Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44377 del 14/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 44377 Anno 2015
Presidente: NAPPI ANIELLO
Relatore: MICCOLI GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RUGGIRELLO FRANCESCA N. IL 02/06/1969
TRUZZI ELIDA N. IL 31/08/1991
avverso la sentenza n. 830/2014 CORTE APPELLO di BOLOGNA, del
16/05/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GRAZIA MICCOLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, PAvv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 14/05/2015

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dott. Mario Maria Stefano PINELLI, ha
concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Per le ricorrenti, l’avv. Maurizio ZANOLI ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 16 maggio 2014 la Corte di Appello di Bologna, in parziale riforma della
pronunzia di primo grado emessa dal Tribunale di Parma, ha ridotto la pena inflitta alle

aggravato e porto ingiustificato d’arma, nonché la sola RUGGIRELLO per la contravvenzione di
cui all’art. 707 cod. pen.

2. Con atto sottoscritto dal loro difensore hanno proposto ricorso entrambe le imputate,
affidato a nove motivi.
2.1 Con il primo vengono dedotti violazione di legge e vizio di motivazione in relazione
ai presupposti per l’applicabilità dell’art. 49 cod. pen., attesa l’inidoneità dell’azione posta in
essere dalle imputate alla sottrazione ed all’impossessamento del portafogli della persona
offesa, in quanto entrambe osservate da una guardia giurata sin da prima del compimento
della azione.
2.2. Con il secondo motivo vengono dedotti violazione di legge e vizio di motivazione in
relazione all’art. 56 cod. pen..
Secondo le ricorrenti nel caso in esame sarebbe configurabile il reato di furto tentato giacchè le
due imputate, dopo aver preso il portafogli sono state fermate prima di uscire dal
supermercato.
2.3. Con il terzo motivo vengono dedotti violazione di legge e vizio di motivazione in
relazione alla aggravante di cui all’art. 61 n. 5 cod. pen.
Sostengono le ricorrenti l’insussistenza di tale aggravante perché il furto è stato commessoi ai
danni di una signora anziana ma in pieno giorno, in un luogo affollato, in presenza di addetti
alla sorveglianza e della nuora della persona offesa.
2.4. Con il quarto motivo vengono dedotti violazione di legge e vizio di motivazione in
relazione alla attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen.
Le ricorrenti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui non ha riconosciuto la
suddetta attenuante alla luce del brevissimo lasso di tempo intercorso tra la sottrazione e la
restituzione della refurtiva ed alla luce della modesta somma, pari a 120 euro, contenuta nel
portafoglio della persona offesa.
2.5. Con il quinto motivo vengono dedotti violazione di legge e vizio di motivazione in
relazione all’art. 4 della legge n. 110/75.
Secondo le ricorrenti sarebbe non configurabile il suddetto reato per la detenzione di una
forbice taglia fili in acciaio.
1

imputate Francesca RUGGIRELLO e Elida TRUZZI, condannate entrambe per i reati di furto

2.6. Con il sesto motivo vengono dedotti violazione di legge e vizio di motivazione in
relazione all’art. 4 della legge n. 110/75.
Le ricorrenti censurano la sentenza impugnata per aver negato al sussistenza del caso di lieve
entità.
2.7. Con il settimo motivo vengono dedotti violazione di legge e vizio di motivazione in
relazione all’art. 110 cod. pen. avuto riguardo al concorso dell’imputata TRUZZI nel reato di
porto delle forbici.
2.8. Con l’ottavo motivo vengono dedotti violazione di legge e vizio di motivazione in

una calamita apri-antitaccheggio.
2.9. Con il nono motivo vengono dedotti violazione di legge e vizio di motivazione in
relazione all’art. 133 cod. pen., con riferimento al trattamento sanzionatorio inflitto alla
imputata TRUZZI.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non merita accoglimento.

