Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44146 del 01/07/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 44146 Anno 2013
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GANDINI MICHELA N. IL 27/01/1964
avverso la sentenza n. 2/2012 TRIB.SEZ.DIST. di DOMODOSSOLA,
del 28/09/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 01/07/2013

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Verbania, Sezione distaccata di Domodossola, giudice
d’appello, assolta l’imputata dal delitto di minacce e rideterminata la pena, ha confermato nel resto la sentenza emessa in data 26 settembre 2011 dal locale Giudice di pace, appellata da GANDINI Michela, dichiarata responsabile del delitto di lesioni personali, commesso il 19 dicembre
2005.
Propone ricorso per cassazione l’imputata deducendo vizio di motivazione sulla responsabilità
per le lesioni.
Osserva il Collegio che il ricorso è inammissibile in quanto tendente a sottoporre al giudizio di
legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito e già adeguatamente valutati sia dal
Giudice di pace che dal Tribunale.
Nel caso in esame, difatti, i giudici del merito hanno ineccepibilmente osservato che la prova del
fatto ascritto all’imputato riposava nella testimonianza della persona offesa, la cui credibilità è
adeguatamente argomentata, e nel sostegno a questa che poteva trarsi dalla testimonianza di chi
vide l’alterco e riscontrò il contatto fisico fra le due donne, nonché dalla certificazione medica
delle lesioni riportate che descrive esiti di percosse subite quali escoriazioni alle braccia ed ecchimosi, certificazione che provenendo da struttura di pubblico servizio è dotata di particolare
affidabilità né può essere in questa ritenuta inattendibile sulle sole considerazioni medico legali e
di merito della ricorrente. arrossamenti cutanei ben suscettibili di evolvere in ecchimosi.
La sentenza impugnata non è dunque sindacabile in questa sede perché la Corte di cassazione
non deve condividere o sindacare la decisione, ma verificare se la sua giustificazione sia, come
nel caso in esame, sorretta da validi elementi dimostrativi e non abbia trascurato elementi in astratto decisivi, sia compatibile con il senso comune e, data come valida la premessa in fatto, sia
logica: insomma, se sia esauriente e plausibile.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in C. 1.000,00#.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di E. 1.000,00# in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Ro a il 1° luglio 2013.

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