Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44233 del 18/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 44233 Anno 2013
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
Malacarne Goran, nato a Valdobbiadene il 22.8.1985,
avverso l’ordinanza del Tribunale di Venezia in data 2.4.2013.
Sentita la relazione della causa fatta dal consigliere Piercamillo Davigo.
Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, il quale ha concluso
chiedendo che il ricorso sia rigettato,

Data Udienza: 18/10/2013

ritenuto in fatto

Con ordinanza in data 13.3.2013 il G.I.P. del Tribunale di Padova
dispose la custodia cautelare in carcere nei confronti di Malacarne Goran,
Malacarne Erik e Rizzetto Daniele per i reati di furto aggravato, rapina
aggravata, porto e detenzione illegale di armi e lesioni aggravate.

Avverso l’ordinanza cautelare i predetti proposero richiesta di riesame
ma il Tribunale di Venezia la respinse.
Ricorre per cassazione il difensore dell’indagato Malcarne Goran
deducendo:
1. violazione della legge processuale e vizio di motivazione in relazione
alla ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati
di rapina impropria e lesioni aggravate; erano trascorse quasi due ore
tra il furto del bancomat (confessato dall’imputato) ed il momento in
cui l’autovettura fu intercettata dalle Forze di polizia; fu l’auto delle
Forze di polizia a speronare quella dei ladri, come risulta
dall’annotazione di servizio e dalle fotografie prodotte; i due
Carabinieri si sono feriti da soli;
2. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta
sussistenza dell’esigenza cautelare di cui all’art. 274 lettera c) cod.
proc. pen.; Malacarne Goran non sarebbe mai stato coinvolto in fatti
identici a quelli per i quali è indagato; ha un precedente per
applicazione di pena ed ha risarcito il danno; l’ordinanza sarebbe
illogica in punto di concreto pericolo di reiterazione dei reati, con
riferimento alle specifiche modalità e circostanze del fatto ed alla
personalità dell’indagato;
3. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’applicazione
della custodia cautelare in carcere anziché di altra misura meno
grave, ma idonea a salvaguardare le esigenze cautelari poste a base
del provvedimento restrittivo.
Con nota 2.10.2012 la Procura della Repubblica presso il Tribunale di
Padova comunicava l’emissione di ulteriore ordinanza cautelare nei confronti
dell’indagato.

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Considerato in diritto

La doglianza relativa alla carenza di motivazione in punto di gravi indizi
di colpevolezza in ordine ai delitti di rapina impropria e lesioni aggravate è
manifestamente infondata, generica e svolge censure di merito.
É anzitutto necessario chiarire i limiti di sindacabilità da parte di questa

sulla libertà personale.
Secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide,
l’ordinamento non conferisce alla Corte di Cassazione alcun potere di
revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi
compreso lo spessore degli indizi, né alcun potere di riconsiderazione delle
caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle
esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di
apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice
cui è stata chiesta l’applicazione della misura cautelare, nonché del
tribunale del riesame. Il controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò,
circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il
testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e
l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di
legittimità: 1) – l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo
hanno determinato; 2) – l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità
delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. (Cass.
Sez. 6″ sent. n. 2146 del 25.05.1995 dep. 16.06.1995 rv 201840).
Inoltre il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di
riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale è diretto a
verificare, da un lato, la congruenza e la coordinazione logica dell’apparato
argomentativo che collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile
colpevolezza dell’indagato e, dall’altro, la valenza sintomatica degli indizi.
Tale controllo, stabilito a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio
ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito circa
l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e la concludenza dei risultati del
materiale probatorio, quando la motivazione sia adeguata, coerente ed

Corte dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame dei provvedimenti

esente da errori logici e giuridici. In particolare, il vizio di mancanza della
motivazione dell’ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi
indizi di colpevolezza non può essere sindacato dalla Corte di legittimità,
quando non risulti “prima facie” dal testo del provvedimento impugnato,
restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della razionalità
della motivazione sulle questioni di fatto. (Cass. Sez. 1^ sent. n. 1700 del
20.03.1998 dep. 04.05.1998 rv 210566).

