Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44194 del 10/10/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 44194 Anno 2013
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GAZZARA SANTI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI BENEDETTO FORTUNATO N. IL 12/01/1959
DI FILIPPO FILOMENA N. IL 06/01/1963
avverso la sentenza n. 1868/2011 CORTE APPELLO di SALERNO, del
12/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SANTI GAZZARA
Udito il Procuratore Ggnerale in persona del Dott. rd2.4 14_1«._ Atz,e,,22″:
che ha concluso per 4_

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 10/10/2013

In ordine alla eccezione procedurale sollevata col primo motivo di
annullamento, in dipendenza della quale, ad avviso della difesa dei
prevenuti, dovrebbe essere dichiarata la nullità della sentenza, vista la
, omessa, rituale, notifica del decreto di citazione a giudizio al difensore di
fiducia avv. Samuele Di Filippo, rilevasi che:

la questione non può riguardare la posizione di Filomena De Filippo, ma
esclusivamente quella del predetto Di Benedetto, in quanto solo
quest’ultimo, in sede di interrogatorio, del 22/5/2007, ha dichiarato di
nominare proprio difensore di fiducia il predetto avvocato;
-la nullità è da ritenere comunque sanata, poiché, pur corrispondendo al
vero che la questione era stata sollevata già all’udienza dell’11/7/2008,
essa non era riproposta alla udienza del 29/1/2009, presente il sostituto
del predetto difensore di fiducia, il quale si limitava a chiedere un rinvio,
determinato dalla astensione dall’attività processuale proclamata dalle
Camere Penali. Successivamente il decreto di citazione, unitamente al
verbale di udienza erano notificati sia all’imputato, Di Benedetto, che al
difensore di fiducia, avv. Di Filippo, per la successiva udienza del
9/7/2010, nel corso della quale da quest’ultimo non è stata ribadita
alcuna eccezione.
E’evidente che la rinnovazione della notifica del decreto di citazione,
ritualmente effettuata, nei termini, ut supra, specificati, non consente
,

ingresso alla censura di cui al primo motivo di ricorso, in quanto il vizio
genetico, pur ritualmente eccepito,

risulta del tutto sanato

successivamente: infatti, la eseguita notificazione del decreto di citazione
per la nuova udienza, unitamente al verbale di udienza, all’avv. Filippo, ha
reso rituale la prosecuzione del processo.

-in via preliminare, come correttamente osservato dal giudice di appello,

Del pari, del tutto privo di fondamento è da ritenere il secondo motivo di
annullamento, con cui si sostiene la insussistenza dell’illecito contestato,
visto che quanto realizzato doveva considerarsi precario, in difetto di
creazione di volumetria, ricadente, peraltro in zona B dello strumento

Rilevasi, sul punto, che il giudice di merito ha esaustivamente giustificato
le ragioni poste a fondamento delle conclusioni a cui è pervenuto,
evidenziando che gli imputati hanno realizzato una tettoia metallica, delle
dimensioni e caratteristiche indicate in imputazione, adibita a ricovero di
autovetture, che, secondo principio giurisprudenziale consolidato,
determina una modifica dell’assetto del territorio e non consente di
qualificare l’intervento quale precario, in quanto nel verificarsi di
interventi quali quello in esame non sono da ritenere rilevanti le
caratteristiche costruttive del manufatto, i materiali impiegati e l’agevole
rimovibilità dell’opera, ma le esigenze temporanee alle quali l’opera
eventualmente assolva ( ex multis Cass. 25/2/2009, n. 22054).
Nella specie le dette esigenze non si palesano contingenti, poiché la
tettoia è destinata a copertura e ricovero delle autovettura di famiglia
degli imputati.
Inoltre, va osservato che la disciplina sulle edificazioni in c.a. si applica
anche alle strutture metalliche e la normativa antisismica va ottemperata
in tutte le situazioni in cui viene a valutazione la sicurezza a tutela della
pubblica incolumità, a prescindere dai materiali utilizzati e alle relative
strutture poste in essere.

urbanistico.

Tenuto conto, di poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186 della Corte
Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il
Di Benedetto e la De Filippo abbiano proposto il ricorso senza versare in
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, gli stessi, a
versamento dei una somma , in favore della Cassa delle Ammende,
equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di
euro 1.000.00 ciascuno.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e
condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno di
essi al versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di
euro 1.000,00.
Così deciso in Roma il 10/10/2013.

norma dell’art. 616 cod.proc.pen., devono essere condannati al

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