Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44356 del 21/06/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 44356 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BOLOGNESI ANDREA MASSIMO N. IL 23/09/1960
avverso la sentenza n. 3073/2009 CORTE APPELLO di MILANO, del
20/09/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/06/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FERDINANDO LIGNOLA

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

C

Data Udienza: 21/06/2013

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Pietro Gaeta, ha concluso
chiedendo il rigetto del ricorso;
per il ricorrente l’avv. Roberto Pacchioli ha chiesto raccoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

confermata la sentenza del Tribunale di Milano del 9 febbraio 2009, resa all’esito
di giudizio abbreviato, con la quale Bolognesi Andrea era condannato per il reato
di falsità materiale commessa dal privato in un “pass invalidi”, apparentemente
rilasciato dal comune di Milano.
2. Propone ricorso per cassazione l’imputato, con atto del proprio difensore, avv.
Roberto Pacchioli, affidato a cinque motivi:
a) mancanza di motivazione in relazione ai primi due motivi di appello, con
riferimento all’ipotesi del falso grossolano e del falso innocuo, poiché la Corte
territoriale si limita ad affermare che la natura di fotocopia (a colori) del
documento non fosse evidente, in contrasto con quanto accertato dagli agenti
della polizia locale, sulla base di un semplice esame dall’esterno nell’auto;
b) manifesta illogicità della motivazione in relazione ai primi due motivi di
appello, in relazione all’ipotesi del falso grossolano e del falso innocuo, con
riferimento alle modalità di sequestro del documento, poiché risulta
immediatamente evidente il contrasto tra le premesse relative alle modalità di
sequestro dello scritto e la conclusione circa la non immediata apprezzabilità
della natura di copia del medesimo;
c) mancanza di motivazione in relazione al rigetto del terzo motivo di appello,
con riferimento all’elemento soggettivo del reato, riferito nella motivazione ad
altro soggetto, tal “La Rocca”, ed a circostanze non verificatesi, quale l’intento di
giustificarsi con i vigili, contrastante con il fatto accertato che l’imputato ammise
di aver fotocopiato il pass della suocera;
d) mancanza di motivazione in relazione al rigetto del terzo motivo di appello,
con riferimento all’elemento soggettivo del reato, poiché, anche ritenendo che la
Corte sia incorsa in errore materiale e che si riferisca in realtà all’imputato
Bolognesi, parimenti avrebbe dovuto escludere il dolo generico, poiché il
documento non è mai stato presentato come originale, ma sempre come
fotocopia; inoltre deve aggiungersi che l’imputato si servì del permesso invalidi
per accompagnare la suocera, titolare del

pass, a fare delle commissioni,

circostanza che, unitamente all’immediata dichiarazione di ammissione rese ai

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1. Con sentenza della Corte d’appello di Milano del 29 settembre 2012 era

vigili urbani, doveva consentire di escludere il dolo;
e) violazione dell’articolo 606, lettera B, c.p.p., in relazione agli artt. 477 e 482
cod. pen.: l’atto in questione non è stato contraffatto, poiché l’imputato si è
limitato a farne una fotocopia, che si presenta prima facie come tale, al solo fine
di evitare il deterioramento dell’originale.

1. Il ricorso è infondato.
1.1 I primi due motivi di ricorso, riguardante il vizio di motivazione in relazione
all’ipotesi del falso grossolano o del falso innocuo, vanno rigettati; la Corte
territoriale ha evidenziato, con apprezzamento di fatto insindacabile in questa
sede, che “l’esame attento del documento in sequestro evidenzia, innanzi tutto,
la perfetta corrispondenza dello stesso all’originale”, descrivendo il documento ed
evidenziando le caratteristiche in base alle quali è stato ritenuto identico
all’originale: due fogli perfettamente incollati l’uno sull’altro, addirittura
arrotondati negli angoli, racchiusi in una custodia di plastica semi rigida e
sigillata, riproducenti a colori immagini, impronte e caratteri tipici del modello di
permesso adottato dal Comune di Milano, del quale il documento in sequestro
presenta la medesima consistenza. In base a tali considerazioni è stata esclusa
in concreto sia l’ipotesi di falso grossolano, sia quella di falso innocuo ed
appaiono infondate le deduzioni del ricorrente.
2. Quanto all’elemento soggettivo del reato, contestato con il terzo il quarto
motivo di ricorso, sotto il profilo motivazionale, va innanzi tutto dato atto che la
decisione in due passaggi fa riferimento all’imputato, per un evidente errore
materiale, indicandolo come “La Rocca”, in luogo di “Bolognesi”: in tal senso,
dunque, va rettificato il testo della motivazione.
2.1 II vizio motivazionale in ordine all’elemento soggettivo va invece escluso,
poiché la sentenza desume il dolo nel caso concreto dalle modalità del
confezionamento del documento e dal concreto utilizzo fattone, senza averne
titolo. Le giustificazioni addotte dal Bolognesi ai vigili che lo avevano fermato, di
aver utilizzato il permesso per accompagnare la suocera, titolare del pass, e
l’immediata ammissione di aver fotocopiato il documento solo per preservare
quello originale, non possono incidere sul dolo, poiché il reato in contestazione è
a dolo generico. In altri termini per la sussistenza dell’elemento soggettivo è
sufficiente l’intenzionalità della condotta di contraffazione, non essendo richiesto
ranimus nocendi vel decipiendi”, con la conseguenza che il delitto va affermato

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CONSIDERATO IN DIRITTO

non solo quando la falsità sia compiuta senza l’intenzione di nuocere, ma anche
quando la sua commissione sia accompagnata dalla convinzione di non produrre
alcun danno (con riferimento al delitto di falsità materiale commessa dal pubblico
ufficiale in atti pubblici, Sez. 5, n. 29764 del 03/06/2010, Zago, Rv. 248264).
3. Infine è infondato il quinto motivo, relativo all’elemento oggettivo del reato,
che a giudizio del ricorrente andava escluso poiché nel caso di specie il
documento era una mera riproduzione fotostatica di un originale, destinato a

nella sentenza impugnata milita in senso assolutamente contrario ed infatti la
sentenza esclude decisamente che il documento fosse inidoneo alla funzione cui
l’originale era destinato, tanto è vero che fu utilizzato al posto di quello.
4. In definitiva, allora, può condividersi la giurisprudenza maggioritaria di questa
Corte, secondo la quale integra il reato di falsità materiale del privato in
autorizzazioni amministrative (artt. 477 e 482 cod. pen.) la riproduzione
fotostatica del permesso di parcheggio riservato agli invalidi, a nulla rilevando
l’assenza del timbro a secco e, comunque, dell’attestazione di autenticità, la
quale non incide sulla rilevanza penale del falso allorché, come nella specie, il
documento abbia l’apparenza e sia utilizzato come originale (in termini, Sez. 5,
n. 14308 del 19/03/2008, Maresta, Rv. 239490; con riferimento ad un permesso
di accesso a zona a traffico limitato, Sez. 5, n. 5401 del 02/12/2004 – dep.
11/02/2005, Polloni, Rv. 231171).
5. In conclusione il ricorso dell’imputato va rigettato; ai sensi dell’art. 616 cod.
proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha
proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 21 giugno 2013
Il consigliere estensore

Il presidente

rimanere come mera fotocopia. L’accurata descrizione del documento formulata

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