Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44232 del 18/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 44232 Anno 2013
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: MACCHIA ALBERTO

Data Udienza: 18/10/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BARBARA MICHELANGELO N. IL 15/05/1976
avverso l’ordinanza n. 642/2013 TRIB. LIBERTA’ di MILANO, del
16/04/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALBERTO MACCHIA;
19te/sentite le conclusioni del PG Dott.

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Con ordinanza del 16 aprile 2013, il Tribunale di Milano respingeva la
richiesta di riesame avanzata nell’interesse di BARBARA Michelangelo per tre
rapine in banca e reati connessi commesse il 2 febbraio, il 5 febbraio ed il 12
febbraio 2010, in particolare sottolineando — a fronte delle deduzioni difensive tese a
contestare la sussistenza di esigenze cautelari tali da legittimare la misura della
custodia in carcere — il pericolo di reiterazione, malgrado il tempo trascorso, alla luce
dei precedenti penali e giudiziari e dello stato detentivo per altra causa iniziato dal 4
marzo 2010, insuscettibile di positivo apprezzamento ai fini dell’affievolimento del
periculum in libertate.
Propone ricorso per cassazione il difensore il quale, rinnovando le medesime
censure già articolate in sede di riesame, denuncia la mancanza dei presupposti della
concretezza ed attualità del pericolo di reiterazione criminosa, considerato che alcune
vicende giudiziarie non sono ancora definitive, che il periodo di detenzione in
assenza di elementi negativi, non può considerarsi fattore neutro sul piano della
verifica della pericolosità, che la misura attuale si riferisce a fatti lontani nel tempo e
perseguiti solo in epoca recente malgrado tutte le emergenze probatorie già
risultassero agli inquirenti, e che non può trovare base l’assunto secondo il quale
l’imputato sarebbe un rapinatore seriale che vive di tale attività.
Il ricorso è inammissibile. Questa Corte ha infatti più volte ribadito il
circoscritto orizzonte entro il quale può svolgersi il sindacato di legittimità in materia
di misure cautelari personali, e ciò, tanto sul versante degli elementi indiziari che
devono contribuire a comporre il quadro del presupposto della gravità indiziaria,
quanto in merito alle circostanze di fatto alla stregua delle quali deve formularsi il
giudizio in ordine alla sussistenza delle esigenze di cautela ed ai criteri di scelta della
misura, in stretta aderenza ai principi di adeguatezza e proporzionalità.
L’apprezzamento compiuto dai giudici del merito, infatti, passa, davanti a questa
Corte, attraverso un controllo che necessariamente si concentra sulla coerenza
intrinseca dei passaggi argomentativi su cui si radicano i singoli punti del composito
giudizio cautelare, senza trascurare l’esame degli eventuali profili dedotti dalla difesa
a sostegno del proposto incidente de libertate. Ciò sta quindi a significare che il
giudice di legittimità non può sovrapporre il proprio autonomo scrutinio di carattere
“valutativo” a quello compiuto dal giudice del merito, perché così facendo finirebbe
per svolgere esso stesso una funzione di organo della cautela e non di controllo sulla
legittimità della decisone cautelare.
Ebbene, nella specie, il Tribunale del riesame ha dato puntualmente atto di tutte
le circostanze di fatto alla stregua delle quali, ancorchè realizzati in epoca non
recente, i fatti ascritti all’imputato dovessero essere reputati oltremodo indicativi di
pericolosità in termini di prognosi di recidiva, e di come tale giudizio dovesse
assumere i connotati tanto della attualità che della concretezza. A tal proposito,
infatti, e del tutto coerentemente, sono stati evocati i precedenti penali e giudiziari
specifici dell’imputato come indici di personalità proclive a delinquere proprio in

OSSERVA

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende. Si provveda a
norma dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2013
Il Consi •liere estensore

esidente

quello “specifico” settore di devianza, senza che fossero acquisiti elementi denotativi
di una interruzione di quel “costume di vita”. I fatti, d’altra parte, al di là della
obiettiva gravità, si riferiscono tre rapine commesse con uso di armi nell’arco di
pochissimi giorni l’un dall’altra e realizzate, a loro volta,in un arco di tempo
immediatamente antecedente all’arresto del marzo 2010, a sa volta determinato per
fatti analoghi. Il periodo di detenzione successivo, dunque, del tutto coerentemente è
stato valutato come un elemento in sé neutro ai fini della dimostrazione di un qualche
sintomo di ravvedimento — escluso dai giudici a quibus anche in ragione del
comportamento processuale — con la conseguenza che l’intera gamma delle deduzioni
difensive finisce per appalesarsi quale mera ricostruzione alternativa di valutazioni di
merito, del tutto insuscettibile di apprezzamento agli odierni fini.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di
una somma che si stima equo determinare in euro mille alla luce dei principi
affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000.

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