Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44214 del 18/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 44214 Anno 2013
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: MACCHIA ALBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CONTE ANTONIO N. IL 20/07/1979
avverso la sentenza n. 775/2010 CORTE APPELLO di LECCE, del
26/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALBERTO MACCHIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Vf. rpta 6redit:
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che ha concluso per

12.

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7;00-140

Udito, per-le-partecivité7Mv
Uditi difensor Avv.

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949- rv■

Data Udienza: 18/10/2013

Con sentenza del 9 giugno 2009, il Tribunale di Brindisi ha ritenuto CONTE
Antonio responsabile di quattro episodi di rapina al medesimo ascritti, nonché di
ricettazione e porto di taglierino, condannandolo alla pena di anni sei e mesi otto di
reclusione ed euro 2.300 di multa. Proposto appello avverso la sentenza di primo
grado, la Corte di appello di Lecce ha dichiarato non doversi procedere in ordine alla
contravvenzione di cui al capo F) per prescrizione ed ha rideterminato la pena in
ordine ai residui reati ad anni sei, mesi sette e giorni quindici di reclusione ed euro
2.250 di multa, confermando, quindi, i giudizio di responsabilità penale e
disattendendo le eccezioni in rito formulate dalla difesa.
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione il difensore
il quale rinnova nei primo due motivi le eccezioni processuali già dedotte e disattese
dai giudici del gravame. Si deduce, infatti, che la citazione a giudizio in primo grado
era stata notificata non presso il luogo di residenza dell’imputato, ma erroneamente al
difensore, sul presupposto che vi fosse stata una elezione di domicilio che, invece,
non era stata mai effettuata. I giudici dell’appello, osserva il ricorrente, pur dando
atto di tali circostanze, hanno affermato la regolarità della notifica sul rilievo che
l’imputato aveva effettuato una elezione di domicilio presso il difensore in sede di
richiesta di ammissione al patrocinio dei non abbienti: elezione di domicilio,
peraltro, circoscritta — osserva il difensore – a quel solo procedimento, che ha natura
speciale e per il quale la domiciliazione del richiedente è necessaria per le
notificazioni dei relativi atti. Da ciò la nullità della citazione che, incidendo sulla
vocatio in iudicium, ha carattere di nullità assoluta.
Si deduce anche la erroneità dei principi affermato dai giudici a quibus per
disattendere la seconda eccezione, fondata sul fatto che la difesa, pur avendo dedotto
in sede di appello l’intervento stato di detenzione dell’imputato, già dichiarato
contumace, ed attestato quindi il suo impedimento, non avrebbe ottenuto il rinvio
della udienza, sul rilievo che la difesa stessa non avrebbe allegato uno specifico
interesse del CONTE a partecipare al processo. Osserva, infatti, il ricorrente che
l’assunto risulterebbe erroneo, in quanto dedotto l’impedimento era onere dei giudici
procedere, a norma dell’art. 599, comma 2, cod. proc. pen, e consentire all’imputato
di partecipare alla udienza.
Si lamenta, poi, vizio di motivazione in punto di responsabilità,
sottolineandosi le incongruenze e le contraddizioni che riguarderebbero i vari
elementi evocati a conforto del giudizio di colpevolezza, quali le varie inflessioni
dialettali segnalate dai testi, il giudizio di compatibilità somatica effettuato da un
appartenente del R.I.S. dei Carabinieri, o gli elementi acquisiti dall’uso del cellulare
tramite la ubicazione delle celle agganciate. Elementi ambigui e la cui scarsa
pregnanza aveva indotto il Giudice per le indagini preliminari a respingere la
richiesta di misura cautelare, fondata sugli stesse circostanze di fatto emerse anche
nel dibattimento.
i

