Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44303 del 02/10/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 44303 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: LOMBARDI ALFREDO MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Saluci Antonino, nato a Gela il 20/02/1989

avverso l’ordinanza in data 16/04/2013 del Tribunale di Caltanisetta

visti gli attì, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alfredo Maria Lombardi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Nicola
Lettieri, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Caltanisetta, giudicando a
seguito di annullamento con rinvio dalla Corte Suprema di cassazione, in parziale
accoglimento dell’istanza di riesame presentata da Saluci Antonino avverso
l’ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Gela in data 18/09/2012, ha sostituito la
misura cautelare degli arresti domiciliari, applicata al Saluci quale indagato del
reato di cui all’art. 73 del DPR n. 309/1990, con quella dell’obbligo di
presentazione presso la Stazione dei C.C. di Gela.

Data Udienza: 02/10/2013

Risulta in punto di fatto che il Saluci era stato sorpreso dai C.C. alla guida di
un ciclomotore, a bordo del quale vi era anche tale Torna Catalin Florin trovato in
possesso di tre dosi di marijuana. A seguito di una successiva perquisizione nella
abitazione del Saluci erano state trovate altre tredici dosi di sostanza
stupefacente della stessa natura.
L’ordinanza, annullata da questa Corte, aveva affermato la sussistenza di
gravi indizi di colpevolezza del reato di detenzione delle sostanze stupefacenti
finalizzata alla cessione a terzi a carico degli indagati, risultando altamente

provenienza, in considerazione delle modalità del confezionamento e della stessa
tipologia della sostanza stupefacente, e che i due correi avessero portato con sé
parte della marijuana per l’attività di spaccio. Il Tribunale aveva inoltre escluso
che la sostanza stupefacente in sequestro fosse destinata all’uso personale degli
indagati.
La sentenza di questa Corte aveva ravvisato una carenza di motivazione
nella predetta ordinanza in punto di accertamento della riconducibilità della
marijuana trovata in possesso del Torna al maggior quantitativo rinvenuto
nell’abitazione del Saluci. La Corte di cassazione, in particolare, aveva censurato
le argomentazioni del giudice di merito sul punto, osservando che dalla stessa
ordinanza emergeva che erano ancora in corso le analisi tossicologiche
finalizzate ad accertare la natura delle sostanze stupefacenti e che il Tribunale
aveva inoltre omesso di esaminare le doglianze, con le quali il difensore
lamentava di non aver potuto visionare i corpi di reato, sicché non gli era stato
possibile sviluppare critiche alla valutazione dei giudici di merito.
Con la impugnata ordinanza il Tribunale ha confermato il giudizio già
espresso nel provvedimento annullato in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di
colpevolezza del reato di cui all’art. 73 del DPR n. 309/90 a carico dell’indagato,
da riferirsi quanto meno alle tredici dosi di marijuana rinvenute nella sua
abitazione. Si è osservato inoltre che dalle risultanze delle analisi tossicologiche
espletate nelle more era emerso che le sostanze stupefacenti sequestrate
rispettivamente al Torna ed al Saluci provenivano dalla stessa partita di droga, in
considerazione dell’analogo tasso di concentrazione del principio attivo e della
sostanziale sovrapponibilità delle curve di analisi.

2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso personalmente il Saluci, che la
denuncia per violazione dell’art. 273 c.p.p., nonché mancanza e contraddittorietà
della motivazione anche in relazione alla documentazione allegata al ricorso.
In sintesi, si deduce che il modesto quantitativo di sostanza stupefacente
rinvenuto nell’abitazione dell’imputato doveva ritenersi compatibile con l’uso
personale della stessa da parte del Saluci, la cui tossicodipendenza era provata
2

probabile che le due partite di droga sequestrate avessero la medesima

dalla allegata certificazione proveniente dal Sert di Gela. Né il confezionamento
della marijuana in singole dosi, costituisce elemento indiziario della destinazione
allo spaccio, essendo stata così acquistata dal suo fornitore. Nell’abitazione
dell’imputato inoltre non sono stati trovati strumenti da taglio, bilancini o somme
di danaro e, peraltro, la droga non risultava occultata, essendo custodita in una
scatola per le scarpe poggiata sul comodino. Si contesta, poi, che dalle risultanze
delle analisi tossicologiche emerga la omogeneità della marijuana trovata in
possesso del Torna con quella rinvenuta nell’abitazione del Saluci, essendo

sovrapponibili, mentre risultavano anche diversi gli involucri in cui erano
contenute. Su tali punti si denuncia, quindi, carenza di motivazione ed illogicità
della impugnata ordinanza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso non è fondato.
2. Costituisce consolidato principio di diritto che il vizio di mancanza o
illogicità della motivazione dell’ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza
dei gravi indizi di colpevolezza non può essere sindacato dalla Corte di
legittimità, quando non risulti “prima facie” dal testo del provvedimento
impugnato, restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della
razionalità della motivazione sulle questioni di fatto. (Sez. 2, Sentenza n. 56 del
07/12/2011, Siciliano, Rv. 251761; massime precedenti conformi: n. 2950 del
1992 Rv. 191940; n. 1700 del 1998 Rv. 210566).
Orbene, il giudice di merito ha effettuato la verifica richiesta dalla sentenza
di annullamento di questa Corte in ordine alla riconducibilità della sostanza
stupefacente trovata in possesso del Torna a quella rinvenuta nella abitazione del
Saluci all’esito delle analisi espletate, esprimendo un giudizio di altissima
probabilità che tutta la sostanza stupefacente provenisse da un’unica partita, in
considerazione del tasso di concentrazione del principio attivo (rispettivamente
4,0 e 4,2) e della sostanziale sovrapponibilità delle curve di analisi.
Giudizio di merito che non può essere censurato mediante la prospettazione,
in sede di legittimità, di diverse conclusioni in punto di fatto.
3. Peraltro, il Tribunale del riesame ha altresì affermato che le tredici dosi di
marijuana rinvenute nell’abitazione dell’imputato erano evidentemente destinate
allo spaccio, in considerazione delle modalità di confezionamento, e che il loro
possesso non poteva trovare giustificazione nella condizione dell’imputato di
persona dedita all’abuso cronico di cannabinoidi, tenuto anche conto del
precedente specifico e dell’esistenza di un carico pendente della stessa natura,

3

diverse le concentrazioni del THC e le curve di analisi simili, ma non

con valutazione di merito che si sottrae anche essa al sindacato in sede di
legittimità.
Non sussistono, pertanto, i denunciati vizi di motivazione del provvedimento
impugnato in ordine alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a
carico dell’imputato in relazione al reato per il quale è stata disposta la misura
cautelare.
Il ricorso deve essere, perciò, rigettato con le conseguenze di legge.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 02/10/2013.

P.Q.M.

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