Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44281 del 15/10/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 44281 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: RAMACCI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GAMBACCI FRANCESCO N. IL 27/02/1945
avverso l’ordinanza n. 2453/2012 CORTE APPELLO di MILANO, del
31/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCA RAMACCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. /1. U. ”
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

6

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Data Udienza: 15/10/2013

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Milano, con ordinanza del 21.5.2012, ha dichiarato
inammissibile, per genericità dei motivi, l’appello proposto da

Francesco

GAMBACCI avverso la sentenza in data 18.2.2011 del Tribunale di Varese Sezione Distaccata di Luino, con la quale era stato riconosciuto responsabile dei

dei danni in favore della costituita parte civile.
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione.

2. Con un unico motivo di ricorso deduce la violazione degli artt. 581 e 591
cod. proc. pen., osservando che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte
territoriale, con l’atto di impugnazione erano state effettivamente dedotte due
distinte questioni, una concernente la limitata offensività degli illeciti contestati,
da valutarsi ai fini della concreta determinazione della pena e l’altra riguardante
la sussistenza dei presupposti per la liquidazione del danno morale alla parte
civile costituita, cosicché non potrebbe affermarsi che l’impugnazione medesima
non contenesse la corretta individuazione delle censure mosse alla sentenza di
primo grado.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
In data 28.6.2013 la difesa della parte civile ha depositato memoria con la
quale rileva la manifesta infondatezza del ricorso, chiedendo che ne vanga
dichiarata l’inammissibilità.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
La Corte territoriale, premesso un richiamo ai principi espressi da questa
Corte in tema di requisiti di ammissibilità dell’appello, ha ritenuto che
l’impugnazione presentata dall’imputato ne fosse priva in quanto meramente
ripetitiva delle deduzioni difensive sottoposte all’attenzione del primo giudice e
mancante di riferimenti concreti alla decisione impugnata, oltre che connotata da
genericità.

4. In tema di ammissibilità dell’appello, questa Corte ha avuto modo di

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reati di cui agli artt. 110, 348 e 349 cod. pen. e condannato anche al risarcimento

chiarire che la formulazione dei motivi di appello, sebbene libera, presuppone la
chiara indicazione delle ragioni di fatto e di diritto su cui si fondano le censure,
con conseguente delimitazione dell’oggetto dell’atto di gravame al fine di evitare
impugnazioni generiche o dilatorie, ritenendo pertanto insufficienti, a tale scopo,
la semplice menzione di un articolo del codice o la prospettazione di astratte
plurime spiegazioni che possono essere date di un comportamento dei soggetti
coinvolti nella vicenda processuale, ritenendosi necessaria l’indicazione delle
ragioni per cui si ritiene errata la valutazione effettuata dal giudice di prime cure

2011. Conf. Sez. VI n. 1770, 15 gennaio 2013), ovvero la richiesta che il giudice
dell’impugnazione proceda a rivedere la decisione del primo giudice (Sez. VI n.
27068, 11 luglio 2011).
Nelle richiamate decisioni si affermava, altresì, come dovesse escludersi che,
nel giudizio di appello le esigenze di specificità dei motivi siano attenuate
rispetto al giudizio di cassazione in ragione in ragione della competenza a
rivalutare anche il fatto e ciò in quanto, trattandosi di impugnazione devolutiva, il
conseguente giudizio deve svolgersi entro l’ambito delineato dall’appellante
investendo il giudice d’appello con il mezzo d’impugnazione e ciò tanto al fine di
circoscrivere l’ambito dei poteri del giudice quanto di evitare impugnazioni
dilatorie, che impegnano inutilmente e dannosamente le risorse giudiziarie e che
concorrono ad impedire la realizzazione del principio della ragionevole durata del
processo.
Successivamente si è prospettata la necessità di valutare la specificità dei
motivi di appello alla luce del principio del « favor impugnationis» e, pertanto, con
minor rigore rispetto al giudizio di legittimità, avuto riguardo alle peculiarità di
quest’ultimo (Sez. IV n. 48469, 28 dicembre 2011) e si è ritenuto ammissibile
l’appello nel quale sia individuabile il «punto» che si intende devolvere alla
cognizione del giudice con riferimento alla motivazione della sentenza
impugnata, ai motivi di dissenso dalla decisione appellata e all’oggetto della
diversa deliberazione sollecitata al giudice del gravame (Sez. I n.471, 8 gennaio
2013).
Si è poi ulteriormente precisato che l’inammissibilità dell’appello per
genericità dei motivi di impugnazione non può essere dichiarata quando
l’impugnazione prospetti le medesime questioni già esaminate e disattese dal
primo giudice proponendo la rivalutazione del compendio probatorio, in quanto il
carattere peculiare dell’appello lo consente, seppure nei limiti del devoluto (Sez.
III n. 1237, 10 gennaio 2013)
Tale ultimo principio è stato successivamente ribadito (Sez. III n. 1470, 11
gennaio 2013), con l’ulteriore rilievo della inconferenza dei richiami al principio di

