Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44322 del 10/09/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. F Num. 44322 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CASSANO MARGHERITA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ROMEO ANTONIO N. IL 07/05/1960
avverso l’ordinanza n. 1185/2012 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 11/05/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARGHERITA
CASSANO;
1/sentite le conclusioni del PG Dott.
332.1 L o

Udit iedifensopAvv.;

06,9-

QA3
ukt–r uue-112k

Data Udienza: 10/09/2013

Ritenuto in fatto.

1.

L’ l 1 maggio 2013 il Tribunale di Reggio Calabria, costituito ai sensi

dell’art. 310 c.p.p., rigettava l’appello proposto da Antonio Romeo – sottoposto alla

artt. 110, 416 bis c.p., 12 quinquies I. n. 356 del 1992 (capi g e g-bis), aggravati ai
sensi dell’art. 7 1. n. 203 del 1991 – avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di
Palmi che, il 7 dicembre 2013, aveva rigettato l’istanza di revoca della misura
stessa.
2.A Romeo si contesta di avere, quale concorrente esterno, fornito un contributo
all’associazione per delinquere di stampo mafioso capeggiata da Vincenzo Longo e
di essersi, in particolare, prestato all’intestazione fittizia della proprietà di due fondi
posti in contrada S. Rocco di Polistena, di due villette edificate sui medesime
terreni, nonché di quote societarie della s.r.l. “Corf’, di cui Longo manteneva
amministrazione e gestione.
3.11 Tribunale, affrontando il profilo della gravità indiziaria posto dalle ulteriori

allegazioni difensive, successive all’esaurimento della procedura di riesame,
osservava che l’istruttoria dibattimentale relativa alle modalità di aggiudicazione
dei lavori da parte di Romeo non aveva scalfito l’originaria prospettazione
accusatoria e che gli elementi fino a quel momento raccolti erano dimostrativi di un
consapevole e volontario contributo fornito da Romeo nella veste di concorrente
esterno alla vita dell’associazione che si avvaleva della sua qualità di imprenditore,
privo di precedenti esterni, della sua disponibilità all’intestazione fittizia di beni
immobili e attività societarie (nella disponibilità effettiva di Longo) e alla
redistribuzione a ditte riconducibili alla cosca di lavori, oggetto di appalti
aggiudicati dalla “s.r,l. Antronio Romeo e figli, per infiltrarsi nelle attività
economiche del territorio di Polistena. Ad avviso del Tribunale, quindi, Romeo
doveva ritenersi un imprenditore colluso, entrato in rapporto sinallagmatico con
l’associazione al fine di perseguire, oltre a quello del sodalizio, un proprio
vantaggio personale, ossia quello di imporsi sul territorio quale imprenditore in
posizione dominante.

1

misura cautelare personale degli arresti domiciliari in relazione ai delitti di cui agli

I giudici del riesame ritenevano che univoci elementi di responsabilità a carico
di Romeo in relazione ai delitti a lui contestati fossero desumibili dai seguenti
elementi: a) esito degli accertamenti svolti e contenuto degli atti di altri
procedimenti penali, nonché della procedura di prevenzione riguardanti le vicende
della “s.r.l. Corf’, le attività dalla medesima svolte, i successivi passaggi di
proprietà, i dipendenti della stessa, la sua effettiva riconducibilità a Vincenzo

