Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44076 del 01/07/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 44076 Anno 2013
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
VACCARO MAURIZIO N. IL 20/05/1980
BELLI ALFREDO CLAUDIO N. IL 05/12/1966
avverso la sentenza n. 589/2012 CORTE APPELLO di PALERMO, del
12/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;

Data Udienza: 01/07/2013

-■

RILEVATO IN FATTO

– che con l’impugnata sentenza, in conferma di quella di primo grado, Belli Alfredo
Claudio e Vaccaro Maurizio erano ritenuti responsabili, del reato di furto aggravato
di un tombino in ghisa con dicitura Enel, con attenuanti generiche valutate come
equivalenti alle ritenute aggravanti ed alla recidiva;
– che avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione

– che l’imputato Vaccaro Maurizio, con atto redatto personalmente, denuncia
violazione di legge e in ordine al trattamento sanzionatorio, con riferimento al
comportamento processuale dell’imputato;
– che l’imputato Belli Alfredo, con atto redatto dal difensore, avv. Angelo Brancato,
denuncia travisamento della prova, in relazione alla deposizione dell’agente
Calabria, con riferimento alla insussistenza del dolo ed alla configurazione della
fattispecie in termini il delitto tentato, nonché violazione di legge e vizio di
motivazione in ordine al giudizio di equivalenza delle attenuanti generiche;

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che entrambi i ricorsi vanno dichiarati inammissibili;
– che con riferimento ai motivi riguardante il trattamento sanzionatorio ed il giudizio
di equivalenza delle attenuanti generiche va considerato che dette statuizioni sono
rimesse dall’ordinamento alla discrezionalità del giudice di merito, per cui non vi è
margine per il sindacato di legittimità quando la decisione sia motivata in modo
conforme alla legge e ai canoni della logica; nel caso di specie il giudizio di
bilanciamento delle attenuanti generiche è congruamente motivato con il richiamo
alle modalità dell’azione e la pena inflitta è stata decisamente contenuta (otto mesi
di reclusione ed € 200 di multa, mistura prossima al minimo edittale), per cui anche
sotto il profilo motivazionale la determinazione risulta incensurabile, poiché quando
la pena venga compresa nel minimo o in prossimità del minimo, la motivazione non
deve necessariamente svilupparsi in un esame dei singoli criteri elencati nell’art.
133 cod. pen., essendo sufficiente il riferimento alla necessità di adeguamento al
caso concreto (Sez. 2, n. 43596 del 07/10/2003, Iunco, Rv. 227685), oppure l’uso
di espressioni come “pena congrua”, “pena equa”, ovvero si richiami alla gravità del
reato o alla personalità del reo (Sez. 3, n. 33773 del 29/05/2007, Ruggieri, Rv.
237402);

separatamente gli imputati;

- che con riferimento al travisamento di prova, denunciato dal Belli peraltro in
maniera generica, la deposizione dell’agente Calabria è correttamente intesa e
valutata nella sentenza, la quale in maniera del tutto logica qualifica la condotta
accertata in termini di furto consumato;
– che infatti il reato di furto si perfeziona nel momento in cui il comportamento
realizzato pone di fatto sotto il dominio esclusivo dell’autore i cespiti rubati, in tal
modo realizzando l’impossessamento richiesto dalla fattispecie incriminatrice,

che abbia nascosto sulla sua persona la cosa sottratta, anche se non si sia
allontanato dal luogo della sottrazione ed abbia esercitato un potere del tutto
temporaneo sulla refurtiva, essendo poi stato costretto ad abbandonarla subito
dopo il fatto, in conseguenza dell’altrui pronto intervento (Sez. 5, n. 17045 del
20/02/2001, Picone, Rv. 219030);
– che nella specie, i due imputati, come emerge dalla sentenza impugnata, erano
intenti a caricare su di un motoPre il tombino in ghisa, già asportato dalla sua sede
sul manto stradale e già trasportato verso il veicolo parcheggiato nelle vicinanze,
quando furono sorpresi dalla pattuglia del Corpo Forestale di Palermo, per cui la
condotta esprime un evidente controllo autonomo sulla cosa sottratta ed impone la
qualifica del fatto in termini di furto consumato (Sez. 5, n. 28062 del 16/05/2013,
Iacoviello, non massimata);
– che la ritenuta inammissibilità dei ricorsi comporta le conseguenze di cui all’art.
616 c.p.p., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere ogni
profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui
importo stimasi equo fissare in euro mille per ciascun imputato;

P. Q. M.

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento nonché al versamento della somma di euro mille alla cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma, il 1 luglio 2013

sicchè, ad esempio, risponde di furto consumato e non semplicemente tentato colui

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