Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44185 del 19/09/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 44185 Anno 2013
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TAMMARO GIUSEPPE N. IL 19/01/1963
avverso la sentenza n. 10398/2009 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
29/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/09/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. \i:N
che ha concluso per
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VI-ta0.7)

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

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Data Udienza: 19/09/2013

’ 15405/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 29 giugno 2012 la Corte d’appello di Napoli, a seguito di appello
proposto da Tammaro Giuseppe avverso sentenza del 5 febbraio 2009 con cui il Tribunale di
Napoli lo aveva condannato alla pena di mesi sette di reclusione ed euro 350 di multa per i
reati di cui agli articoli 171 ter, comma 1, I. 633/1941 (capo A) e 648, comma 2, c.p., in
parziale riforma della sentenza di primo grado, previa esclusione della contestata recidiva,

2. Ha presentato ricorso l’imputato adducendo violazione di legge e vizio motivazionale
quanto alla mancata valutazione degli elementi posti a sostegno della richiesta di assoluzione,
in relazione ad entrambi i reati. Erronea sarebbe stata la mancanza di applicazione della
sentenza Schwibbert, dato che il fatto sarebbe stato accertato il 3 aprile 2008. Sussisterebbe
altresì vizio motivazionale sulla negazione della circostanza attenuante di cui al terzo comma
dell’articolo 171 ter I. 633/1941. Inoltre l’imputato avrebbe dovuto essere assolto dal capo B,
essendo tutta la condotta riconducibile al capo A.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è fondato.
Anzitutto deve osservarsi che il capo A dalla imputazione contesta all’imputato il reato di cui
all’articolo 171 ter, comma 1,1. 633/1941 “perché, a fini di lucro, vendeva o comunque poneva
in commercio n. 24 DVD, sprovvisti del contrassegno Siae, contenenti opere cinematografiche
abusivamente riprodotte” – fatto accertato 1’11 aprile 2006 -. Secondo la corte territoriale,
siffatta imputazione attribuisce alla mancanza del contrassegno Siae il ruolo di essere “solo
uno degli elementi indiziari posti a fondamento della condanna”.
Va premesso, allora, che la Corte di Giustizia della Comunità europea con la nota sentenza
emessa ex art. 234 del Trattato CEE 1’8 novembre 2007 nel procedimento C-20/05,
Schwibbert, a proposito della compatibilità della normativa italiana prevedente l’apposizione

rideterminava la pena inflitta in mesi cinque di reclusione ed euro 250 di multa.

del contrassegno Siae con la direttiva europea 83/189/CEE che aveva istituito una necessaria
procedura di informazione nel settore delle norme e delle regole tecniche, ha qualificato
l’obbligo di apporre sui dischi compatti contenenti opere di arte figurativa il marchio Siae in
vista della loro commercializzazione una regola tecnica che avrebbe dovuto essere notificata
dall’Italia alla Commissione della Comunità europea per verificarne la compatibilità col principio
di libera circolazione delle merci, pena inopponibilità ai privati e disapplicazione da parte del
giudice nazionale delle norme interne.
Ai sensi dell’art. 164 del Trattato CEE, l’interpretazione del diritto comunitario della Corte di
Giustizia ha efficacia vincolante per tutte le autorità, giurisdizionali o amministrative, degli
Stati membri anche ultra partes. Questa Suprema Corte pertanto ha esteso le conclusioni dell

