Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44280 del 15/10/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 44280 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: RAMACCI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
OPERTI FRANCESCO N. IL 18/10/1940
avverso la sentenza n. 51/2012 TRIBUNALE di CUNEO, del
12/07/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCA RAMACCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott…1•Ph&akAgo
che ha concluso per ,4,,u,agaxx.„…ro
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

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Data Udienza: 15/10/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Cuneo, in composizione monocratica, con sentenza del
12.7.2012 ha affermato la penale responsabilità di

Francesco OPERTI, che

condannava alla pena dell’ammenda, in ordine al reato di cui agli artt. 81 cpv,
110 cod. pen. e 16, comma 2 d.lgs. 59\2005 perché, quale responsabile per le

osservava le prescrizioni dell’autorizzazione integrata ambientale rilasciata dalla
Provincia di Cuneo con determinazione n.703 del 20 luglio2007 e, segnatamente:
1) ometteva di dare comunicazione all’ente autorizzante delle modifiche
introdotte circa le modalità tecnico operative relative al sistema di trattamento di
gestione del fango di depurazione; 2) effettuava il trasporto di fanghi con
consistenza palabile (CER 02.02.04) senza annotare le movimentazioni relative
sul registro di carico e scarico dei rifiuti e senza compilare i formulari di
identificazione relativi al trasporto presso l’area di stoccaggio; 3) ometteva di
attuare le prescrizioni integrative adottate dalla Provincia di Cuneo con nota
prot.20054 dell’8 aprile 2008, relative alla realizzazione di un unico collettore per
il convogliamento dei rifiuti in fognatura ed all’installazione di una lente
idrometrica; 4) ometteva di installare il misuratore di portata presso il punto di
scarico (in Centallo, fino al 22 gennaio 2009).
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione.

2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge rilevando,
con riferimento alla contestazione di cui al punto 1 dell’imputazione, che tra le
prescrizioni imposte con l’autorizzazione integrata ambientale non figurerebbe
quella di comunicare all’ente autorizzante le modifiche introdotte circa le
modalità tecnico operative riguardanti il sistema di trattamento del fango di
depurazione.
Tale dovere, aggiunge, è semmai previsto dall’art. 10 del d.lgs. 52\2009, la
cui inosservanza non risulta però assoggettata ad alcuna sanzione.

3. Con un secondo motivo di ricorso denuncia la violazione di legge in
relazione alla contestazione di cui al punto 2 dell’imputazione, rilevando che, in
merito alla condotta contestata non si rinviene alcuna specifica prescrizione
nell’autorizzazione rilasciata, la quale si limita a richiamare le disposizioni di cui
al d.lgs. 152\06, la cui inosservanza era peraltro soggetta a mera sanzione
amministrativa.

1

deleghe in materia ambientale della Operti s.n.c. di Operti Francesco & C., non

4. Con un terzo motivo di ricorso lamenta la violazione di legge con
riferimento al punto 3 dell’imputazione, rilevando che la nota prot. 20054 dell’8
aprile 2008, come emerge dal tenore letterale della stessa, avrebbe natura di
mera comunicazione e non anche di prescrizione.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

5. Il ricorso è inammissibile.
Con il d.lgs.18 febbraio 2005, n.59 è stata data completa attuazione alla la
direttiva 96\61\CE sulla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento
(IPPC), inizialmente recepita solo in parte con il D.Lv. 4 agosto 1999 n. 372, che
riguardava esclusivamente gli impianti esistenti (secondo la definizione datane
nel decreto medesimo), rinviando ad altro momento il completo recepimento
della direttiva comunitaria e che, con l’entrata in vigore del d.lgs. 59\2005,
veniva abrogato, fatto salvo quanto previsto all’articolo 4, comma 2.
Il d.lgs. 59\2005 veniva poi abrogato con il «terzo correttivo» al d.lgs. 152\06
(d.lgs. 29 giugno 2010 n.128) con il quale si provvedeva alla trasposizione, con
sostanziali modifiche, della relativa disciplina nella Parte Seconda del d.lgs.
152\06, effettuando anche il coordinamento, prima mancante, delle procedure di
VIA ed AIA.
Il d.lgs. 59\2005, vigente all’epoca dei fatti, prevedeva misure atte ad evitare
o, qualora non sia possibile, ridurre le emissioni di determinate attività (descritte
nell’allegato 1) nell’aria, nell’acqua e nel suolo, comprese le misure relative ai
rifiuti ed a conseguire un livello elevato di protezione dell’ambiente, nel suo
complesso, adottando le migliori tecnologie disponibili.

