Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44217 del 18/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 44217 Anno 2013
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: MACCHIA ALBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MASSARA GIOVANNI N. IL 22/01/1956
avverso la sentenza n. 759/2005 CORTE APPELLO di CATANIA, del
31/12/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALBERTO MACCHIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 18/10/2013

Con sentenza del 25 ottobre 2012, la Corte di appello di Catania, in
parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale della medesima città il 26
gennaio 2005, con la quale MASSARA Giovanni era stato condannato alla pena di
mesi tre di reclusione ed euro 200 di multa quale imputato di ricettazione di un
telefono cellulare provento di furto, ha consesso all’imputato il beneficio dela non
menzione, confermando nel resto la pronuncia di condanna e respingendo la richiesta
di sostituzione della pena detentiva in pena pecuniaria non essendo stati offerti
elementi che provassero la solvibilità dell’imputato.
Propone ricorso per cassazione il difensore il quale lamenta vizio di
motivazione in punto di responsabilità, non essendosi dato credito alla versione
difensiva dell’imputato e insussistenza del reato di ricettazione per carenza
dell’elemento soggettivo. Lamenta, infine, che sia stata negata la richiesta
conversione della pena detentiva in pena pecuniaria con motivazione priva dei
requisiti di legge.
I primi due motivi di ricorso in punto di responsabilità e di sussistenza del reato
di ricettazione sono palesemente inammissibili per totale genericità degli assunti e
perché gli stessi si limitano a riproporre le stesse deduzioni già svolte in appello e
disattese dai giudici del grado, senza che le relative motivazioni abbiano poi formato
oggetto di una autonoma ed argomentata critica impugnatoria. La giurisprudenza di
questa Corte è infatti ormai da tempo consolidata nell’affermare che deve essere
ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che riproducono le
stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli
stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, infatti, deve
essere apprezzata non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma
anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione
impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che
quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel
vizio di aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc.
pen., alla inammissibilità della impugnazione (Cass., Sez. I, 30 settembre 2004,
Burzotta; Cass., Sez. VI, 8 ottobre 2002, Notaristefano; Cass., Sez. IV, 11 aprile 2001
Cass., Sez. IV, 29 marzo 2000, Barone; Cass., Sez. IV, 18 settembre 1997,
Ahmetovic).
L’ultimo motivo in tema di mancata conversione della pena detentiva nella
pena pecuniaria della specie corrispondente, a norma degli artt. 53 e segg. della legge
n. 689 del 1981, è invece fondato. Questa Corte ha infatti affermato che la
sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria è consentita anche in relazione
a condanna inflitta a persona in condizioni economiche disagiate, in quanto la
prognosi di inadempimento, ostativa alla sostituzione in forza dell’art. 58, secondo
comma, L. 24 novembre 1981 n. 689 (“Modifiche al sistema penale”), si riferisce
soltanto alle pene sostitutive di quella detentiva accompagnate da prescrizioni, ossia

OSSERVA

P. Q. M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla mancata conversione della pena
detentiva nella pena pecuniaria corrispondente, con rinvio ad agra sezione della Corte
di appello di Catania per nuovo giudizio sul punto. Dichiara inammissibile nel resto il
ricorso.
Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2013
Il Cons

Il Pysidente

alla semidetenzione e alla libertà controllata, e non alla pena pecuniaria sostitutiva,
che non prevede alcuna particolare prescrizione. (Nell’enunciare tale principio, la
Corte ha affermato che, nell’esercitare il potere discrezionale di sostituire le pene
detentive brevi con le pene pecuniarie corrispondenti, il giudice deve tenere conto dei
criteri indicati nell’art. 133 cod. pen., tra i quali è compreso quello delle condizioni di
vita individuale, familiare e sociale dell’imputato, ma non quello delle sue condizioni
economiche). (Sez. U, n. 24476 del 22/04/2010 – dep. 30/06/2010, Gagliardi, Rv.
247274). D’altra parte, ove l’accesso a disposizioni penali di favore risultasse
precluso in ragione delle sole condizioni economiche dell’imputato, una siffatta
prospettiva ermeneutica risulterebbe in palese contrasto con i principi sanciti dalla
Carta costituzionale.
Ne deriva, quindi, che la motivazione offerta sul punto dai giudici a quibus per
negare la richiesta conversione risulta fondata su parametri non previsti dalla legge e
si risolve, quindi, in una decisione priva di un legittima giustificazione
argomentativa. La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata in parte qua,
con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Catania per nuovo giudizio sul
punto.

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