2

delle prove legittimamente acquisite nel dibattimento (Sez. VI n. 21873, 1 giugno

ragionevole durata del processo – osservando che esso non può comportare la
negazione del diritto di ottenere un nuovo pieno giudizio di merito in appello e
ricordando come la Corte costituzionale abbia precisato che la ragionevole durata
del processo «assicura anche che esso duri per il tempo necessario a consentire
un adeguato spiegamento del contraddittorio e l’esercizio del diritto di difesa»
(sent. n. 281 del 2010) – ed all’esigenza di non impegnare risorse giudiziarie
anche economiche al fine di negare il diritto ad un giudizio di appello in

5. Ciò posto, ritiene il Collegio che debba essere comunque riconosciuta la
necessità di una valutazione dell’ammissibilità dell’appello che tenga certamente
conto del principio del «favor impugnationis», salvaguardando però l’esigenza di
una adeguata indicazione delle questioni sottoposte all’esame del giudice del
gravame, ancorché il loro contenuto sia ricavabile dal complessivo tenore
dell’atto.

6.

Nella fattispecie, deve rilevarsi che l’atto di appello presentato

nell’interesse dell’odierno ricorrente , il cui esame non è precluso a questa Corte,
stante la natura della questione trattata, presenta inequivocabilmente i requisiti
di ammissibilità che la Corte territoriale ha escluso, censurando la mancata
concessione delle attenuanti generiche, che il primo giudice aveva giustificato in
ragione dei precedenti specifici e la pervicacia dimostrata nella violazione della
legge, mediante l’indicazione dei motivi che lo avrebbero indotto all’esercizio
abusivo della professione di odontoiatra ed alla successiva violazione di sigilli,
individuando in essi la ragione per l’irrogazione di una pena maggiormente
contenuta e vicina al minimo edittale.
L’ulteriore doglianza formulata con l’impugnazione riguarda, invece, la
liquidazione dei danni alla parte civile e contiene riferimenti a principi espressi
dalla giurisprudenza di legittimità che, assume l’appellante, non sarebbero stati
presi in considerazione dal primo giudice.
Si tratta, in definitiva, di un atto di impugnazione che ha ben delineato le
questioni da sottoporre al giudice del gravame ed illustrato adeguatamente le
argomentazioni poste a sostegno delle censure e che risulta, pertanto,
perfettamente rispondente ai requisiti di forma di cui all’art. 581 cod. proc. pen.

7. L’ordinanza impugnata deve dunque essere annullata senza rinvio, con
trasmissione degli atti alla Corte d’appello di Milano per il giudizio di merito
sull’appello.

3

contraddittorio.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata ed ordina la trasmissione degli
atti alla Corte d’appello di Milano per il giudizio di merito sull’appello.

Così deciso in data 15.10.2013

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