6. Le finalità della menzionata direttiva comunitaria, fatte proprie dal
legislatore nazionale, erano evidentemente orientate dalla necessità di prevedere
una visione globale dei problemi connessi alla prevenzione e riduzione
dell’inquinamento, adottando procedure che, oltre ad essere semplificate,
consentissero una verifica complessiva della situazione relativa ad un
determinato impianto.
Veniva così previsto un unico procedimento autorizzatorio per il singolo
impianto, eliminando la necessità per il gestore dello stesso di conseguire più
autorizzazioni per lo svolgimento di una singola attività. L’autorizzazione

2

CONSIDERATO IN DIRITTO

conseguita sostituiva ad ogni effetto ogni altro visto, nulla osta, parere o
autorizzazione in materia ambientale, previsti dalle disposizioni di legge e dalle
relative norme di attuazione, fatte salve la normativa contenuta nel D.Lv. 334\99
in tema di rischi da incidente rilevante e le autorizzazioni ambientali previste
dalla normativa di recepimento della direttiva 2003\87\CE.
Le caratteristiche dell’autorizzazione integrata ambientale erano stabilite
dall’art. 7 del d.lgs. 59\2005, il quale conteneva, al comma 9, una norma di
chiusura con la quale si prevedeva che l’autorizzazione potesse contenere anche

ampliando in modo rilevante il possibile ambito di operatività dell’autorizzazione.

7. L’inosservanza delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione integrata
ambientale e di quelle eventualmente imposte dall’autorità competente era
sanzionata penalmente dall’art. 16, comma 2 del decreto legislativo in esame ed
è proprio di plurime violazioni di tale disposizione che l’odierno ricorrente è stato
chiamato a rispondere.
La previsione, da parte del legislatore, della possibilità, per l’autorità
procedente, di imporre specifiche prescrizioni trova evidentemente
giustificazione nella necessità di adeguare i contenuti dell’atto autorizzatorio alle
specifiche caratteristiche dell’insediamento ed assicurare una prevenzione
dell’inquinamento calibrata sulle singole realtà locali, come emerge chiaramente
dal tenore dell’art. 3 del d.lgs. 59\2005.
Tale situazione rende altrettanto evidente che non è affatto possibile
prevedere, sulla base del solo contenuto della norma, quali possano essere, in
concreto, i contenuti delle prescrizioni imposte nel singolo atto autorizzatorio, dal
cui esame non può pertanto prescindersi.
Tale attività è stata effettuata dal giudice del merito, il quale, sulla base della
documentazione posta a sua disposizione e delle dichiarazioni dei testimoni
escussi nel corso dell’istruzione dibattimentale, ha ritenuto che le condotte
descritte nel capo di imputazione configurassero violazione di specifiche
prescrizioni contenute nell’atto autorizzatorio.

8. A fronte di ciò, il ricorrente, con argomentazioni peraltro del tutto
svicolate dai contenuti della sentenza impugnata, denunciando la violazione di
legge, formula censure la cui valutazione presupporrebbe l’esame, da parte di
questa Corte, dell’atto autorizzatorio e dei suoi contenuti, in quanto il ricorso è
articolato in modo tale da porre in dubbio la presenza, nel titolo abilitativo, delle
prescrizioni che si assumono violate (senza peraltro negare la sussistenza delle
condotte descritte nell’imputazione).

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altre condizioni specifiche «giudicate opportune» dall’autorità competente, così

Tale attività, tuttavia, è preclusa al giudice di legittimità, il quale non ha
accesso agli atti del procedimento e non può procedere all’esame diretto
dell’autorizzazione.
Il confronto tra i contenuti dell’autorizzazione e le condotte contestate
costituisce, invero, un accertamento in fatto di esclusiva pertinenza del giudice
del merito, che non può essere effettuato o ripetuto in questa sede.

9. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla

a colpa del ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) – consegue l’onere
delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della
Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 1.000,00

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.
Così deciso in data 15.10.2013

declaratoria di inammissibilità – non potendosi escludere che essa sia ascrivibile

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