Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44195 del 10/10/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 44195 Anno 2013
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:
1) Lucente Giovanni
2) Patti Maria Audenzia

nato il 22.12.1963
nata il 7.05.1928

avverso la sentenza del 20.6.2012
della Corte di Appello di Palermo
sentita la relazione svolta dal Consigliere Silvio Amoresano
sentite le conclusioni del P.G.,dr.Gabriele Mazzotta, che ha
chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi

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Data Udienza: 10/10/2013

1. Con sentenza del 20.6.2012 la Corte di Appello di Palermo confermava la sentenza del
Tribunale di Sciacca, in composizione monocratica, emessa in data 12.5.2011, con la quale
Lucente Giovanni e Patti Maria Audenzia erano stati condannati, previo riconoscimento delle
circostanze attenuanti generiche alla Patti, alla pena di mesi sei di reclusione ed euro 400,00 di
multa il primo e di mesi uno di arresto ed euro 12.000,00 di ammenda la seconda per i reati
di cui agli artt.110 c.p., 55,1161 cod.nav. (capo a), 110 c.p., 181 D.L.vo 42/2004 (capo b),
110 c.p., 44 lett.c) DPR 380/2001 (capo c) ed il Lucente anche per il reato di cui all’art.349
co.2 c.p. (capo e).
Rilevava la Corte territoriale, quanto all’appello del Lucente, che egli, committente dei lavori,
aveva completato, nonostante il disposto sequestro, le opere abusivamente realizzate, per cui
doveva rispondere dei reati ascritti.
In ordine alla Patti assumeva la Corte di merito che essa aveva il possesso esclusivo del
terreno su cui era stata realizzata l’opera (come da scrittura privata in atti) e quindi aveva
interesse alla realizzazione della stessa.
2. Ricorre per cassazione Lucente Giovanni, denunciando, con il primo motivo, la mancanza,
contraddittorietà ed illogicità della motivazione, avendo la Corte territoriale ritenuto l’imputato
responsabile del reato di violazione di sigilli per il solo fatto che egli era stato nominato
custode, a prescindere dalla circostanza che fosse o meno a conoscenza della violazione. Il
possesso del fondo, come emerge dagli atti, apparteneva alla coimputata Patti. Peraltro, ove
fosse stata accertata una condotta colposa del Lucente, sarebbe stata ipotizzabile la diversa
fattispecie di cui all’art.350 c.p.
Con il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt.110 c.p., 55 , 1161
Cod.Nav., 181 D.L.vo 42/2004, 44 lett.c), non essendo stato provato che il ricorrente fosse il
committente delle opere e risultando piuttosto che il possesso del fondo apparteneva alla
coimputata Patti.
3. Ricorre, a sua volta, per cassazione Patti Maria Audenzia, denunciando la violazione di
legge, avendo la Corte territoriale affermato la responsabilità di essa ricorrente per i reati
ascritti sulla base soltanto della circostanza che aveva il possesso del fondo e pur avendo
ritenuto che il Lucente fosse il committente delle opere.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso del Lucente è manifestamente infondato.
2. La Corte territoriale, con motivazione adeguata ed immune da vizi logici, ha ritenuto, sulla
base di una pluralità di indizi, che il ricorrente fosse il committente dell’opera.
Ha rilevato, infatti, che egli, figlio della proprietaria del terreno, in età avanzata e quindi non in
grado di interessarsene, seguiva costantemente i lavori di realizzazione delle opere,
raggiungendo il cantiere a bordo di un’autovettura Jeep. Inoltre, benché, a seguito del
sequestro, fosse stato nominato custode, si era proceduto al completamento dei lavori senza
alcuna sua opposizione, con ciò mostrando di avere interesse diretto a quella prosecuzione.
3. Il ricorrente sottoscrisse il verbale di sequestro, accettando la nomina, e venne reso edotto
degli “obblighi” e delle conseguenze penali derivanti dalla violazione degli stessi. Era perciò
perfettamente a conoscenza degli obblighi di custodia degli immobili sequestrati e della
immutabilità dello stato dei luoghi, pena conseguenze di carattere penale.
La violazione di sigilli non consiste nell’atto materiale dell’infrazione, ma nella condotta diretta
in maniera specifica a violare la misura cautelare e strumentalizzata al proseguimento dei
lavori abusivi, sicchè il reato può concretarsi in qualunque atto comunque diretto al mancato
rispetto dell’effettuato sequestro. Oggetto della tutela penale non è infatti l’integrità dei sigilli,
ma la conservazione e identità della cosa sottoposta a sequestro.

