Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44362 del 21/06/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 44362 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
AHMETOVIC EMIR N. IL 24/05/1966
PASCARIU CONSTANTIN N. IL 13/05/1980
avverso la sentenza n. 8208/2012 CORTE APPELLO di ROMA, del
07/12/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/06/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FERDINANDO LIGNOLA
rocuratore enera in persona del
he ha concluso per

dito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 21/06/2013

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Pietro Gaeta, ha concluso
chiedendo rigettarsi i ricorsi;
per i ricorrenti l’avv. Francesco Missori, difensore di fiducia di Pascariu
Constantin e delegato dall’avv. Marco Cinquegrana per Ahmetovic Emir, ha
chiesto l’accoglimento dei ricorsi.

1. Con sentenza del 7 dicembre 2012, la Corte d’appello di Roma confermava la
sentenza del giudice monocratico del Tribunale di Tivoli, in data 25 giugno 2012,
con la quale Ahmetovic Emir e Pascariu Constantin erano condannati, insieme ad
altro imputato ed all’esito di rito abbreviato, alla pena di giustizia per il delitto di
furto aggravato di cavi elettrici per una lunghezza complessiva di 100 metri ed
un valore di circa €8.000, con le aggravanti della violenza su cose, dell’essere il
fatto commesso da tre persone e dell’aver profittato di circostanze di tempo di
luogo tali da ostacolare la pubblica privata difesa; con la recidiva specifica e
reiterata nel quinquennio.
2. Contro la decisione della Corte d’appello di Roma propongono ricorso per
cassazione gli imputati, ciascuno con atto del proprio difensore.
2.1 Ahmetovic Emir, difeso dall’avv. Marco Cinquegrana, affida il ricorso ad un
unico motivo, con il quale denuncia violazione dell’articolo 606 c.p.p., lettera E,
in relazione alla qualificazione giuridica dei fatti di cui all’imputazione come
delitto tentato, richiesta con i motivi di appello. La Corte territoriale avrebbe del
tutto omesso di valutare la doglianza difensiva.
2.2 Pascariu Constantin, difeso dall’avv. Francesco Missori, affida il ricorso a due
motivi:
a) violazione dell’articolo 606 c.p.p., lettera E, in relazione alla contraddittorietà
e manifesta illogicità della motivazione, con riguardo la divergenza tra
motivazione e dispositivo della sentenza del Tribunale di Tivoli, poiché la Corte di
appello ha escluso l’equivalenza tra le circostanze aggravanti e le attenuanti
motivando sulla scorta di circostanze aggravanti che erano state contestate, ma
non ritenute sussistenti in primo grado, stando alla lettera del dispositivo. Anche
se in motivazione il Tribunale faceva riferimento a “tutte” le circostanze, deve
ritenersi prevalere il dispositivo, secondo quanto affermato costantemente dalla
giurisprudenza di legittimità, nel quale ne viene riconosciuta una solamente.
Infatti, mentre il Tribunale di Tivoli ha affermato la responsabilità solo con
riferimento all’aggravante di cui all’articolo 625 n. 5 cod. pen., la Corte di appello
ha fatto riferimento alle altre aggravanti di cui all’articolo 625 n. 2 e 61 n. 5 cod.

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RITENUTO IN FATTO

pen., così escludendo un giudizio di equivalenza.
b) violazione dell’articolo 606 c.p.p., lettera B, con riferimento al mancato
riconoscimento delle attenuanti generiche, le quali, in relazione alle circostanze
di tempo di luogo ed ai precedenti penali dell’imputato, potevano essere
riconosciute, così come anche in considerazione della ridotta durata nel tempo
del fatto, dell’immediato recupero della refurtiva e della lievità del danno

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono inammissibili.
1.1 n ricorso di Ahmetovic è manifestamente infondato. Nell’atto d’appello il
difensore aveva affermato che, poiché i prevenuti non avevano acquisito un
dominio assoluto sulla res furtiva, essendo stati tratti in arresto prima che
potessero trasferire i cavi elettrici all’interno dell’autovettura, la condotta andava
qualificato in termini di tentativo.
1.2 In via generale deve osservarsi che in sede di legittimità non è censurabile
una sentenza per il suo silenzio su una specifica deduzione prospettata col
gravame quando la stessa è disattesa dalla motivazione della sentenza
complessivamente considerata; pertanto, per la validità della decisione, non è
necessario che il giudice di merito sviluppi nella motivazione la specifica ed
esplicita confutazione della tesi difensiva disattesa, essendo sufficiente per
escludere la ricorrenza del vizio che la sentenza evidenzi una ricostruzione dei
fatti che conduca alla reiezione della deduzione difensiva implicitamente e senza
lasciare spazio ad una valida alternativa; sicché, ove il provvedimento indichi con
adeguatezza e logicità quali circostanze ed emergenze processuali si sono rese
determinanti per la formazione del convincimento del giudice, si da consentire
l’individuazione dell’iter logico – giuridico seguito per addivenire alla statuizione
adottata, non vi è luogo per la prospettabilità del denunciato vizio di preterizione
(Sez. 2, n. 33577 del 26/05/2009, Bevilacqua, Rv. 245238; Sez. 2, n. 29434 del
19/05/2004, Candiano, Rv. 229220)
1.3 Nel caso di specie la decisione impugnata descrive compiutamente i fatti: tre
uomini a bordo di un’automobile si recarono nei pressi della ditta

