Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44367 del 17/07/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 44367 Anno 2013
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto dal difensore di:
Kumar Surinder, nato in India, il 10/4/1981;

avverso la sentenza del 4/10/2012 della Corte d’appello di Brescia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Roberto Aniello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 4 ottobre 2012 la Corte d’appello di Brescia confermava la
condanna pronunziata a seguito di giudizio abbreviato di Kumar Surinder per i
reati, ritenuti in continuazione, di lesioni personali aggravate, tentate lesioni
personali aggravate, danneggiamento aggravato, ingiurie aggravate e minacce

Data Udienza: 17/07/2013

aggravate, tutti commessi dall’imputato in un esercizio pubblico in reazione al
rifiuto del titolare del locale di servirgli ulteriori bevande alcoliche in aggiunta a
quelle già assunte.
2. Avverso la sentenza ricorre a mezzo del proprio difensore l’imputato articolando
tre motivi. Con il primo deduce vizi motivazionali della sentenza impugnata in
merito alla ritenuta sussistenza dell’elemento psicologico dei reati contestati nella
forma del dolo eventuale invero incompatibile con l’accertato stato di ubriachezza

violazione del terzo comma dell’art. 192 c.p.p. in merito alla valutazione della
credibilità della persona offesa Zambetti Norma, che pure aveva illecitamente
sottratto le chiavi della vettura dell’imputato per impedirgli di allontanarsi. Con il
terzo motivo il ricorrente censura la decisione della Corte territoriale di negare
all’imputato la concessione della sospensione condizionale senza tenere conto
della sua personalità e del suo contesto di vita.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è inammissibile.
1.1 Rammentato che è tale il ricorso per cassazione quando manchi l’indicazione
della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle
poste a fondamento dell’atto d’impugnazione, che non può ignorare le
affermazioni del provvedimento censurato (Sez. 2, n. 19951 del 15 maggio 2008,
Lo Piccolo, Rv. 240109; Sez. 1 n. 39598 del 30 settembre 2004, Burzotta, Rv.
230634) e che sono parimenti inammissibili i motivi che si limitano a riprodurre le
censure dedotte in appello, anche se con l’aggiunta di frasi incidentali di censura
alla sentenza impugnata meramente assertive ed apodittiche, laddove difettino di
una critica argomentata avverso il provvedimento “attaccato” e l’indicazione delle
ragioni della loro decisività rispetto al percorso logico seguito dal giudice di merito
(Sez. 6, n. 8700 del 21 gennaio 2013, Leonardo e altri, Rv. 254584), deve
evidenziarsi come il primo motivo di ricorso risulti irrimediabilmente generico,
atteso che, per un verso, censura la configurabilità del dolo eventuale con
riguardo a tutti i reati in contestazione, nel mentre in entrambe i giudizi di merito
lo stesso è stato evocato soltanto con riguardo all’imputazione relativa alle lesioni
causate a Pezzini Fabio, e per l’altro non si confronta con l’esauriente motivazione
resa in proposito dalla Corte territoriale.
1.2 Quanto poi all’asserita incompatibilità tra dolo eventuale e stato di ubriachezza
affermata dal ricorrente la doglianza si rivela parimenti generica e comunque

dell’imputato al momento della loro consumazione. Con il secondo lamenta la

manifestamente infondata. Infatti, secondo il consolidato insegnamento di questa
Corte, la regola secondo cui l’imputabilità non è esclusa né diminuita
dall’ubriachezza o dall’assunzione di sostanze stupefacenti, a meno che esse non
siano conseguenza di caso fortuito o forza maggiore, non esime dal dovere di
accertamento della colpevolezza attraverso l’indagine sull’atteggiamento
psicologico tenuto dall’agente al momento della commissione del fatto imputato
(Sez. 1, n. 42387 del 28 settembre 2007, Bruschi, Rv. 238111), ma per l’appunto

il dolo del reato in tutte le sue manifestazioni, bensì solo che il giudice è tenuto ad
accertare in concreto l’elemento psicologico del reato anche tenendo conto
dell’eventuale influenza che su di esso può avere avuto l’assunzione di alcol o
stupefacenti. E nel caso di specie, come detto, i giudici d’appello hanno
esaurientemente motivato sulla riconoscibilità in capo all’imputato del dolo
eventuale, senza che il ricorrente si sia compiutamente confrontato con le
argomentazioni svolte in sentenza.

2. L’inammissibilità del secondo motivo consegue al fatto che lo specifico profilo
relativo all’attendibilità della Zambetti non era stato devoluto al giudice d’appello
con il gravame di merito. Comunque le censure svolte dal ricorrente appaiono in
ogni caso non poco generiche, atteso che il ricorso non spiega perché la credibilità
delle dichiarazioni della persona offesa sarebbe compromessa dall’eventualità che
la stessa non aveva il potere di sottrarre le chiavi dell’auto dell’imputato per
impedire di allontanarsi.
Manifestamente infondato è infine il terzo motivo, atteso che la Corte territoriale
ha complessivamente dato conto degli elementi negativi da cui ha tratto – in
maniera tutt’altro che illogica trattandosi di soggetto recidivo e nuovamente
condannato per un elevato numero di reati – la decisione di non concedere
l’invocata sospensione condizionale della pena, senza che in tal senso la
motivazione della sentenza risulti incompleta per non aver considerato le
circostanze eventualmente favorevoli all’imputato, giacchè il giudice di merito, nel
valutare la concedibilità della sospensione condizionale della pena, non ha
l’obbligo di prendere in esame tutti gli elementi indicati nell’art. 133 c.p., ma può
limitarsi ad indicare quelli da lui ritenuti prevalenti (Sez. 3, n. 6641/10 del 17
novembre 2009, Miranda, Rv. 246184).

3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell’art. 616
c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al
versamento della somma, ritenuta congrua, di euro mille alla cassa delle
ammende.

ciò significa che non esiste, a priori, una incompatibilità tra stato di ubriachezza e

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso il 17/7/2013

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