Il Tribunale ha affermato la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza
in ordine ai reati indicati rilevando che gli indagati avevano cercato di
atterrare gli operanti con spintoni, condotta idonea ad integrare la violenza.
D’altro canto è irrilevante il richiamo ad atti del procedimento se gli
stessi non sono trascritti integralmente o allegati al ricorso.
È infatti inammissibile il ricorso per cassazione che deduca il vizio di
manifesta illogicità della motivazione e, pur richiamando atti specificamente
indicati, non contenga la loro integrale trascrizione o allegazione e non ne
illustri adeguatamente il contenuto, così da rendere lo stesso autosufficiente
con riferimento alle relative doglianze. (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 11910 del
22.1.2010 dep. 26.3.2010 rv 246552).
Quanto al tempo intercorso tra la sottrazione e la violenza opposta agli
operanti va ricordato che, in tema di rapina impropria il requisito della
immediatezza della violenza o della minaccia va riferito esclusivamente agli
aspetti temporali della “flagranza” o “quasi flagranza” e non va interpretato
letteralmente nel senso che violenza o minaccia debbono seguire la
sottrazione senza alcun intervallo di tempo(Cass. Sez. 2, Sentenza n.
40421 del 26/06/2012 dep. 16/10/2012 Rv. 254171).
Lo stato di quasi flagranza ricorre quando la polizia giudiziaria abbia
proceduto all’arresto in esito a ricerche immediatamente poste in essere
non appena avuta notizia del reato, anche se non subito concluse ma
protratte senza soluzione di continuità (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6916 del
24/11/2011 dep. 22/02/2012 Rv. 252915).
Correttamente perciò il fatto è stato qualificato come rapina impropria
dai giudici di merito, mentre i gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di
lesioni sono stati desunti dalla violenza posta in essere dagli indagati.

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Il secondo ed il terzo motivo di ricorso sono manifestamente infondati e
svolgono censure di merito.
Il Tribunale ha desunto il concreto pericolo di reiterazione dal materiale
trovato a bordo e nei pressi dell’auto, predisposto per la sottrazione del
bancomat ed anche per affrontare un conflitto a fuoco con le Forze di
polizia, nonché per la personalità dell’indagato recidivo specifico.
Tale motivazione appare adeguata, alla luce del principio affermato da

questa Corte, secondo il quale in tema di esigenze cautelari, la modalità
della condotta tenuta in occasione del reato può essere presa in
considerazione per il giudizio sulla pericolosità sociale dell’imputato, oltre
che sulla gravità del fatto (Cass. Sez. 6 sent. n. 12404 del 17.2.2005 dep.
4.4.2005 rv 231323).
La motivazione stessa appare anche adeguata a spiegare la scelta
della custodia cautelare in carcere quale unica misura idonea a prevenire il
pericolo di reiterazione di reati della stessa specie alla luce
dell’orientamento di questa corte, condiviso dal Collegio, secondo il quale in
tema di scelta e adeguatezza delle misure cautelari, ai fini della motivazione
del provvedimento di custodia in carcere non è necessaria un’analitica
dimostrazione delle ragioni che rendono inadeguata ogni altra misura, ma è
sufficiente che il giudice indichi, con argomenti logico-giuridici tratti dalla
natura e dalle modalità di commissione dei reati nonché dalla personalità
dell’indagato, gli elementi specifici che, nella singola fattispecie, fanno
ragionevolmente ritenere la custodia in carcere come la misura più
adeguata ad impedire la prosecuzione dell’attività criminosa, rimanendo in
tal modo superata e assorbita l’ulteriore dimostrazione dell’inidoneità delle
subordinate misure cautelari (Cass. Sez. 1^ sent. n. 45011 del 26.9.2003
dep. 21.11.2003 rv 227304).
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve
essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché —
ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della

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somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi
dedotti.
Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà
del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter, delle
disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia della
stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato
trovasi ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del citato

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di mille euro alla cassa delle ammende.
Si provveda a norma dell’articolo 94 disp. att. cod. proc. pen.

Così deliberato in data 18.10.2013.

articolo 94.

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