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sentenza Schwibbert a tutte le norme che prevedono la necessità del marchio Siae su ogni tipo
di supporto di opere tutelate dal diritto di autore, dichiarando quindi non penalmente rilevante
la condotta di commercializzazione di supporti privi del marchio per l’epoca antecedente al 21
aprile 2009 (cioè quando è stata perfezionata la procedura della notifica della regola tecnica
alla Commissione CEE), come quella in esame, in tale contesto cronologico rimanendo peraltro
reato l’abusiva diffusione, riproduzione e contraffazione delle opere d’ingegno, non potendosi
però dalla carenza del marchio Siae ricavare indizio sulla abusiva duplicazione o riproduzione,

all’avvenuta comunicazione lo priva del valore di garanzia della originalità dell’opera (in tal
senso Cass. sez. III, 2376/2012, 1073/2010, 44892/2009, 27109/2008, 21579/2008,
superando ormai definitivamente la posizione di Cass. sez. III, 34266/2008, 27764/2008,
13816/2008, 128/2008 che, stimando la mancanza del contrassegno come indizio di abusiva
duplicazione, eludeva il principio comunitario continuando sostanzialmente a ritenere esigibile
la marchiatura Siae nel senso di non tener conto che i privati non possono subire alcun
pregiudizio per una condotta non conforme ad una norma inopponibile).
Se, allora, la sentenza Schwibbert, per il periodo antecedente alla notifica della regola tecnica
attinente al contrassegno Siae alla commissione CEE, non incide comunque sulla valenza
penale dell’abusiva diffusione, riproduzione e contraffazione delle opere d’ingegno, nel caso
concreto in esame dalla conformazione del capo di imputazione il fatto emerge descritto come
consistente nella vendita o comunque messa in commercio di DVD sprovvisti del contrassegno
Siae, il riferimento al loro contenuto di “opere cinematografiche abusivamente riprodotte” non
trovando altro riscontro nella descrizione del fatto se non, appunto, la mancanza del
contrassegno. Pur non essendo stato fatto espresso riferimento, quindi, alla lettera d) del
primo comma dell’articolo 171 ter I. 633/1941, risulta evidente (d’altronde, quel che conforma
la contestazione è la completa descrizione del fatto, anche in ipotesi di omissione delle
correlate norme violate – S.U. 1 agosto 2000 n. 18; Cass. sez. VI, 16 settembre 2004-13
gennaio 2005 n. 437 -, poiché un’adeguata descrizione del fatto addebitato consente il pieno
esercizio del diritto di difesa – Cass. sez. I, 19 aprile 2004 n. 18027; Cass. sez. VI, 5 dicembre
2011 n. 45289 -) che è tale fattispecie ad essere stata contestata, risiedendo in sostanza
l’imputata condotta illecita nel commercio, o nel tentativo di commercio, di supporti privi del
contrassegno Siae, proprio per questo contenenti opere d’ingegno abusivamente riprodotte.
Come ha prospettato il ricorrente nel primo motivo, pertanto, è stata erronea la mancata
applicazione della sentenza comunitaria, sussistendo invece i presupposti per l’assoluzione
dell’imputato dal reato di cui al capo A perché il fatto non sussiste.
Quanto poi alla doglianza relativa al capo B (che imputa del reato di cui all’articolo 648,
comma 2, c.p. “perché, al fine di procurarsi un ingiusto profitto, pur conoscendone la
provenienza dal delitto di abusiva duplicazione, acquistata o comunque riceveva le cose
indicate al capo a)”, la corte territoriale riconosce che, nel caso in esame, la configurabilità

in quanto la inopponibilità ai privati dell’obbligo di apposizione del contrassegno fino

della fattispecie di ricettazione discende “dalla provenienza illecita del materiale rinvenuto”. Ma
per quanto si è sopra osservato nel senso che, per il capo A, l’illiceità della vendita e della
detenzione per vendita deriva dall’essere i supporti “sprovvisti del contrassegno Siae”, la non
sussistenza del fatto criminoso di cui al capo A comporta la non sussistenza della ricettazione,
con conseguente assoluzione perché il fatto contestato al capo B non sussiste.. Assorbendosi
quindi le ulteriori doglianze, deve pertanto annullarsi senza rinvio la sentenza impugnata
perché i fatti contestati non sussistono.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché i fatti non sussistono.

Così deciso in Roma il 19 settembre 2013

P.Q.M.

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