Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44237 del 05/07/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 44237 Anno 2013
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: SANTALUCIA GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SANTORO SALVATORE N. IL 29/12/1987
avverso l’ordinanza n. 9177/2012 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
22/12/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
SANTALUCIA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

àk\A\m,

k,Asìo

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 05/07/2013

RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Napoli ha confermato il provvedimento del 21 ottobre 2012
con cui il giudice per le indagini preliminari di quel Tribunale applicò nei confronti di Salvatore
Santoro, oltre che di Giovanni Bertolucci, la misura della custodia cautelare in carcere per il
concorso nell’omicidio di Ramis Doda, cittadino albanese, per i delitti di detenzione illegale e
porto in luogo pubblico di armi comuni da sparo, una delle quali con matricola cancellata, e del
delitto di ricettazione dell’indicata arma clandestina, reati commessi in San Marcellino il 21

della finalità di agevolazione dell’organizzazione camorristica facente capo a Giuseppe Setola.
Gli elementi indiziari sono tratti dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, che
hanno riferito anche per diretta personale esperienza e solo in alcuni casi de relato. Si tratta, a
giudizio del Tribunale, di fonti di conoscenza particolarmente qualificate, per essere soggetti
posti al vertice, in quel periodo, del clan, o sodali, non appartenenti al gruppo direttivo, bene
informati sui fatti per aver svolto, in concreto, il ruolo di esecutori materiali o per essere stati
personalmente presenti alle fasi immediatamente successive all’omicidio.
Peraltro, le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia hanno già costituito la rilevante
fonte di prova nell’ambito di numerosi provvedimenti cautelari e la loro piena complessiva
attendibilità è stata già riconosciuta all’esito di delicati e significativi processi, conclusisi con
sentenze di condanna, nei confronti di numerosi affiliati.
Significativi indici di attendibilità sono costituiti dalla notevole caratura criminale dei
collaboratori, dalla costanza e sostanziale coerenza del narrato e dalla circostanza che essi
sono per lo più autoaccusati dei gravissimi delitti sui quali hanno riferito.
Dal racconto dei collaboratori di giustizia è emerso che il Santoro svolse quantomeno il
ruolo di basista, avvertendo i complici della presenza della vittima nel luogo in cui sarebbe
stato poi eseguito l’omicidio e controllando, poi, all’atto dell’esecuzione materiale dell’omicidio,
l’area nella quale operarono gli esecutori materiali, onde verificare l’eventuale presenza di
appartenenti alle Forze dell’ordine sì da dare immediatamente il relativo allarme ai complici. In
tal senso ha riferito il collaboratore di giustizia Oreste Spagnuolo, che ha precisato la causale
dell’omicidio, indicandola nel fatto che la vittima commetteva furti in appartamento ed
estorsioni (indicate diffusamente come cavalli di ritorno) lungo il litorale domizio, nella zona
controllata dal gruppo camorristico capeggiato da Giuseppe Setola. Sul contributo concorsuale
del Santoro ha riferito anche il collaboratore di giustizia Giuseppe Guerra, che si è
autoaccusato dell’omicidio, chiamando in correità vari soggetti e tra questi il Santoro, il quale
aveva comunicato ai complici che l’albanese stayt attendendo presso la sala giochi posta nei
pressi di un bar alla via Santa Croce di San Marcellino, e che poi fece da battistrada al gruppo
di fuoco. Il Guerra ha anche confermato la causale illustrata dallo Spaguolo. Le dichiarazioni
dello Spagnuolo e del Guerra sono state convergenti rispetto al nucleo centrale del racconto e
qualche difformità su aspetti marginali non ne inficia il valore probatorio. Ulteriore conferma
sul ruolo concorsuale del Santoro è provenuta dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia
2

agosto 2008, in concorso con altri e con le aggravanti del motivo abietto, del metodo mafioso e

Michele Barone, che ha narrato che fu il Santoro a raccontargli, tutto impaurito, quanto era
avvenuto, riferendogli sulle modalità e sui partecipi all’omicidio.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso, per mezzo del difensore avv.to Martino,
Salvatore Santoro, deducendo:
violazione di legge e difetto di motivazione. Il Tribunale ha omesso di motivare in
merito alla presunta credibilità dei collaboratori di giustizia Spagnuolo e Guerra, ha
in particolare omesso di verificare la credibilità sul piano soggettivo dei collaboratori.

