Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44128 del 01/07/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 44128 Anno 2013
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LOPETUSO MARIANGELA N. IL 07/04/1976
avverso la sentenza n. 231/2003 CORTE APPELLO di BARI, del
27/03/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SA VANI;

Data Udienza: 01/07/2013

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Bari ha confermato la sentenza emessa in data
13 giugno 2002 dal Giudice dell’Udienza preliminare del Tribunale di Trani, appellata da LOPETUSO Mariangela, dichiarata responsabile del delitto di bancarotta fraudolenta aggravata,
commesso il 14 luglio 1999.
Propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo mancanza di motivazione.
Osserva il Collegio che il ricorso è inammissibile in quanto generico e manifestamente infondato.
Invero la Corte di merito, pur se si è riferita anche alla motivazione della sentenza impugnata, ha
affrontato anche le doglianze dell’appellante sulla sua posizione nella società che ne avrebbe escluso la responsabilità quale mera amministratore formale. Ha invece evidenziato la Corte di
merito da un lato la violazione del diretto obbligo di controllo facente capo all’amministratore di
diritto sulla corretta tenuta delle scritture contabili, quanto alla bancarotta fraudolenta documentale, e la documentata partecipazione della prevenuta ad attività di gestione della società in contemporanea con le attività distrattive direttamente ascrivibili ai famigliari attività distrattive che i
giudici di merito hanno evidenziato puntualmente.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in E. 1.000,00#.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di C. 1.000,00# in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 10 luglio 2013.

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