Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44215 del 18/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 44215 Anno 2013
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: MACCHIA ALBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
OLIVERI GIOVANNI N. IL 18/03/1957
avverso la sentenza n. 1439/2011 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 16/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALBERTO MACCHIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 17 r
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che ha concluso per n

%\iteum

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 18/10/2013

Con sentenza del 16 ottobre 2012, la Corte di appello di Reggio Calabria ha
confermato la sentenza emessa il 17 febbraio 2011 dal Tribunale di Palmi, con la
quale OLIVERI Giovanni era stato condannato alla pena di mesi dieci di reclusione
ed euro 300 di multa quale imputato del delitto di ricettazione di un ciclomotore
Piaggio Ape provento di furto. La Corte territoriale, in particolare, respingeva la
richiesta di rinnovazione della istruzione dibattimentale per procedere alla assunzione
di un testimone, indicato dalla difesa come colui che avrebbe negoziato 1 veicolo con
l’imputato, rilevando come non sussistessero i presupposti di legge in tema di novità
della prova, in quanto l’imputato non aveva mai fornito indicazioni circa il venditore
del mezzo, né durante le indagini, né durante il giudizio di primo grado, nel corso del
quale era rimasto contumace. Reputava poi sussistenti adeguati elementi di prova ai
fini della responsabilità penale, considerato che l’imputato era stato trovatella
disponibilità esclusiva del veicolo e non ne aveva in alcun modo giustificato, in
termini verificabili, la relativa origine.
Propone ricorso per cassazione il difensore il quale contesta nel primo motivo
il rigetto della richiesta di rinnovazione della istruzione dibattimentale, osservando
che l’audizione del teste era indispensabile, in quanto si trattava della persona che
aveva negoziato l’acquisto con l’imputato: prova dunque assolutamente necessaria,
non potendo i giudici i a quibus decidere il merito in sua assenza. Si deduce poi
violazione di legge in punto di responsabilità, considerato che gli elementi evocati
non asseverano la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, né le ragioni per le
quali il fatto non poteva qualificarsi come incauto acquisto.
Il ricorso è infondato. A proposito, infatti, della mancata rinnovazione della
istruzione dibattimentale, può subito osservarsi come questa Corte abbia
costantemente affermato che, mentre nell’ipotesi di cui al primo comma la
rinnovazione è subordinata alla condizione che il giudice ritenga, nell’ambito della
propria discrezionalità, che i dati probatori già acquisiti siano incerti e che
l’incombente processuale richiesto rivesta carattere di decisività, diversamente,
nell’ipotesi del secondo comma, il giudice è tenuto a disporre la rinnovazione delle
nuove prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado, ma con il
limite costituito dalle ipotesi di richieste concernenti prove vietate dalla legge o
manifestamente superflue o irrilevanti. (Fattispecie nella quale è stata ritenuta
irrilevante e manifestamente superflua una prova testimoniale, sopravvenuta alla
pronuncia di primo grado, non assunta dal giudice d’appello in sede di richiesta di
rinnovazione ex art. 603, comma secondo, cod. proc. pen.). ( ex plurimis, Sez. 3, n.
8382 del 22/01/2008 – dep. 25/02/2008, Finazzo, Rv. 239341. V. anche più di
recente, Cass., Sez. II, n.31065 del 10 maggio 2012). La scansione fra le due ipotesi,
è, dunque, di tutta evidenza. Mentre nel primo comma, infatti, si evoca un intervento
del giudice di seconde cure che surroghi un caso di incompletezza della istruzione
probatoria in primo grado — altrimenti presunta dal sistema — con i limiti, dunque, che
vengono imposti dalla eccezionalità della nuova attività di acquisizione probatoria,

OSSERVA

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2013
Il Consi

e estensore

residente

scolpita dalla condizione di “stallo decisorio” in cui deve versare il giudice
dell’appello (impossibilità di decidere allo stato degli atti), tutto ciò non si verifica
nel caso in cui le prove siano sopravvenute o scoperte dopo la sentenza di primo
grado, giacchè in tal caso opererà soltanto il controllo previsto in primo grado
dall’art. 495, comma 1, cod. proc. pen., vale a dire — in base al richiamo all’art. 190,
comma 1 — escludendo soltanto le prove vietate dalla legge e quelle che sono
manifestamente superflue o irrilevanti. I poteri limitativi del giudice di appello sono,
dunque, perfettamente corrispondenti a quelli del giudice di primo grado, proprio
perché si tratta della assunzione di prove sconosciute o inesistenti all’epoca in cui le
parti avevano formulato al primo giudice le proprie richiesta in tema di prove. D’altra
parte, se le nuove prove legittimano addirittura la revisione della condanna, sarebbe
paradossale non prevederne l’assunzione in sede di gravame. Ma resta comunque il
fatto che, in tanto l’istituto previsto dall’art. 603, comma 2, cod. proc. pen., ha una
sua specifica ragion d’essere, in quanto si versi effettivamente in tema di “prova
nuova”: nel senso che alla parte che ne chiede l’assunzione spetta il relativo onere
probatorio, a norma dell’art. 187, comma 2, cod. proc. pen., e dunque provare al
giudice dell’appello che quella prova è stata effettivamente scoperta o è comunque
sopravvenuta al giudizio di primo grado, dovendosi altrimenti ritenere ormai precluso
alla parte il relativo diritto di assunzione ex art. 190 cod. proc. pen.
Ebbene, nella specie i giudici dell’appello hanno puntualmente osservato
come la condotta processuale dell’imputato non asseveri affatto la “novità” delle
acquisizioni che si intenderebbe indurre nel panorama probatorio, con la conseguenza
di rendere incensurabile il percorso argomentativo in forza del quale la richiesta di
rinnovazione è stata respinta. Percorso argomentativo che, in verità, il ricorrente non
sembra neppure contestare, limitandosi il motivo proposto a porre in luce, non la
“novità” della prova, ma la rilevanza della stessa ai fini del decidere. Una rilevanza
che i giudici del gravame hanno motivatamente escluso poter raggiungere i
presupposti della impossibilità di decidere di cui al primo comma dell’art. 603 cod.
proc. pen.
Quanto alle restanti censure in punto di dolo le stesse si rivelano palesemente
inconsistenti, proprio alla luce dei dati obiettivi forniti dalla certa disponibilità del
veicolo e della mancanza di qualsiasi allegazione in ordine alla relativa legittima
provenienza.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna
dell’imputato al pagamento delle spese processuali.

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