Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44327 del 18/07/2013
Penale Sent. Sez. 1 Num. 44327 Anno 2013
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: LA POSTA LUCIA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GABRIELE GIUSEPPE N. IL 08/02/1945
GABRIELE GIUSEPPINA N. IL 26/10/1973
GABRIELE CATERINA N. IL 07/10/1969
DI SALVO GIUSEPPE N. IL 13/11/1948
avverso il decreto n. 59/2010 CORTE APPELLO di PALERMO, del
12/03/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA LA POSTA;
lette/stffe le conclusioni del PG Dott. <;,
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,Sj ek 'Ne co Uditi difens Data Udienza: 18/07/2013 RITENUTO IN FATTO 1. Con decreto in data 8.2.2010 il Tribunale di Palermo applicava, ai sensi
della legge n. 575 del 1965, la misura della prevenzione della sorveglianza
speciale della pubblica sicurezza con l'obbligo di soggiorno nel comune di
residenza, per la durata di anni due a Giuseppe Gabriele disponendo, altresì, la
confisca in danno del predetto di numerosi beni immobili, mobili e mobili
registrati, già oggetto di sequestro, come specificamente indicati, nella titolarità Gabriele e Giuseppa Di Salvo.
La Corte di appello di Palermo, con decreto del 23.3.2012, riformava
parzialmente la decisione di primo grado avuto riguardo alla confisca di un saldo
di conto corrente che revocava, confermando nel resto il provvedimento
impugnato dai proposti e dai terzi intestatari. 2. Avverso il decreto di secondo grado hanno proposto ricorso per cassazione il sottoposto, Giuseppe Gabriele, nonché, i terzi intestatari, Di Salvo
Giuseppa, Caterina Gabriele e Giuseppina Gabriele, con un unico atto, a mezzo
del difensore di fiducia munito di procura speciale dei predetti terzi.
2.1. Con il primo motivo di ricorso il proposto denuncia la violazione di legge
in relazione all'art. 649 cod. proc. pen. per violazione del divieto di bis in idem
con riferimento al provvedimento con il quale il Tribunale di Palermo, in data
1.3.1999, aveva rigettato la proposta di applicazione della misura di prevenzione
personale avanzata nei confronti di Gabriele Giuseppe ritenendo insussistenti gli
indizi della partecipazione del proposto al sodalizio mafioso alla luce del
materiale investigativo posto a fondamento dell'ordinanza di custodia cautelare
emessa dal Gip del Tribunale di Palermo il 16.4.1997 per il reato di estorsione
aggravata. In particolare, il ricorrente contesta il carattere di novità delle
dichiarazioni dei collaboratori di giustizia - rispetto a quelle già rese da Lo Sicco
Innocenzo - e assume che tali dichiarazioni erano ben note, quanto meno al
pubblico ministero, già all'epoca della emissione della misura cautelare e,
comunque, erano conoscibili da parte del tribunale della prevenzione.
2.2. Vengono, altresì, dedotti la violazione di legge ed il vizio della
motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dei presupposti di legge per
l'applicazione della misura di prevenzione personale e patrimoniale.
Si lamenta, in primo luogo, che la pericolosità del proposto è stata desunta
in via presuntiva dalla condanna dello stesso per il reato di tentata estorsione e
concorso esterno in associazione mafiosa, senza alcuna verifica degli indizi
acquisti nel processo penale. Si rileva, in specie, che i collaboratori di giustizia
hanno escluso l'affiliazione del proposto alla consorteria criminale e si sono
2 formale del proposto e dei terzi intestatari Giuseppina Gabriele, Caterina limitati ad indicare il Gabriele come soggetto «vicino» ai fratelli Graviano;
non sono emersi, quindi, indizi idonei a sostenere la sussistenza di un contributo
concreto all'associazione mafiosa.
Il proposto contesta, poi, la valutazione dei giudici di merito in ordine alla
attualità della pericolosità, disancorata da qualsivoglia elemento di fatto tenuto
conto: che le circostanze poste a fondamento della condanna si collocano non
oltre il 1997, che i soggetti ai quali sarebbe stato legato si trovano in stato di
detenzione, che il Magistrato di sorveglianza di Ancona ha dichiarato cessata la con la sentenza di condanna.
Quanto alla misura patrimoniale della confisca, i ricorrenti assumono
l'insussistenza dei requisiti previsti dalla legge e lamentano l'omessa valutazione
da parte della Corte di appello dei rilievi difensivi che vengono ripercorsi.
