Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44341 del 15/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 44341 Anno 2013
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Bonforte Matteo nato a Palmi il 7/1/1984
avverso la sentenza del 18/12/2012 della Corte d’appello di Reggio
Calabria;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Roberto Maria Carrelli Palombi di
Montrone;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
dott. Antonio Mura, che ha concluso chiedendo che il ricorso venga
dichiarato inammissibile;
udito per l’imputato l’avv. Domenico Alvaro che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza in data 18/12/2012, la Corte di appello di Reggio

Calabria, in riforma della sentenza del Tribunale di Palmi del 22/12/2011,
rideterminava la pena inflitta a Bonforte Matteo, in ragione della scelta del
1

Data Udienza: 15/10/2013

rito, in anni tre e mesi quattro di reclusione ed C 4.000,00 di multa, per il
reato a lui ascritto di cui agli artt. 110, 629 comma 2 con riferimento all’art.
628 comma 3 n. 1, 99 cod. pen.
1.1.

La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello,

in punto di riconosciuta responsabilità dell’imputato in ordine al reato allo
stesso ascritto.

2.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato, per mezzo del suo

2.1. violazione ed erronea applicazione della legge penale nonché mancanza
ed illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. b), c) ed
e) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 192 e 533 cod. proc. pen. e 629,
393 e 610 cod. pen. per non essere stato riqualificato il delitto contestato in
quello di cui all’art. 393 cod. pen. con declaratoria di non doversi procedere
per mancanza di querela ovvero come mero tentativo di violenza privata ed
in subordine di tentata estorsione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, per essere

manifestamente infondato il motivo dedotto. Specificamente il motivo risulta
proposto in modo del tutto generico, in quanto alla mera descrizione dei
fatti, segue una generica critica alla qualificazione giuridica degli stessi,
quale ritenuta dai giudici di merito. Viceversa la Corte territoriale, con
diffusa motivazione priva di contraddittorietà o manifeste illogicità, ha
evidenziato come le risultanze processuali analiticamente esaminate, unite a
considerazioni logiche, escludano il ruolo di estraneità del ricorrente ai fatti
contestati, essendo invece risultato che lo stesso era pienamente

difensore di fiducia, sollevando i seguenti motivi di gravame:

consapevole delle ragioni del viaggio, avendo posto in essere la condotta
incriminata in concorso con il Delfino e l’Oliviero. Ed anche in ordine alla
qualificazione giuridica del fatto, la motivazione, tenuto anche conto
dell’estrema genericità delle censure proposte,

risulta pienamente

esaustiva, avendo la Corte territoriale, con argomentazioni puntuali in fatto e
corrette in diritto, evidenziato come il fatto fosse stato correttamente
inquadrato nell’ambito del delitto di estorsione consumata, dovendosi
escludere le meno gravi ipotesi di esercizio arbitrario delle proprie ragioni e
di violenza privata. Si è, al riguardo, fatto riferimento all’esistenza di una

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hi-

pretesa illegittima avanzata per mezzo di una minaccia posta in essere da
tre, tra le quali l’attuale ricorrente, persone che irrompono nella casa della
persona offesa rimarcando la provenienza dalla Calabria ed evocando
implicitamente contesti di criminalità organizzata e si è esclusa la
configurabilità della violenza privata, delitto che presuppone l’assenza del
danno. Con specifico riferimento, poi, alla richiesta di derubricazione del
reato nella forma del tentativo, nella sentenza impugnata viene dato atto
che dalle intercettazioni era emerso che la persona offesa acconsentì ad

allo stesso e promettendo il rilascio dell’appartamento nel giro di pochi
giorni.

4. Quanto ora detto comporta l’inammissibilità dell’impugnazione per
manifesta infondatezza dei motivi proposti. Ne consegue, per il disposto
dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di
una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si
determina equitativamente in C 1000,00.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1000,00 in favore della Cassa delle
ammende.

Così deciso il 15 ottobre 2013

Il Consiglier estensore

Il Presidente

aumentare il canone, come era stato richiesto dall’Oliviero, corrispondendolo

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