Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44139 del 01/07/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 44139 Anno 2013
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DI ROCCO VIRGINIA N. IL 21/05/1944
avverso la sentenza n. 1447/2006 CORTE APPELLO di ANCONA, del
06/04/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 01/07/2013

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Ancona ha confermato la sentenza emessa in data 13 aprile 2006 dal Giudice dell’Udienza preliminare del Tribunale di Fermo, appellata da DI
ROCCO Virginia, dichiarata responsabile del delitto di violazione dell’obbligo di soggiorno impostole con la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di p.s., commesso il 14 gennaio
2006.
Propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo vizio di motivazione sulla responsabilità e
la misura della pena.
Osserva il Collegio che il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato poiché
correttamente la Corte di merito ha evidenziato l’automaticità del decorrere della misura di prevenzione regolarmente notificata mentre la prevenuta era in detenzione domiciliare, al momento
della cessazione dello stato di detenzione, senza necessità di ulteriore notificazione come d’altra
parte ha statuito costante giurisprudenza (Sez. I, n. 20265 del 28/4/2010, Rv. 247210) per la quale la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, la cui esecuzione resta sospesa in caso di intervenuta carcerazione nel corso di essa, riprende a decorrere allo scadere della detenzione senza
bisogno di nuova notifica del decreto applicativo. (conf.: n. 5220 del 2000, Rv. 217352; n. 49226
del 2004, Rv. 230321; n. 7783 del 2008, Rv. 239230).
Inammissibile perché risolventesi in censure su valutazioni di merito, insuscettibili, come tali, di
aver seguito nel presente giudizio di legittimità, è poi il secondo motivo, concernente la misura
della pena giacché la motivazione della impugnata sentenza si sottrae ad ogni sindacato per avere
adeguatamente richiamato l’impressionante serie di precedenti penali dell’imputata ed il suo
comportamento laddove non solo si era trovata al di fuori dell’ambito di territoriale indicato dal
provvedimento e per di più in compagnia di pregiudicati — elementi sicuramente rilevanti ex artt.
133 C.P. — nonché per le connotazioni di complessiva coerenza dei suoi contenuti
nell’apprezzamento della gravità dei fatti.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in C. 1.000,00#.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di E. 1.000,00# in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 1° luglio 2013.

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