In relazione alla ritenuta sproporzione tra beni acquistati e redditi prodotti,
si contesta la metodologia seguita dai periti avuto riguardo al mancato esame
degli anni dal 1974 al 1980, nonché, la mancanza dei flussi aziendali per cinque
anni, dal 1980 al 1984, relativi alla ditta individuale Sicilgrù; soltanto la corretta
indicazione delle risorse iniziali consente un esame attendibile dei flussi
successivi che, ad avviso dei ricorrenti, sono compatibili con i redditi dichiarati e
con l'acquisto dei beni confiscati.
Deducono, peraltro, che il preteso onere di allegazione di documentazione
risalente ben oltre i dieci anni previsto dalle disposizioni in materia civile è lesivo
del diritto di difesa. 2.3. Con il terzo ed il quarto motivo di ricorso viene denunciata la violazione di legge ed il vizio della motivazione in ordine alla applicazione della
misura dell'obbligo di soggiorno nel comune di residenza e della cauzione
quantificata in euro 500. 3. Con nota in data 14.3.2013 i ricorrenti ribadiscono le suddette doglianze
ancorandole agli arresti della giurisprudenza di legittimità. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. E' manifestamente infondato il primo motivo di ricorso con il quale 41i
denuncia la violazione del divieto di bis in idem.
E', invero, orientamento consolidando quello secondo il quale l'intangibilità
del giudicato in materia di prevenzione opera nei limiti della condizione rebus sic
stantibus, sicché detta intangibilità non impedisce né l'esame di nuove e diverse
circostanze, sopravvenute od emerse successivamente, anche se anteriori, né la 3 ,4 pericolosità del Gabriele, revocando la misura di sicurezza che era stata applicata valutazione nella nuova situazione di tutte le circostanze, comprese quelle della
precedente decisione, al fine di applicare una misura in precedenza negata od
anche una misura più grave di quella già inflitta (Sez. 1. n. 40323, 24/09/2008,
Infurna, rv. 241436; Sez. 1, n. 5649, 16/01/2002, Scamardo, rv. 221155; Sez.
1, n. 6521, 20/11/1997, Perreca). Così ch(d- diversamente da quanto opinato dal
ricorrente - la possibilità di rivalutazione dei presupposti alla luce di elementi di
fatto nuovi da parte del giudice della prevenzione non attiene esclusivamente
all'ipotesi di aggravamento di una misura già applicata, ma anche alla Tanto ribadito, la doglianza del ricorrente è palesemente infondata, atteso
che la Corte di appello sul punto ha precisato che gli elementi posti a
fondamento dell'ordinanza di custodia cautelare del Gip del Tribunale di Palermo,
esaminati nel precedente procedimento di prevenzione, avevano quale unica
fonte le dichiarazioni dell'imprenditore Lo Sicco Innocenzo - che aveva
denunciato le estorsioni subite dai componenti della famiglia mafiosa di
Brancaccio ed in specie dai Graviano - mentre gli elementi di fatto esaminati dal
tribunale che ha applicato la misura di prevenzione al Gabriele sono stati tratti
dalle convergenti dichiarazioni di più collaboratori di giustizia (Drago Giovanni,
Spataro Salvatore, Carra Pietro, Cannella Tullio, Garofalo Giovanni) che hanno
riferito del contributo costante del proposto al sodalizio, quale uomo di fiducia
dei fratelli Graviano, tanto che è stato condannato irrevocabilmente per il reato
di concorso esterno in associazione mafiosa e tentata estorsione aggravata con
riferimento a fatti commessi sino al novembre 1997.
Essendo, quindi, stati valutati elementi nuovi rispetto a quelli che avevano
indotto il tribunale a rigettare la predente proposta di applicazione della misura
di prevenzione, non vi è stata alcuna violazione del ne bis in idem. Che tali
elementi fossero noti al pubblico ministero - come ipotizza il ricorrente - non può
assumere alcun rilievo, dovendosi avere riguardo a quelli sottoposti alla
valutazione del giudice della prevenzione. Inoltre, il ricorrente non indica in cosa
si sostanzi la affermata «conoscibilità» di dette circostanze di fatto che,
comunque, non potrebbe avere alcuna conseguenza, atteso che la valutazione
del giudice della prevenzione deve essere fondata su elementi concreti che sono
stati effettivamente accertati. 2. Non rivestono alcun pregio i rilievi in ordine alla sussistenza di circostanze di fatto idonee a fondare il giudizio di pericolosità del Gabriele.