1. Il primo motivo è infondato.
Il fatto che le due donne siano state oggetto di osservazione da parte di un vigilante durante le
fasi del furto non consente di ritenere inidonea ex art. 49 cod. pen. la loro azione delittuosa.
Anche di recente questa Corte ha chiarito che, ai fini della configurabilità del reato impossibile,
l’inidoneità dell’azione deve essere assoluta per inefficienza strutturale e strumentale del
mezzo usato così da non consentire neppure in via eccezionale l’attuazione del proposito
criminoso. (Sez. 5, n. 9254 del 15/10/2014 – dep. 03/03/2015, Semeraro e altri, Rv. 263058;
si veda anche Sez. 2, n. 7630 del 14/01/2004 – dep. 23/02/2004, Argenta, Rv. 228557).
E in altra decisione risalente, si è affermato che “il delitto di furto nei supermercati non può
essere escluso sotto il profilo del reato impossibile in relazione alla sorveglianza esercitata dal
personale addetto, giacchè tale sorveglianza è predisposta al fine di identificare il colpevole e
di impedirgli di assicurarsi il possesso della refurtiva, ma non rende impossibile il reato. Invero
l’addetto alla sorveglianza non può intervenire se non dopo la consumazione del furto ovvero
durante il tentativo per commetterlo: nel primo caso la sorveglianza non impedisce l’evento
dannoso, già verificatosi, ma consente solo di recuperare le cose sottratte; nel secondo caso
l’evento non si verifica per una causa estrinseca che ostacola la consumazione del reato, non
già perchè gli atti compiuti siano inidonei, in sè e per sè considerati, alla produzione
dell’evento. (Sez. 2, n. 7297 del 23/02/1973 – dep. 23/10/1973, FOSSA, Rv. 125267).
2. Anche il secondo motivo è privo di fondamento.
Del tutto irrilevante ai fini della configurabilità del reato consumato e non di quello tentato è il
fatto che le donne, dopo aver sottratto il portafogli, siano state fermate prima di uscire dal
supermercato.
2

relazione in relazione all’art. 707 cod. pen. contestato alla RUGGIRELLO, trovata in possesso di

Invero, nel caso di specie non è certamente invocabile la recente giurisprudenza delle Sezioni
Unite di questa Corte che ha affermato che, in caso di furto in supermercato, il monitoraggio
della azione furtiva in essere, esercitato mediante appositi apparati di rilevazione automatica
del movimento della merce ovvero attraverso la diretta osservazione da parte della persona
offesa o dei dipendenti addetti alla sorveglianza ovvero delle forze dell’ordine presenti nel
locale ed il conseguente intervento difensivo “in continenti”, impediscono la consumazione del
delitto di furto che resta allo stadio del tentativo, non avendo l’agente conseguito, neppure
momentaneamente, l’autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita

dep. 16/12/2014, Pg in proc. Prevete e altro, Rv. 261186).
E’ del tutto evidente che soggetto passivo del furto commesso dalle due imputate non è il
titolare del supermercato ma l’anziana donna dalla cui borsa è stato sottratto il portafogli.
3.

Inammissibile è il terzo motivo, con il quale si è sostenuta l’insussistenza della aggravante

di cui all’art. 61 n. 5 cod. peri.
Analoga doglianza è stata proposta con l’atto di appello e la Corte territoriale ha risposto con
esaustiva e logica motivazione, mettendo in rilievo che il furto è avvenuto ai danni di una
signora ottantaquattrenne, certamente fragile e dotata di una minore capacità di attenzione e
tutela dei propri beni, tanto che le stesse imputate l’hanno scelta come vittima della loro
azione criminosa, mutando i programmi finalizzati ad impossessarsi della merce venduta nel
supermercato.
Va così ribadito il principio secondo cui, ai fini della configurabilità della circostanza aggravante
della minorata difesa, l’età avanzata della vittima del reato, a seguito delle modificazioni
legislative introdotte dalla legge n. 94 del 2009, rileva in misura maggiore attribuendo al
giudice di verificare, allorché il reato sia commesso in danno di persona anziana, se la condotta
criminosa posta in essere sia stata agevolata dalla scarsa lucidità o incapacità di orientarsi da
parte della vittima nella comprensione degli eventi secondo criteri di normalità (Sez. 5, n.
38347 del 13/07/2011 – dep. 24/10/2011, Cavo’, Rv. 250948).
4. Infondato è il quarto motivo, con il quale le ricorrenti censurano la sentenza impugnata
nella parte in cui non ha riconosciuto l’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. peri.
Anche sul punto la Corte territoriale ha reso esaustiva motivazione, sottolineando come non
possa ritenersi esigua la somma di 120 euro, ove si consideri che è pari ad un quarto della
pensione sociale minima, ed inoltre che va tenuto conto anche del valore del portafogli e dei
documenti in esso contenuti.
Si rammenta, in proposito, che, ai fini della configurabilità della circostanza attenuante del
danno patrimoniale di speciale tenuità, rilevano, oltre al valore economico del danno, anche gli
ulteriori effetti pregiudizievoli cagionati alla persona offesa dalla condotta delittuosa
complessivamente valutata (Sez. 5, n. 7738 del 04/02/2015 – dep. 19/02/2015, Giannella, Rv.
263434; conformi n. 30177 del 2013, Rv. 256643, n. 24003 del 2014, Rv. 260201).