OSSSERVA

/

2

La prima eccezione concernente la asserita irregolarità della notificazione
della citazione in primo grado si rivela non fondata in quanto questa Corte, con
giurisprudenza da tempo consolidata, ha avuto modo di affermare che l’elezione di
domicilio effettuata con l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato
opera anche nel procedimento principale in relazione al quale il beneficio è richiesto.
(ex plurimis e da ultimo, Sez. 3, n. 14416 del 19/02/2013 – dep. 27/03/2013, El Hairi,
Rv. 255029). Essendo stata dunque effettuata in sede di procedimento incidentale
elezione di domicilio presso il difensore, la notificazione anche della citazione a
giudizio presso il domicilio eletto si rivela del tutto regolare.
Del pari non fondata è anche la secondo eccezione relativa al mancato rinvio
della udienza in appello per sopravvenuta detenzione dell’imputato già contumace.
Come correttamente rammentano i giudici a quibus, infatti, questa Corte non ha
mancato di sottolineare che la scelta dell’imputato di rimanere estraneo al processo,
conclamata dalla dichiarazione di contumacia, determina che in caso di rinvio
dell’udienza non possa far valere un impedimento a comparire per la prosecuzione,
senza far precedere la richiesta dalla volontà esplicita di voler partecipare la processo.
(Sez. 2, n. 1633 del 19/02/2003 – dep. 21/01/2004, P.M. in proc. Leone, Rv. 227244).
Lo stato di detenzione, infatti, pur determinando una condizione di impedimento,
opera all’evidenza su piani differenziati a seconda che si realizzi nei confronti di un
imputato già dichiarato contumace rispetto a quello che tale status non abbia assunto,
giacchè nel primo caso la scelta manifestata dall’interessato è quella di rinuncia alla
partecipazione al dibattimento: rinuncia alla quale non può che seguire una
manifestazione contraria di volontà, che non può essere insita nella semplice
deduzione dell’impedimento ad opera del difensore, senza alcuna specificazione in
ordine alla scelta di dismettere la condizione di contumace. D’altra parte, le Sezioni
Unite di questa Corte hanno affermato che la conoscenza, da parte del giudice, di un
legittimo impedimento a comparire dell’imputato ne preclude la dichiarazione di
contumacia, a meno che l’imputato stesso non acconsenta alla celebrazione
dell’udienza in sua assenza o, se detenuto, rifiuti di assistervi. (Sez. U, n. 37483 del
26/09/2006 – dep. 14/11/2006, Arena, Rv. 234599): il che avvalora la tesi secondo la
quale il sistema prevede una serie di garanzie dirette ad impedire che la condizione di
contumacia possa insorgere senza la consapevolezza e la volontà dell’imputato; ma
una volta che tali garanzie siano state osservate, il contumace impedito non può non
essere tenuto a manifestare una univoca volontà partecipativa, pena, altrimenti,
l’insorgenza, per il giudice, di un obbligo di rinvio senza che ad esso corrisponda il
concreto esercizio di un diritto. Evenienza, questa, icasticamente scolpita nella
sentenza di primo grado, ove i giudici del merito non hanno mancato di sottolineare
come il dedotto impedimento fosse intervenuto dopo circa un anno che era in corso il
dibattimento e il sopravvenuto stato di detenzione fosse stato dedotto — senza nessuna
precisazione circa la volontà di presenziare e senza neppure che venisse formulata
una espressa istanza di rinvio— proprio alla udienza di discussione.
Palesemente inammissibili sono, infine, le censure riguardanti l’affermazione
di responsabilità, volgendosi le stesse a contrastare, per di più esclusivamente sul
piano del merito, profili secondari o sottoposti a disamina parcellizzata (quali la

P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2013
Il Consi

e estensore

Il31esidente

inflessione dialettale, o il giudizio di compatibilità somatica, la tracciatura del
cellulare) rispetto al complesso degli elementi puntualmente messi in luce nella
sentenza di primo grado (identità degli oggetti di camuffamento, di abbigliamento, e
delle armi rinvenuti in possesso dell’imputato in occasione della rapina del 19
dicembre 2005 in relazione alla quale venne arrestato, con quelli utilizzati dai
rapinatori nei fatti oggetto del presente giudizio; possesso da parte dei rapinatori di
una valigetta 24 ore nera identica a quella trovata nella disponibilità del CONTE
allorchè venne arrestato per la successiva rapina di Milano; identiche modalità
esecutive; impiego dello stesso strumento di minaccia; capi di abbigliamento del tutto
corrispondenti; coincidenze somatiche riscontrate sulla base dei fotogrammi
estrapolati dal sistema di video sorveglianza; presenza in prossimità dei luoghi in cui
erano avvenute le rapine, in base all’analisi delle celle impegnate dai cellulari
dell’imputato).
Il ricorso deve essere pertanto respinto con condanna dell’imputato al
pagamento delle spese processuali.

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