Ai fini dell'applicazione della misura di prevenzione personale l'accertamento
della pericolosità sociale prescinde dall'affermazione della penale responsabilità e
deve fondare su una valutazione da parte del giudice di elementi di fatto dai
quali si possa desumere, tenuto conto delle oggettive condotte di vita del
4 formulazione di un giudizio di pericolosità precedentemente ritenuto infondato. proposto, la pericolosità sociale dello stesso secondo le categorie cui la
normativa vigente riconduce l'applicabilità delle misure di prevenzione personali.
Con specifico riferimento alla pericolosità derivante dall'appartenenza ad un
sodalizio mafioso, il giudice deve indicare concrete circostanze di fatto,
oggettivamente valutabili e controllabili, che conducano ad un giudizio di
ragionevole probabilità circa l'appartenenza del proposto al sodalizio criminoso,
con esclusione di meri sospetti, illazioni e congetture. Ed è stato, altresì,
precisato che nell'area dei soggetti indiziati di appartenere ad associazioni «concorrenti esterni», inteso il concetto di appartenenza, in senso più ampio
rispetto a quello di partecipazione all'associazione, come inserimento all'interno
della struttura associativa delinquenziale (Sez. 2, n. 1023 del 16/12/2005,
Canino, rv. 233169).
Per quel che riguarda il Gabriele nel giudizio di primo e secondo grado è
stata operata un'autonoma ed ampia valutazione (p.18-24) degli elementi
indizianti acquisiti nel processo penale nel quale il predetto è stato
irrevocabilmente condannato per il reato di concorso esterno in associazione
mafiosa e tentata estorsione aggravata. E' stato sottolineato come, alla luce
delle univoche e convergenti dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, debba
ritenersi l'appartenenza del Gabriele al sodalizio mafioso per un lungo periodo,
avendo intrattenuto rapporti personali e di affari con esponenti di vertice, quali i
fratelli Graviano e Gaspare Spatuzza, contribuendo all'affermazione delle logiche
criminali del sodalizio che sfruttava anche a proprio vantaggio traendone utili di
impresa.
Invero, oltre all'intervenuta pronuncia irrevocabile sulla responsabilità
penale del proposto, non è, comunque, ammissibile in questa sede una diversa
lettura delle dichiarazioni dei collaboratori come proposta nel ricorso al quale,
peraltro, non sono state allegate le dichiarazioni cui si fa riferimento.
Sono, invece, ad avviso del Collegio, fondate le doglianze relative alla
valutazione dell'attualità della pericolosità.
La Corte costituzionale ha più volte ribadito che l'appartenenza di una
persona ad una delle categorie di soggetti cui può essere applicata la misura di
prevenzione secondo le vigenti disposizioni non è condizione sufficiente, essendo
richiesto che la condotta di vita evidenzi la pericolosità effettiva ed attuale e non
meramente potenziale del soggetto.
Se è vero che l'appartenenza ad una associazione di tipo mafioso evidenzia
di per sé una particolare pericolosità sociale, anche per gli indiziati di
partecipazione ad associazioni mafiose deve essere accertata la presenza, al
momento della valutazione finalizza all'applicazione della misura di prevenzione, 5 mafiose devono essere ricompresi anche coloro i quali vanno definiti di elementi sintomatici dell'attualità di una condotta di vita tale da legittimare
l'adozione delle misure personali.
Pertanto, il requisito dell'attualità della pericolosità sociale impone, quanto
meno che non sussistano elementi dai quali possa ragionevolmente desumersi
che l'inserimento nell'organizzazione sia venuto meno. Naturalmente, i diversi
livelli di adesione e di partecipazione si riverberano sulla individuazione degli
elementi in concreto sufficienti a desumere il successivo allontanamento
dall'organizzazione (Sez. 1, n. 17932, 10/03/2010, De Carlo, rv. 247053). Tanto mafioso.