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RITENUTO IN FATTO

4. Il ricorso del Lucente deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma che pare
congruo determinare in euro 1.000,00 ai sensi dell’art.616 c.p.p.
E’ appena il caso di aggiungere che l’inammissibilità del ricorso preclude la possibilità di
dichiarare la prescrizione, maturata (15.10.2012) dopo l’emissione (20.6.2012) della sentenza
impugnata, dei reati contrawenzionali.
Questa Corte si è pronunciata più volte sul tema anche a Sezioni Unite (per ultimo
sent.n.23428/2005-Bracale). Tale pronuncia, operando una sintesi delle precedenti decisioni,
ha enunciato il condivisibile principio che l’intervenuta formazione del giudicato sostanziale
derivante dalla proposizione di un atto di impugnazione invalido perché contrassegnato da uno
dei vizi indicati dalla legge (art.591 comma 1, con eccezione della rinuncia ad un valido atto di
impugnazione, e art.606 comma 3), precluda ogni possibilità sia di far valere una causa di non
punibilità precedentemente maturata sia di rilevarla d’ufficio. L’intrinseca incapacità dell’atto
invalido di accedere davanti al giudice dell’impugnazione viene a tradursi in una vera e propria
absolutio ab instantia, derivante da precise sequenze procedimentali, che siano in grado di
assegnare alle cause estintive già maturate una loro effettività sul piano giuridico, divenendo
altrimenti fatti storicamente verificatisi, ma giuridicamente indifferenti per essersi già formato
il giudicato sostanziale”.
5. Il ricorso della Patti è invece fondato nei termini di seguito indicati.
6. Secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte, in materia edilizia può essere attribuita
al proprietario non formalmente committente dell’opera la responsabilità per la violazione
dell’art.20 L.47/85 (sostituito dall’art.44 DPR 380/01) sulla base di valutazioni fattuali, quali
l’accertamento che questi abiti nello stesso territorio comunale ove è stata eretta la
costruzione abusiva, che sia stato individuato sul luogo, che sia destinatario finale dell’opera,
che abbia presentato richieste di provvedimenti abilitativi anche in sanatoria (cfr. ex multis
cass.pen.sez.3 n.9536 del 20.1.2004; Cass.sez.3 , 14.2.2005 -Di Marino; Cass.sez.3 n.32856
del 13.7.2005-Farzone).

Come costantemente affermato da questa Corte, in tema di violazioni di sigilli,i1 custode è
obbligato ad esercitare sulla cosa sottoposta a sequestro e sulla integrità dei relativi sigilli una
custodia continua ed attenta. Egli non può sottrarsi a tale obbligo se non adducendo oggettive
ragioni di impedimento e, quindi, chiedendo ed ottenendo di essere sostituito, ovvero, qualora
non abbia avuto il tempo e la possibilità di farlo, fornendo la prova del caso fortuito o della
forza maggiore che gli abbiano impedito di esercitare la dovuta vigilanza. Ne consegue che,
qualora venga accertata la violazione dei sigilli, senza che il custode abbia provveduto ad
avvertire dell’accaduto l’autorità, è lecito ritenere che detta violazione sia opera dello stesso
custode, da solo o in concorso con altri, tranne che lo stesso non dimostri di non essere stato
in grado di avere conoscenza del fatto per caso fortuito o forza maggiore: Ciò non configura
alcuna ipotesi di responsabilità oggettiva, estranea alla fattispecie, ma un onere della prova
che incombe sul custode (cfr. ex multis Cass.pen.sez.VI, 11 maggio 1993 n.4815; conf.
Cass.pen.sez.3 n.2989 del 28.1.2000).
Risponde, pertanto del reato di cui all’art.349 c.p. il custode che non dimostri l’esistenza del
caso fortuito o della forza maggiore, dal momento che su di lui grava l’obbligo di impedire la
violazione dei sigilli. (cfr.Cass.pen.sez.3 24.5.2006 n.19424; conf. Cass. Sez. 3 n.35956 del
22.9.2010).

7. La Corte territoriale, con motivazione, per un verso, contraddittoria e, per altro verso,
apparente ha ritenuto l’imputata responsabile dei reati ascritti.
Ha, invero, indicato quale committente delle opere il Lucente, figlio della ricorrente, anche
tenuto conto “dell’età avanzata della Patti” (pag.3 sent.).
Ha quindi ritenuto il concorso dell’imputata nei reati contestati, per il solo fatto di essere la
proprietaria del terreno, senza individuare alcun ulteriore elemento.
La sentenza dovrebbe, pertanto, essere annullata con rinvio per nuovo esame sul punto.
Senonchè nel frattempo è maturata la la prescrizione. Essendo la permanenza cessata con il
sequestro disposto in data 15.10.2007 e non risultando contestata la prosecuzione dei lavori, il
termine massimo di prescrizione di anni 5 per i reati di cui ai capi a), b) e c), ascritti alla Patti,

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è maturato in data 15.10.2012. Tali reati vanno, quindi, previo annullamento senza rinvio
della sentenza impugnata, dichiarati estinti per prescrizione.
P. Q. M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Patti Maria Audenzia perché i reati
a lei ascritti sono estinti per prescrizione.
Dichiara inammissibile il ricorso di Lucente Giovanni, che condanna al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento alla cassa delle ammende della somma di euro 1.000,00.
Così deciso in Roma il 10.10.2013

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