Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44250 del 17/07/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 44250 Anno 2013
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso presentato dal Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di
Appello di Palermo nel procedimento nei confronti di:
Garofalo Salvatore, nato a Palermo, il 9/5/1970;

avverso la sentenza del 9/10/2012 del Giudice di Pace di Termini Imerese;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Roberto
Aniello, che ha concluso per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato;
udito per l’imputato l’avv. Salvatore Chiaramonte, che ha concluso chiedendo il rigetto
del ricorso.

RITENUTO IN FATI-0

Data Udienza: 17/07/2013

1.Con sentenza del 9 ottobre 2012 il Giudice di Pace di Termini Imerese assolveva
Garofalo Salvatore dall’accusa di aver ingiuriato la cognata Pinzone Giuseppina,
rilevando come le sole dichiarazioni di quest’ultima, stante la pregressa conflittualità
tra le parti e l’inesistenza di opportuni riscontri alle medesime, invece necessari
essendosi la Pinzone costituita parte civile, non potessero giudicarsi sufficienti per
ritenere raggiunta la prova della responsabilità dell’imputato.
2. Avverso la sentenza ricorre il Procuratore Generale presso la Corte d’appello di

Palermo che, con unico motivo, deduce l’inosservanza dell’art. 192 c.p.p. e correlati
vizi motivazionali del provvedimento impugnato. In tal senso il PG ricorrente lamenta
come il giudice abbia aprioristicamente ritenuto l’inattendibilità delle dichiarazioni della
persona offesa in assenza di qualsiasi vaglio critico del loro contenuto e della loro
effettiva valenza probatoria, sostanzialmente escludendone l’attitudine a costituire il
fondamento della condanna per il solo fatto che provenivano dalla parte civile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato e deve essere accolto.
1.1 Le Sezioni Unite hanno di recente cristallizzato i risultati dell’elaborazione svolta da
questa Corte in tema di attitudine probatoria delle dichiarazioni rese dalla persona
offesa del reato, stabilendo che le regole dettate dall’art. 192, comma terzo, c.p.p.
non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere
legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità
dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità
soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro
deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono
sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone, potendo altresì risultare opportuno,
nel caso in cui la persona offesa si sia costituita parte civile, procedere al riscontro di
tali dichiarazioni con altri elementi (Sez. Un., n. 41461 del 19 luglio 2012, Bell’Arte ed
altri, Rv. 253214).
1.2 L’eventuale esigenza di subordinare la vocazione probatoria della deposizione della
persona offesa costituitasi parte civile all’acquisizione di elementi di riscontro è
adempimento che presuppone dunque il non pienamente soddisfacente esito della
compiuta valutazione della credibilità del propalante e dell’attendibilità intrinseca del
suo racconto alla luce dell’analisi dell’interesse risarcitorio di cui la stessa si è fatta
portatrice. Né potrebbe essere altrimenti, posto che i limiti normativi alla valutazione
della prova orale sono soltanto quelli sanciti nel terzo comma dell’art. 192 c.p.p., la cui i
indiscutibile natura eccezionale impedisce di costruire in via interpretativa analoghi
limiti per le dichiarazioni della persona offesa, ancorchè costituitasi parte civile, le

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quali dunque sono, in astratto, in grado di sostenere da sole l’affermazione di penale
responsabilità dell’imputato.
1.3 E’ dunque sul piano della valutazione concreta della dichiarazione che al giudice è
richiesto uno specifico onere di approfondire il controllo di attendibilità della prova in
ragione del peculiare interesse che caratterizza la posizione processuale della sua
fonte. Il che è cosa ben diversa dal ritenere che le dichiarazioni della persona offesa
costituita parte civile non possano mai rappresentare l’unica prova che porta alla
condanna dell’imputato in assenza di elementi di riscontro, affermazione che implica il

probatoria di tali dichiarazioni.

2. Ma proprio questo è ciò che il Giudice di Pace di Termini Imerese ha invece finito
implicitamente per affermare, prescindendo da qualsiasi vaglio del contenuto della
deposizione della Pinzone e dall’esplicitazione delle ragioni per cui il suo racconto,
anche alla luce della pretesa risarcitoria avanzata nel processo, non poteva ritenersi di
per sé attendibile.
Invero il medesimo giudice ha ancorato la sua valutazione anche alla riscontrata
pregressa conflittualità tra le parti, ma ancora una volta – come giustamente
lamentato dal PG ricorrente – si è esibito in una petizione di principio, omettendo la
doverosa analisi del dato probatorio, poiché il fatto che l’imputato e la persona offesa
si siano reciprocamente querelati numerose altre volte non è di per sé sufficiente a
dimostrare l’inattendibilità delle dichiarazioni di quest’ultima in assenza di un’analisi
delle circostanze in cui tale conflittualità giudiziaria si è dispiegata e del suo eventuale
esito.
La sentenza impugnata deve dunque essere annullata con rinvio per nuovo esame al
Giudice di Pace di Termini Imerese, il quale si atterrà ai principi illustrati, conservando
autonomia di giudizio e rimanendo dunque libero di giungere a conclusioni non diverse
da quelle assunte nel provvedimento annullato, purchè sorrette da motivazione
rispettosa dei principi medesimi.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Giudice di Pace di Termini Imerese per
nuovo esame.
Così deciso il 17/7/2013

riconoscimento di una inesistente regola che escluda a priori l’autosufficienza

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