3

dalla sfera di vigilanza e di controllo del soggetto passivo (Sez. U, n. 52117 del 17/07/2014 –

5. Inammissibili sono il quinto, il sesto e il settimo motivo, perché reiterano doglianze
pedissequamente proposte in appello avverso la sentenza di primo grado; e l’esame della
sentenza impugnata consente di ritenere che su di esse è stata fornita adeguata, congrua e
logica risposta in motivazione.
Va ricordato a tal proposito che la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica
argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce, che si realizza con la presentazione di
motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), debbono indicare
specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.

senz’altro conforme all’art. 581, lett. c, cod. proc. pen. ovvero contenere l’indicazione delle
ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta presentata al giudice
dell’impugnazione; ma quando censura le ragioni che sorreggono la decisione deve, altresì,
enucleare in modo specifico il vizio denunciato, in modo che sia chiaramente sussumibile fra i
tre soli vizi previsti dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., deducendo poi, altrettanto
specificamente, le ragioni della sua decisività rispetto al percorso logico seguito dal giudice del
merito per giungere alla deliberazione impugnata, sì da condurre a decisione differente (Sez.
6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo ed altri, Rv. 254584). Risulta pertanto di chiara
evidenza che se il motivo di ricorso si limita – come nel caso in esame- a riprodurre il motivo
d’appello, viene meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica
argomentata al provvedimento), posto che con siffatta mera riproduzione il provvedimento
impugnato, invece di essere destinatario di specifica critica argomentata, è di fatto del tutto
ignorato (tra le tante, Sez. 5 n. 25559 del 15 giugno 2012, Pierantoni; Sez. 6 n. 22445 del 8
maggio 2009, p.m. in proc. Candita, rv 244181; Sez. 5 n. 11933 del 27 gennaio 2005,
Giagnorio, rv. 231708).
In conclusione, la riproduzione, totale o parziale, del motivo d’appello può essere presente nel
motivo di ricorso solo quando ciò serva a “documentare” il vizio enunciato e dedotto con
autonoma specifica ed esaustiva argomentazione, che si riferisca al provvedimento impugnato
con il ricorso e che si confronti con la sua integrale motivazione (si vedano, tra le più recenti,
Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, Cariolo e altri, Rv. 260608; Sez. 6, n. 34521 del
27/06/2013, Ninivaggi, Rv. 256133).
6. L’ottavo motivo è invece inammissibile perché non dedotto in appello e le relative questioni
non sono rilevabili d’ufficio.
“In tema di ricorso per cassazione, la regola ricavabile dal combinato disposto degli artt. 606,
comma terzo, e 609, comma secondo, cod. proc. pen. – secondo cui non possono essere
dedotte in cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, tranne che si tratti di
questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del giudizio o di quelle che non sarebbe stato
possibile dedurre in grado d’appello – trova la sua “ratio” nella necessità di evitare che possa
sempre essere rilevato un difetto di motivazione della sentenza di secondo grado con riguardo
ad un punto del ricorso, non investito dal controllo della Corte di appello, perché non segnalato
4

Il motivo di ricorso in cassazione, poi, è caratterizzato da una duplice specificità. Deve essere

con i motivi di gravame”. (Sez. 4, n. 10611 del 04/12/2012 – dep. 07/03/2013, Bonaffini, Rv.
256631).
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 14 maggio 2015

Il consigliere estensore

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