significativamente divergenti in merito alla genesi e alle ragioni sottese
all’intestazione della “s.r.l. Corf” a Romeo; c) contenuto delle intercettazioni
telefoniche, evidenzianti l’impegno di Romeo nel favorire nei lavori di
sbancamento e movimento terra, svolti dalla sua impresa, le ditte e i mezzi
appartenenti alla cosca Longo, così come indicati dal capocosca e nella custodia dei
beni di pertinenza di Vincenzo Longo di cui aveva assunto l’intestazione fittizia per
scongiurare eventuali provvedimenti di sequestro e confisca in danno dello stesso
Longo, già ripetutamente proposto per l’applicazione di misure di prevenzione
personali e patrimoniali
Il Tribunale argomentava, inoltre, che il ricorrente, avendo preso accordi con i
Longo per favorirne la cosca e consapevole del contributo causale offerto al
rafforzamento dell’associazione, si avvantaggiava del suo rapporto con i Longo per
svolgere lavori sul territorio, garantendo al contempo alla “famiglia mafiosa” la
realizzazione di parte delle opere.
In merito all’episodio di danneggiamento perpetrato ai danni di Romeo durante
l’esecuzione di lavori per conto dell’imprenditore Papandrea, a seguito dell’omesso
interessamento del clan mafioso per la realizzazione di lavori all’interno di un
capannone industriale in territorio di Polistena, i giudici territoriali osservavano che
l’azione di danneggiamento (peraltro di lieve entità) era indice della non
appartenenza associativa di Romeo ed era anzi dimostrativa del suo concorso
esterno nell’associazione. Sottolineavano, inoltre, che il gesto aveva una funzione
dimostrativa non nei confronti di Romeo, bensì nei riguardi in danno di Papandrea,
responsabile di non avere accettato i preventivi che la cosca gli aveva fatto
recapitare in merito alla realizzazione di ulteriori opere nel cantiere.
Le esigenze cautelari venivano ritenute sussistenti, nonostante il lasso di tempo
trascorso, in considerazione dell’elevatissimo coefficiente di allarme sociale
promanante dal delitto di cui agli artt. 110, 416 bis c.p., che mina alle basi la libera
2

Longo; b) dichiarazioni rese dall’indagato e da Michele Fidale, fra loro

e civile convivenza della comunità, nonché delle gravi condotte contestate ai capi
g) e g-bis) della rubrica, finalizzate ad agevolare l’associazione di stampo mafioso.
4.Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il
difensore di fiducia, Romeo, il quale formula le seguenti doglianze.
Deduce contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con
riferimento alla ritenuta assenza di una valenza innovativa delle risultanze

dell’istruttoria dibattimentale dinanzi al Tribunale di Palmi e alla natura
congetturale delle argomentazioni svolte circa il danneggiamento subito da Romeo
durante l’esecuzione dell’opera commissionata dai fratelli Papandrea, del tutto
incompatibile con il ruolo di concorrente esterno nell’associazione di stampo
mafioso.
Lamenta, inoltre, illogicità della motivazione in relazione alla sussistenza delle
esigenze cautelari, tenuto conto del significato tempo trascorso dai fatti,
dell’intervenuto arresto dei membri della consorteria mafiosa, del regolare
comportamento tenuto dall’imputato in costanza del regime di arresti domiciliarti,
concessi in considerazione delle precarie condizioni di salute, incompatibili con la
detenzione in carcere.

Osserva in diritto.

Il ricorso è fondato.
1.0ccorre premettere che la preclusione all’esame della domanda cautelare
derivante dall’esaurimento di una pregressa procedura incidentale de libertate può
essere superata soltanto sulla base della sopravvenienza di fatti nuovi idonei a
giustificare la rivalutazione di quelli già apprezzati e a rendere possibile la revoca o
la modifica della misura cautelare originariamente disposta ed applicata (Sez. 1, n.
19521 del 15 aprile 2010; Sez. 1, n. 15906 del 19 gennaio 2007).
2.Nel caso di specie il Tribunale del riesame, dopo avere richiamato (cfr. f. 2
dell’ordinanza impugnata) il “giudicato cautelare” formatosi a seguito del rigetto
del ricorso proposto avverso l’ordinanza pronunziata ai sensi dell’art. 309 c.p.p., ha
rivalutato, ai fini dell’apprezzamento della sussistenza dei presupposti per il
mantenimento della custodia cautelare degli arresti domiciliari, il quadro di gravità
indiziaria all’esito della produzione, da parte della difesa, della trascrizione delle
dichiarazioni rese da Papandrea e dagli ufficiali di polizia giudiziaria nell’ambito
3