Nella specie, la Corte di appello non ha fatto corretta applicazione dei
richiamati principi. Ha ritenuto, infatti, infondate le censure mosse dal Gabriele
in ordine alla attualità della pericolosità qualificata r alla luce della presunzione di
permanenza della stessa laddove siano accertati gli indizi di appartenenza al
sodalizio mafioso, affermando la irrilevanza dello specifico ruolo del ricorrente e
dell'epoca dei fatti risalenti al 1997. Ma soprattutto, la Corte territoriale ha
ricondotto l'attualità della pericolosità all'assoluta mancanza di resipiscenza
dell'interessato che non ha tratto da elementi concreti in ordine alla successiva
condotta di vita del Gabriele - che ha commesso soltanto l'ulteriore reato di
bancarotta fraudolenta nel lontano 1999 - bensì, dalla radicale negazione di ogni
addebito e dal «mancato avvio di un responsabile percorso di collaborazione
con l'autorità giudiziaria». Impregiudicata, evidentemente, l'autonomia di
giudizio, la Corte di appello ha, altresì, svalutato le circostanze di fatto relative
alla condotta successiva alla commissione del reato contenute nel provvedimento
con il quale il Magistrato di sorveglianza di Ancona, in data 12.12.2006, ha
revocato la misura di sicurezza applicata al Gabriele, affermando che non può
ritenersi accertata la totale revisione dello stile di vita «normalmente implicate
il rilascio di dichiarazioni aventi contenuto collaborativo, tale da lasciar ritenere
non più ragionevolmente prevedibile la reiterazione di condotte in favore
dell'associazione» ed ancora che «il rigoroso silenzio serbato dal proposto
sulle vicende dell'associazione mafiosa testimonia la sua fedeltà alla ferrea
regola dell'omertà».
Invero, se certamente l'allontanamento dal sodalizio può inferirsi
positivamente dalla intervenuta attività di collaborazione con la giustizia
dell'appartenente all'associazione (Sez. 2, n. 20612 del 16/04/2004, Viscardi, rv.
229525), la mancanza di una scelta di tal genere - che come quella confessoria
resta nella libera determinazione del soggetto - non può essere ritenuta
dirimente al fine di escludere il cambiamento della condotta di vita del proposto
ed affermare l'attualità della pericolosità qualificata. 6 vale anche, ed a maggior ragione, nell'ipotesi del concorrente esterno al sodalizio Sul punto, quindi, si impone l'annullamento del decreto impugnato con il
rinvio alla Corte di appello di Palermo la quale dovrà rivalutare la sussistenza del
presupposto dell'attualità della pericolosità del Gabriele alla luce dei predetti
principi. Restano, all'evidenza, assorbiti i rilievi mossi con il ricorso avuto
riguardo alla applicazione della misura dell'obbligo di soggiorno nel comune di
residenza ed alla entità della cauzione. nestn, stante la pregressa accertata pericolosità sociale, la mancanza di
attualità di detta pericolosità, pur escludendo la misura di prevenzione
personale, non preclude l'applicabilità della misura di prevenzione patrimoniale
alla luce delle modifiche normative introdotte dal d.l. n. 92 del 2008, convertito
nella I. n. 125 del 2008, e dalla I. n. 94 del 2009 per le quali il provvedimento
ablatorio reale può essere disposto disgiuntamente dalla misura di prevenzione
personale, laddove sia venuto meno il requisito dell'attualità della pericolosità e
sempre che ne sussistano i presupposti soggettivi. E' stato affermato, in più
occasioni, che il principio di reciproca autonomia tra le misure personali e
patrimoniali, previsto dall'art. 2 - bis, comma 6 bis, della legge 31 maggio 1965,
- n. 575, così come modificato dall'art. 2, comma 22 della 15 luglio 2009, n. 94,
consente l'irrogazione della confisca anche se non sia accolta la richiesta di
misure di prevenzione personale, per assenza del requisito dell'attualità della
pericolosità del proposto (Sez. 6, n. 1282 del 10/10/2012, Vittoriosi, rv.
254220).
Peraltro, pur consapevole dell'esistenza di contrasto giurisprudenziale sul
punto (Sez. 5, n. 14044 del 13/11/2012, Occhipinti, rv. 255043), il Collegio
ritiene che la previsione dell'applicazione della misura di prevenzione
patrimoniale disgiunta da quella personale non ne determini una diversa natura
giuridica, stante l'imprescindibile presupposto della pericolosità sociale che deve
essere necessariamente accertato ai fini dell'applicazione della misura
patrimoniale, ancorchè ne venga esclusa l'attualità. Ed anzi, è stato ritenuto che
il principio di reciproca autonomia tra le misure personali e patrimoniali consente
di applicare la confisca prescindendo dal requisito della pericolosità del proposto
al momento dell'adozione della misura, ma richiede che essa sia, comunque,
accertata con riferimento al momento dell'acquisto del bene oggetto della
richiesta ablatoria (Sez. 6, n. 10153 del 18/10/2012, Coli, rv. 254545).