sono versate le ragioni per le quali i collaboratori si sono determinati alla
confessione ed all’accusa dei correi, è d’ostacolo al propedeutico vaglio della
credibilità, della genuinità della collaborazione.
Le dichiarazioni dei due collaboratori di giustizia non possono dirsi reiterate e
costanti perché segnate nel tempo da rettifiche circa il ruolo che il Santoro avrebbe
svolto nella vicenda criminosa. Esse non convergono rispetto alla partecipazione del
Santoro nella fase preparatoria organizzativa del delitto, nella quale il Guerra ha
coinvolto esclusivamente il Bertolucci. Rispetto a questa specifica fase della vicenda,
il Guerra ha assunto la posizione di chiamante in correità e fonte diretta di
cognizione, mente lo Spagnuolo quella di chiamante in reità de relato, perché fu
edotto dal Guerra in merito alla preparazione dell’omicidio.
Non può allora sfuggire l’assenza di un presupposto essenziale per la c.d.
convergenza del molteplice, ossia l’autonomia genetica del propalato, data l’identità
della fonte. Non può dirsi allora realizzato il paradigma di cui all’art. 192 comma 3
c.p.p., perché lo Spagnuolo non apporta alcun contributo autonomo agli elementi
offerti dalla fonte di conoscenza, il Guerra. Per quel che poi attiene alla fase
esecutiva del delitto, le dichiarazioni dei due collaboratori non risultano
sufficientemente specifiche per consentire di asserire se il Santoro si limitò a dare la
propria disponibilità oppure pose in essere il compiuto che, in ipotesi, gli sarebbe
stato affidato. Le dichiarazioni di Michele Barone, che ha riferito di aver ricevuto dal
Santoro la confidenza circa la sua partecipazione all’omicidio non hanno specifico
valore probatorio, perché il Tribunale ha omesso di soppesare la credibilità sul piano
soggettivo del collaboratore, omettendo alcuna motivazione, pur implicita, che desse
conto del ruolo da costui svolto all’interno della consorteria e dunque del tasso di
conoscenza o conoscibilità dei relativi affari.
L’ordinanza è poi carente di motivazione in ordine allo specifico contributo causale
ascrivibile al Santoro, specie tenendo conto che nessuno dei collaboratori ha riferito
della effettiva presenza del Santoro nella zona in cui avvenne l’omicidio. Il Tribunale
avrebbe pertanto dovuto spiegare le ragioni per le quali ha ritenuto rilevante sul
piano del contributo concorsuale della disponibilità del Santoro all’esecuzione
dell’omicidio.

L’assenza del testo integrale dei verbali, specificamente nella parte di essi in cui

Trasmessa copia ex art. 23
n. 1 ter L. 8-8-9§, n. 332
-Roma, lì 29 011. 2013,
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato, per le ragioni di seguito esposte. Il Tribunale ha adeguatamente
motivato sulle ragioni che militano per un giudizio di credibilità dei collaboratori di giustizia, le
cui dichiarazioni hanno consegnato il materiale di gravità indiziaria in danno del ricorrente. Ha
tratto una positiva verifica di attendibilità soggettiva, con criterio di logica coerenza, dalla
caratura criminale, dalla costanza e sostanziale coerenza del narrato e dal fatto che si sono per
lo più autoaccusati di gravissimi delitti, sui quali hanno riferito pur in assenza, in quel

Deve poi considerarsi che il Tribunale ha fatto legittimamente ricorso alla tecnica della
motivazione per relationem, richiamando il provvedimento applicativo della misura cautelare in
cui sono riversate per esteso le dichiarazioni dei collaboratori (fl. 3). Ha quindi preso in esame
veek42,4e ha dato risposta ai rilievi
specificamente le dichiarazioni dei collaboratori Spagnolo e
circa una prospettata incoerenza dei racconti, specie in ordine all’identità del soggetto cui il
Santoro si recò ad avvisare i correi circa la presenza della vittima designata, spiegando che la
divergenza non ha riguardato il nucleo centrale dell’accusa e che la discrasia non ha inficiato il
valore indiziario di quegli apporti dichiarativi (fl. 6 e 7). Con motivazione puntuale e congrua il
Tribunale ha quindi concluso che le dichiarazioni dei collaboratori Spagnuolo e Guerra si sono
connotate per precisione, coerenza, costanza e spontaneità, e tale giudizio è stato
sufficientemente sostenuto da logiche e coerenti argomentazioni (fl. 7). Circa l’attendibilità
intrinseca delle dichiarazioni rese dal collaboratore Barone, il Tribunale ha correttamente
valutato il carattere dettagliato del racconto, l’intraneità del dichiarante nelle logiche del
gruppo, il rapporto fiduciario intercorrente con il capo, il diretto coinvolgimento nella fase
preparatoria dell’omicidio (fl. 8). Del tutto infondato è infine il rilievo di ricorso circa un’asserita
assenza di motivazione in ordine allo specifico contributo concorsuale del ricorrente, dal
momento che l’ordinanza impugnata ha dato pienamente conto di quale sia stato l’apporto
nella commissione del fatto, concludendo, in modo congruo, che il ricorrente fu presente in
modo attivo, in funzione del buon esito dell’azione di fuoco, nella zona in cui si verificò
l’omicidio, e quindi, quanto meno, con il ruolo di “basista” (fl. 8). Il ricorso deve pertanto
essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali. La Cancelleria è tenuta a provvedere agli adempimenti di cui all’art. 94, comma Iter, disp. att. c.p.p.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore
dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. c.p.p.
Così deciso il 5 luglio 2013.r

III~TATA

momento, di significativi indizi che potessero far convergere sulle loro responsabilità (fl. 4).

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