(testimonianza di Papandrea, deposizioni degli ufficiali di polizia giudiziaria)

del dibattimento in corso dinanzi al Tribunale di Palmi. In tale contesto, dopo
un’ampia disamina di tutte le risultanze acquisite (intercettazioni telefoniche, esito
delle indagini effettuate in merito alle vicende societarie della “s.r.l. Corf’, alle
attività dalla medesima gestite, ai sub-appalti concessi da Romeo a ditte vicine alla
cosca Longo, dichiarazioni rese da Antonio Romeo e da Michele Fidale) ha ritenuto
che il materiale probatorio raccolto in merito al danneggiamento posto in essere ai

Papandrea non fosse idoneo a incidere sulla gravità e univocità del quadro
indiziario.
Le considerazioni in proposito svolte (cfr. in particolare ff. 14-15) sono
connotate da intrinseca illogicità e contraddittorietà e sono frutto dell’erronea
applicazione di massime di esperienza.
In primo luogo l’ordinanza impugnata ha omesso di spiegare la conciliabilità
logica tra il contestato ruolo di concorrente esterno nel sodalizio di stampo mafioso
capeggiato da Vincenzo Longo e l’accettazione in proprio, da parte di Romeo e
senza previo interessamento della cosca, di un lavoro di interesse
dell’organizzazione mafiosa riconducibile a Longo, secondo quanto risulta dallo
stesso testo del provvedimento oggetto del presente ricorso.
Inoltre i giudici, pur riconoscendo che l’azione di danneggiamento aveva
interessato anche mezzi di Romeo, non hanno illustrato gli specifici elementi che
consentivano di affermare che il gesto fosse in realtà rivolto ad intimidire
unicamente Papandrea, pur in presenza di un danno prodotto anche ad un’altra ditta,
come appunto quella di cui era titolare Romeo.
Infine hanno fatto ricorso ad argomentazioni meramente apodittiche e a
massime di esperienza non comprovate per giungere alla conclusione che il
danneggiamento dei mezzi di Romeo fosse compatibile con il ruolo da lui rivestito
di concorrente esterno nell’associazione mafiosa capeggiata da Vincenzo Longo.
Gli aspetti sinora illustrati incidono, quindi, sulla complessiva coerenza e tenuta
logica del discorso giustificativo della decisione in ordine alla perdurante gravità
del quadro indiziario in ordine al delitto di cui agli artt. 110, 416 bis c.p. pur dopo
l’acquisizione nella presente procedura de libertate delle dichiarazioni rese da
Papandrea e dagli ufficiali di polizia giudiziaria nell’ambito del dibattimento
pendente dinanzi al Tribunale di Palmi.

4

danni di Romeo durante l’esecuzione di lavori per conto dell’imprenditore

2.1 vizi che caratterizzano la motivazione sotto il profilo di cui all’art. 273 c.p.p.

si riverberano inevitabilmente anche sulla sussistenza delle esigenze cautelari che il
Tribunale del riesame ha desunto, con particolare riferimento al delitto di concorso
esterno in associazione di stampo mafioso, da un quadro di gravità indiziaria
oggetto – come già detto – di una valutazione manchevole, contraddittoria e
caratterizzata dall’adozione di non comprovate massime di esperienza.
Di conseguenza anche al riguardo s’impone un nuovo esame da parte del

cautelari in ordine a tutti i reati contestati a Romeo sia, in subordine, in relazione ai
delitti di cui ai capi g) e g bis) della rubrica, qualora non si ritenesse tuttora
configurabile un quadro di gravità indiziaria circa il delitto di concorso esterno in
associazione di stampo mafioso.
3.Per tutte queste ragioni s’impone l’annullamento dell’ordinanza impugnata
con rinvio degli atti per nuovo esame al Tribunale di Reggio Calabria.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Reggio
Calabria.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 10 settembre 2013.

Tribunale di Reggio Calabria sia con riferimento alla permanenza delle esigenze

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA