericolosità del soggetto in proporzione diretta al tempo intercorrente tra tale
momento e la decisione sulla misura cautelare, giacché ad una maggiore
distanza temporale dai fatti corrisponde un affievolimento delle esigenze
cautelari (Sez. U, n. 40538 del 24/09/2009, Lattanzi, Rv. 244377). Proprio con
riferimento al delitto di bancarotta fraudolenta, questa Sezione ha recentemente
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inoltre risultare dal testo del provvedimento impugnato, nel senso che il relativo

affermato che il tempo trascorso dalla commissione del fatto, cui il giudice deve
far riferimento ai fini della eventuale esclusione della sussistenza delle esigenze
cautelari, va determinato con riguardo all’epoca in cui sono state poste in essere
le condotte illecite e non al momento in cui è intervenuta la dichiarazione
giudiziale di insolvenza, la quale, ancorchè determini il momento consumativo
del reato, non costituisce riferimento utile per vagliare il comportamento
dell’indagato, sfuggendo alla sua sfera volitiva (Sez. 5, n. 11633 del 08/02/2012,

Del resto la motivazione impugnata non si ferma davanti al dato di carattere
temporale, ma esclude che nel tempo intermedio siano emersi elementi concreti
da cui dedurre il rischio di possibili o probabili reiterazioni delle condotte.
Elementi che nemmeno il Procuratore ricorrente indica, limitandosi ad indicare
circostanze puramente potenziali (le cariche rivestite in altre società) oppure non
riferibili direttamente agli attuali indagati (la grande evasione fiscale, la cessione
dell’azienda, la nomina di personaggio inesistente come ultimo amministratore).
Il Tribunale, infatti, attribuisce a Coser, Migliorini e soprattutto a De Palma la
gestione di fatto della società, per cui rispetto ad Aresu e De Angelis non si
ravvisano quelle specifiche esigenze cautelari che giustificano in concreto la
misura disposta, come richiesto dalla lettera C del primo comma dell’art. 292 del
codice di rito.
In ogni caso la riconsiderazione degli elementi in base ai quali il G.I.P. aveva
affermato la sussistenza dell’esigenza cautelare è operazione non consentita in
sede di legittimità, trattandosi – come si è detto in premessa – di apprezzamento
rientrante nel compito esclusivo e insindacabile del giudice di merito, censurabile
solo per la manifesta illogicità della motivazione, che nel caso di specie deve
escludersi, in mancanza di cadute di logicità evidenti nel discorso del Tribunale
del riesame.
4. In conclusione il ricorso del procuratore di Roma va rigettato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 21 giugno 2013
Il consigliere estensore

presidente

Lombardi Stronati, Rv. 252308).

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