Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44289 del 16/07/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 44289 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ROSI ELISABETTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BOTTURA UMBERTO N. IL 22/03/1944
avverso l’ordinanza n. 186/2013 TRIB. LIBERTA’ di VENEZIA, del
08/03/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ELISABETTA ROSI;
lette’sentite le conclusioni del PG Dott. t042tLC
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u t i difensor Avv.;
U-4

Data Udienza: 16/07/2013

4,
,

RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Venezia, con ordinanza in data 8 marzo 2013, in sede di appello
cautelare, ha confermato l’ordinanza del 29 gennaio 2013 emessa dal G.U.P.
presso il Tribunale di Vicenza, che aveva rigettato l’istanza di revoca o di
sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con una meno
afflittiva, disposta nei confronti di Bottura Umberto, indagato per una serie di
reati tributari quali indicati nei capi di imputazione provvisori dell’ordinanza
impugnata (artt. 4, 5, 8 e 10 D.Igs n. 74 del 2000, in relazione agli anni 2006-

vari società che commerciavano pellami, aventi sede in Italia ed all’estero,
mediante le quali veniva evasa VIVA).
2. L’indagato ha proposto ricorso per cassazione tramite il proprio difensore,
chiedendo l’annullamento dell’ordinanza per i seguenti motivi: 1) Violazione di
legge degli artt. 299 c.2 , in relazione agli artt. 274 lett. c) e 275 c.p.p., per
carenza delle esigenze cautelari giustificatrici del provvedimento, infatti
l’ordinanza di applicazione della misura cautelare in carcere, che era stata
oggetto di Riesame, era stata confermato solo sulla base del pericolo di
reiterazione del reato e non in riferimento all’esigenza di cui alla lettera b)
dell’art. 274 c.p.p., ossia per il pericolo di fuga, che era stato addirittura escluso
dai giudici del riesame che avevano affermato che lo stesso non poteva essere
desunto dal fatto che l’indagato ha stabile dimora all’estero dal 2008. La
reiterazione del reato era stata valutata nel 2011 dal G.I.P. sulla base
dell’attività posta in essere dal Bottura per il tramite della società francese Le
Cuir Impex (dove lo stesso era stato amministratore fino al 2009), ma invero il
Bottura non è stato rinviato a giudizio in riferimento al ruolo seppure di fatto
rivestito in tale società, per cui non vi sarebbe più alcuna attualità e specificità
delle esigenze cautelari, atteso che l’indagato è ormai settantenne; 2) Violazione
ex art. 606 lett. e) c.p.p., per carenza di motivazione circa la idoneità e la
proporzionalità della misura disposta ed omessa motivazione sull’inadeguatezza
dei ogni altra misura cautelare.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Osserva la Corte che il ricorso è infondato.
Innanzitutto, per quanto riguarda i limiti di sindacabilità in questa sede dei
provvedimenti “de libertate”, si deve ricordare che la Corte di Cassazione non ha
alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende dei
giudizi a quibus (ivi compreso lo spessore degli indizi), né di rivalutazione delle
condizioni soggettive dell’indagato in relazione alle esigenze cautelari ed alla
adeguatezza delle misure, trattandosi di apprezzamenti di merito rientranti nel
compito esclusivo dei giudici del merito. Il controllo di legittimità è quindi

2010, in relazione al ruolo di amministratore di fatto ricoperto dall’indagato in

circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un lato,
le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, dall’altro, l’assenza di illogicità
evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del
provvedimento (cfr, da ultimo, Sez. 2, n. 56 del 7/12/2011, dep. 4/1/2012,
Siciliano, Rv. 251760). In particolare, il controllo di legittimità in relazione alle
esigenze cautelari ed alla adeguatezza delle misure non può riguardare
l’apprezzamento del giudice di merito sulle condizioni soggettive dell’imputato,
per cui non sono consentite le censure, che pur investendo formalmente la

circostanze esaminate.
2. D’altra parte è stato precisato che il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza
emessa in sede di appello cautelare è proponibile solo per violazione di legge,
per cui non possono essere dedotti con tale mezzo di impugnazione vizi della
motivazione, quali la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione,
separatamente previste come motivo di ricorso dall’art. 606, lett. e) c.p.p. (cfr.
Sez. 1, n. 40827 del 27/10/2010, Madio, Rv. 248468).
3. Nel caso di specie deve essere rilevato che l’ordinanza oggetto della presente
impugnazione è immune dai vizi lamentati ed è sorretta da logica e corretta
argomentazione motivazionale, in quanto il Tribunale – che ha anche riassunto
nella motivazione gli elementi di solida gravità indiziaria già posti a base del
provvedimento genetico e non posti in discussione nel presente ricorso – non ha
affatto motivato con mere clausole di stile il provvedimento di rigetto, ma ha
ampiamente dato conto delle ragioni che l’hanno condotto a confermare il
giudizio espresso dal GUP di Vicenza, posto a base del rigetto dell’istanza di
sostituzione della misura cautelare con quella degli arresti domiciliari, spiegando
come, tenuto conto del rinvio a giudizio, la prognosi sulla sussistenza delle
esigenze cautelari per il mantenimento in custodia in carcere, a garanzia del
rischio di reiterazione de reati, non potesse dirsi modificata, non solo a seguito di
una dettagliata analisi della reiterazione, e pervicacia dei comportamenti
delittuosi posti in essere mediante l’allestimento di c.d. “cartiere” per circa un
quinquennio, ma anche in considerazione della formale dichiarazione di latitanza
del 10 aprile 2012, che è certamente circostanza ben diversa dalla mera
considerazione dell’esistenza di un domicilio all’estero dell’indagato. Del resto il
Collegio dell’appello cautelare ha dato atto della mancanza da parte del
ricorrente di una qualunque possibilità di disporre in sostituzione della custodia in
carcere la misura degli arresti domiciliari per la mancanza di una qualunque
disponibilità di chicchessia ad ospitare l’indagato.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ex art. 616 c.p.p.

motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 16 luglio 2013.

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