Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44222 del 18/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 44222 Anno 2013
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
Giannantonio Angelo, nato a Foligno in data 11.9.1940,
avverso la sentenza della Corte d’appello di Perugia, sezione penale, in data
3.4.2012.
Sentita la relazione della causa fatta dal consigliere Piercamillo Davigo.
Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, dott. Mario Fraticelli, il
quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
Udito il difensore della parte civile Brozzi Antonio, Avv. Gian Paolo Properzi,
il quale concluso per la conferma della sentenza impugnata, con condanna
dell’imputato alla rifusione delle spese.
Udito il difensore Avv. Gian Vito Ranieri, il quale ha concluso per
l’accoglimento del ricorso,

Data Udienza: 18/10/2013

ritenuto in fatto

Con sentenza del 12.10.2009, il Tribunale di Perugia, Sezione
distaccata di Foligno, dichiarò Giannantonio Angelo responsabile del reato di
truffa continuata e lo condannò alla pena di mesi 6 di reclusione ed € 300,00
di multa, pena sospesa.

L’imputato fu altresì condannato al risarcimento dei danni (da liquidarsi
in separato giudizio) ed alla rifusione delle spese a favore della parte civile
Brozzi Antonio.
Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame ma la Corte
d’appello di Perugia, con sentenza del, confermò la decisione di primo grado,
condannando l’imputato alla rifusione a favore della parte civile delle ulteriori
spese di giudizio.
Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato deducendo:
1. violazione di legge in relazione alla carenza del diritto di querela in
capo a Brozzi Antonio, il quale non sarebbe titolare della ricevitoria
lotto ove Giannantonio aveva effettuato le giocate; titolari erano i figli e
lui era il procuratore bancario; difetterebbe perciò valida querela;
2. violazione di legge in quanto difetterebbero gli artifizi e raggiri
necessari ad integrare il delitto di truffa; Giannantonio aveva dichiarato
a Brozzi di non avere denaro; Brozzi non sarebbe stato perciò indotto
in errore;
3. violazione di legge in relazione alla mancata declaratoria di
prescrizione del reato; i fatti erano avvenuti in data 8.1.2005 ed
11.1.2005, sicché alla data della pronunzia della sentenza di appello
erano decorsi i 6 anni necessari a prescrivere il reato.

Considerato in diritto

Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

2

La Corte territoriale ha rilevato che fu Brozzi Antonio a ricevere ed a
prre all’incasso l’assegno bancario di € 2.440,00, poi protestato, che recava
la firma di girata di Brozzi Antonio. Pertanto anche Brozzi era persona offesa
del reato di truffa e quindi legittimato a proporre querela (citando una
pronunzia di questa Sezione n. 27571/2009).
La ricostruzione di fatto operata attribuisce a Brozzi Antonio la qualità di
persona offesa alla luce dell’orientamento di questa Corte, ribadito ancora di

recente e condiviso dal Collegio, secondo il quale anche il terzo danneggiato
dal delitto di truffa, seppure nella forma della mancata acquisizione di un
profitto, è legittimato a proporre querela. (Cass. Sez. F, Sentenza n. 33884
del 23/08/2012 dep. 05/09/2012 Rv. 253474. Fattispecie relativa a richiesta
di finanziamento recante firma apocrifa di persona ignara, da quel momento
obbligata al pagamento delle rate).
Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato e svolge
censure di merito.
La Corte territoriale ha ritenuto infondato l’assunto secondo il quale non
vi sarebbero stati artifizi o raggiri, posto che Brozzi seppe che l’assegno non
era coperto solo dal protesto dello stesso e che Giannantonio aveva
mostrato banconote di grosso taglio.
In tale motivazione non si ravvisa alcuna manifesta illogicità che la
renda sindacabile in questa sede.
Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione
non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la
migliore possibile ricostruzione dei fatti né deve condividerne la
giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia
compatibile con il senso comune e con “i limiti di una plausibile opinabilità di
apprezzamento”, secondo una formula giurisprudenziale ricorrente. (Cass.
Sez. 5^ sent. n. 1004 del 30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745, Cass., Sez.
2^ sent. n. 2436 del 21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).
Del resto va ricordato che il vizio di motivazione implica o la carenza di
motivazione o la sua manifesta illogicità.
Sotto questo secondo profilo la correttezza o meno dei ragionamenti
dipende anzitutto dalla loro struttura logica e questa è indipendente dalla
verità degli enunciati che la compongono.
3

Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Il termine di prescrizione per il reato di truffa è di anni 6, ma a seguito
delle interruzioni era prorogato ad anni 7 mesi 6, sicché, alla data della
pronunzia d’appello non era ancora maturato.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Da ultimo il Collegio osserva che non possono trovare applicazione le
norme sulla prescrizione del reato, pur essendo maturati successivamente i

relativi termini, dal momento che — secondo la giurisprudenza delle Sezioni
Unite di questa Corte — l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta
alla mancanza, nell’atto di impugnazione, dei requisiti prescritti dall’articolo
581 cod. proc. pen., ovvero alla manifesta infondatezza dei motivi non
consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude,
pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a
norma dell’articolo 129 cod. proc. pen. (cfr.: Cass. Sez. Un., sent. n. 21 del
11.11.1994 dep. 11.2.1995 rv 199903; Cass. Sez. Un., sent. n. 32 del
22.11. 2000 dep. 21.12.2000 rv 217266).
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il prowedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché —
ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità — al pagamento a favore della Cassa delle ammende della
somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi
dedotti.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue la condanna del
ricorrente alla rifusione a favore delle spese processuali sostenute dalla parte
civile Brozzi Antonio in questo grado di giudizio, che si liquidano, alla luce
della nota spese e dell’attività difensiva concretamente svolta, in € 3.000,00,
oltre I.V.A. e C.P.A.

P.Q.M.

4

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Condanna l’imputato alla rifusione delle spese processuali sostenute per
questo grado di giudizio dalla parte civile Brozzi Antonio liquidate in €
3.000,00, oltre I.V.A. e C.P.A.
Così deliberato in data 18.10.2013.
Piercamillo Davigo

Il Presidente
enico Gallo

Il Consigliere estensore

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