Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44175 del 01/07/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 44175 Anno 2013
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BEVILACQUA CESARE N. IL 24/06/1987
BEVILACQUA MASSIMO N. IL 04/09/1976
avverso la sentenza n. 1811/2012 TRIBUNALE di REGGIO
CALABRIA, del 23/07/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;

Data Udienza: 01/07/2013

RILEVATO IN FATTO

– che con l’impugnata sentenza, pronunciata ai sensi dell’art. 444 c.p.p., fu
applicata a Bevilacqua Cesare, per i reati contestati di reato di furto in abitazione
pluriaggravato e resistenza pubblico ufficiale, la pena concordata con la pubblica
accusa nella misura di anni due e mesi quattro di reclusione più C 240 di multa, con

unitamente a quelli di evasione e di lesioni personali volontarie, la pena concordata
con la pubblica accusa nella misura di anni tre di reclusione più C 300 di multa, con
esclusione della recidiva;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per entrambi gli imputati il
difensore, avv. Antonino Priolo, denunciando nullità della sentenza e mancanza di
motivazione in ordine alla mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p. con specifico
riferimento al capo B (resistenza a pubblico ufficiale) per Bevilacqua Cesare ed ai
capi D ed E (resistenza a pubblico ufficiale e lesioni volontarie), per Bevilacqua
Massimo, anche con riferimento ai criteri di valutazione degli indizi prescritti
dall’art. 192 c.p.p.;

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che alla sentenza di patteggiamento non si applica la regola probatoria di
valutazione degli indizi espressa dall’art. 192 c.p.p., invocata dal ricorrente, ma,
secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (a partire da Sez. U, n. 5777 del
27/3/1992, Di Benedetto, Rv. 191135) “la motivazione della sentenza che applica la
pena su richiesta delle parti a norma dell’art. 444 comma secondo cod. proc. pen. si
esaurisce in una delibazione ad un tempo positiva e negativa. Positiva a quanto
all’accertamento: 1) della sussistenza dell’accordo delle parti sull’applicazione di
una determinata pena; 2) della correttezza della qualificazione giuridica del fatto
nonché della applicazione e della comparazione delle eventuali circostanze; 3) della
congruità della pena patteggiata, ai fini e nei limiti di cui all’art. 27, terzo comma,
Cost.; 4) della concedibilità della sospensione condizionale della pena, qualora
l’efficacia della richiesta sia stata subordinata alla concessione del beneficio.
Negativa quanto alla esclusione della sussistenza di cause di non punibilità o di non
procedibilità o di estinzione del reato. Le delibazioni positive debbono essere
necessariamente sorrette dalla concisa esposizione dei relativi motivi di fatto e di
diritto, mentre, per quanto riguarda il giudizio negativo sulla ricorrenza di alcuna
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esclusione della recidiva e fu applicata a Bevilacqua Massimo, per i medesimi reati,

delle ipotesi previste dall’art. 129 cod. proc. pen., l’obbligo di una specifica
motivazione sussiste, per la natura stessa della delibazione, soltanto nel caso in cui
dagli atti o dalle dichiarazioni delle parti risultino elementi concreti in ordine alla
non ricorrenza delle suindicate ipotesi. In caso contrario, è sufficiente la semplice
enunciazione, anche implicita, di aver effettuato, con esito negativo, la verifica
richiesta dalla legge e cioè che non ricorrono gli estremi per la pronuncia di

– che il ricorso va dichiarato inammissibile, in quanto si dà espressamente atto,
nell’impugnata sentenza, della ritenuta sussistenza delle condizioni tutte, positive e
negative, previste dall’art. 444 c.p.p. per l’applicazione della pena su richiesta, ivi
compresa quella costituita dall’assenza dei presupposti per la pronuncia di sentenza
assolutoria ai sensi dell’art. 129 c.p.p. (viene espressamente richiamato il
contenuto del verbale di arresto); il che basta ad escludere ogni violazione di legge
ed a soddisfare le esigenze di motivazione proprie delle pronunce del genere di
quella impugnata, qualora facciano difetto (come si verifica nel caso di specie)
specifici elementi, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento o indicati
nell’atto di gravame, dai quali possa invece desumersi che taluna delle suddette
condizioni fosse mancante (si vedano in proposito, fra le altre: Cass. IV, 11 maggio
– 7 luglio 1992 n. 7768, Longo, RV 191238; Cass. III, 19 aprile – 1 giugno 2000 n.
1693, Petruzzelli, RV 216583; Cass. II, 21 maggio – 30 giugno 2003 n. 27930,
Lasco, RV 225208; Cass. IV, 13 luglio 17 ottobre 2006 n. 34494, PG c. Koumya, RV
234824; Cass. I, 10 gennaio – 6 febbraio 2007 n. 4688, Brendolin, RV 236622;
Cass. II, 17 novembre 2011 – 17 febbraio 2012 n. 6455, Alba, RV 252085);
– che la ritenuta inammissibilità dei ricorsi comporta le conseguenze di cui all’art.
616 c.p.p., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere ogni
profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui
importo stimasi equo fissare in euro nnillecinquecento per ciascun ricorrente;

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento nonché al versamento della somma di euro
millecinquecento alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 1 luglio 2012.,

sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.”;

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