“FER

Carpenteria Metallica s.r.l.”; giunti sul posto, due di essi entrarono all’interno ‘
dell’impresa, scavalcando una recinzione ed il terzo (Ahmetovic) si allontanò alla
guida dell’auto. I Carabinieri fermarono prima l’auto e, successivamente, gli altri
due uomini, all’esterno dell’azienda, a seguito di una perlustrazione, trovando
due sacchi di juta con all’interno 100m di cavo e uno zaino con attrezzi da

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arrecato.

scasso. I tre arrestati ammisero la sottrazione dei cavi elettrici.
Una simile dinamica dei fatti è chiaramente incompatibile con l’ipotesi del tentato
furto: infatti il reato di furto si perfeziona nel momento in cui il comportamento
realizzato pone di fatto sotto il dominio esclusivo dell’autore i cespiti rubati, in tal
modo realizzando l’impossessamento richiesto dalla fattispecie incriminatrice,
sicchè, ad esempio, risponde di furto consumato e non semplicemente tentato
colui che abbia nascosto sulla sua persona la cosa sottratta, anche se non si sia

temporaneo sulla refurtiva, essendo poi stato costretto ad abbandonarla subito
dopo il fatto, in conseguenza dell’altrui pronto intervento (Sez. 5, n. 17045 del
20/02/2001, Picone, Rv. 219030). Nella specie i due autori materiale si erano già
allontanati dal luogo del furto, quando furono sorpresi dalla pattuglia dei
Carabinieri, per cui la condotta esprime un evidente controllo autonomo sulla
cosa sottratta ed impone la qualifica del fatto in termini di furto consumato (Sez.
5, n. 28062 del 16/05/2013, Iacoviello, non massinnata).
2. Anche i motivi di ricorso dedotti da Pascariu sono inammissibili.
2.1 n primo motivo riguardante il diniego delle attenuanti generiche è
manifestamente infondato, poiché, diversamente da quanto sostenuto dal
ricorrente, un’attenta lettura della decisione di primo grado consente di
escludere il contrasto tra dispositivo la motivazione e di ritenere riconosciuta
tutte le aggravanti contestate (non solo quella di cui all’articolo 625 n. 5 cod.
pen., ma anche quelle previste dagli articoli 61 n 5 e 625 n. 2 cod. pen.). Nel
dispositivo, infatti, viene utilizzato l’avverbio “ulteriormente”, per sottolineare
che la circostanza del fatto commesso da tre o più persone era contestata in
fatto

(“dichiara Ahmetovic Emir, Pascariu Consta ntin e Ahmetovic Samir

responsabili del reato loro ascritto, aggravato ulteriormente dalla circostanza di
cui all’articolo 625 n 5 c.p., in fatto contestata”).
Deve in concussione escludersi il vizio di motivazione denunciato.
2.2 Anche il secondo motivo riguardante il diniego delle attenuanti generiche è
inammissibile. Va al proposito rimarcato che il riconoscimento delle attenuanti
generiche, e il connesso giudizio di bilanciamento con le aggravanti, sono
statuizioni che l’ordinamento rimette alla discrezionalità del giudice di merito, per
cui non vi è margine per il sindacato di legittimità quando la decisione sia
motivata in modo conforme alla legge e ai canoni della logica. Nel caso di specie
la Corte d’appello non ha mancato di motivare la propria decisione, facendo
riferimento ai precedenti penali degli imputati, al consistente danno economico
(circa € 8000) ed al dilagare di questo tipo di furto, definito “una vera piaga per
l’industria dell’energia, con gravi conseguenze, sovente, sulla continuità di
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allontanato dal luogo della sottrazione ed abbia esercitato un potere del tutto

erogazione dei servizi di pubblica utilità connessi all’uso di elettricità”.

Siffatta

linea argomentativa non presta il fianco a censura, rendendo adeguatamente
conto delle ragioni della decisione adottata; d’altra parte non è necessario, a
soddisfare l’obbligo della motivazione, che il giudice prenda singolarmente in
osservazione tutti gli elementi di cui all’art. 133 c.p., essendo invece sufficiente
l’indicazione di quegli elementi che nel discrezionale giudizio complessivo,
assumono eminente rilievo.

inammissibili; alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna
dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché (trattandosi di causa
di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, dei ricorrenti: cfr.
Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento alla cassa
delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro
1.000,00 per ciascuno.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti ciascuno al pagamento
delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 giugno 2013
II rceugsi Here stensore

Il presidente

3. In conclusione i ricorsi proposto dagli imputati devono essere dichiarati

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