Il permanere del legame con la pericolosità accertata del provvedimento
ablatorio di prevenzione consente di ribadire che la misura di prevenzione
patrimoniale è applicabile indipendentemente dalla misura personale, ai sensi
delle modifiche introdotte nel 2008 e nel 2009, anche con riferimento a fatti
anteriori alle predette modifiche normative, non ricorrendo il principio di
irretroattività, bensì, quello secondo il quale le misure di prevenzione, al pari
delle misure di sicurezza, possono essere applicate anche quando siano previste 7 "k" da una legge successiva al sorgere della pericolosità sociale ai sensi dell'art. 200
cod.pen. (Sez. 1, n. 5361 del 13/01/2011, Altavilla, rv. 249800; Sez. 1, n.
15813 del 03/10/2012, non massimata).
Del resto, anche la Corte EDU ha sempre negato la natura sanzionatoria
della misure di prevenzione previste dalle leggi italiane, anche della misura di
prevenzione patrimoniale della confisca, sulla base della loro natura preventiva
fondata sul giudizio di pericolosità sociale, diverso dal giudizio di colpevolezza.
Peraltro, pronunciando sul tema della misura di prevenzione patrimoniale, ha più cui al comma primo dell'art. 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione, che lascia
agli Stati il diritto di adottare "le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare
l'uso dei beni in modo conforme all'interesse generale", in ragione del legittimo
scopo perseguito, consistente nella politica di prevenzione della criminalità
(Corte Edu, 05/01/2010, Bongiorno, 04/09/2001, Riela, 05/07/2001, Arcuri). 3. Fatte tali precisazioni, possono essere esaminate le doglianze proposte
dai ricorrenti in ordine alla confisca dei beni ritenuti nella disponibilità del
Gabriele che, ad avviso del Collegio, si sostanziano in censure di fatto, in parte
generiche, volte alla mera rivalutazione di quanto è stato posto a fondamento
della decisione dei giudici di merito.
Nel provvedimento impugnato è stato dato atto dell'accertamento,
prevalentemente attraverso l'elaborazione da parte dei periti del tribunale dei
dati raccolti, di una notevole sproporzione tra il valore di tutte le utilità colpite
dal provvedimento ablatorio ed i redditi dichiarati di tutto il nucleo familiare del
Gabriele a partire dalla seconda metà degli anni '80, epoca compatibile con
l'esercizio dell'attività imprenditoriale svolta dal Gabriele in stretto collegamento
funzionale con il sodalizio mafioso e con modalità certamente illecite visti gli
apporti di capitali nelle imprese non giustificati dalle disponibilità finanziarie della
famiglia del proposto.
Quanto ai rilievi mossi in ordine agli esiti della perizia disposta dal tribunale cui viene fatto riferimento anche nel ricorso in esame - la Corte di appello,
all'esito della integrazione della predetta perizia, ha specificamente escluso
l'omissione dei dati relativi al primo periodo di esercizio dell'impresa individuale
del Gabriele, essendosi, peraltro, i periti attenuti alla documentazione
consegnata dal consulente di parte. Così come la Corte territoriale ha valutato le
doglianze difensive relative alla impossibilità di reperire la documentazione con
riferimento ad epoca remota, ribadendo correttamente i principi di diritto più
volte affermati da questa Corte in ordine all'onere di allegazione che grava sul
proposto al fine di superare l'evidente sproporzione tra valore dei beni acquisiti e
capacità economiche accertate. La Corte di merito ha, altresì, riportato le
8 volte affermato l'ammissibilità dell'ingerenza nel godimento dei diritti sui beni di conclusioni della integrazione della perizia che hanno contraddetto i rilievi
difensivi. Sono, all'evidenza, inammissibili in questa sede le contestazioni dei
ricorrenti volte a rimettere in discussione il merito della perizia che, peraltro, non
è stata allegata al ricorso, così come non sono stati indicati ed allegati elementi
idonei a contraddire la valutazione della Corte di appello. 4. Conclusivamente, il decreto impugnato deve essere annullato con rinvio
per nuovo esame alla Corte di appello di Palermo, limitatamente alla misura di P.Q.M. Annulla il decreto impugnato limitatamente alla misura di prevenzione
personale e rinvia per nuovo esame sul punto alla Corte di appello di Palermo.
Rigetta nel resto il ricorso. Così deciso, il 18 luglio 2013. prevenzione personale, mente il ricorso deve essere rigettato nel resto.