Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44057 del 01/07/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 44057 Anno 2013
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MONETTI LUCA N. IL 14/06/1965
avverso la sentenza n. 3533/2012 TRIBUNALE di TORINO, del
28/09/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;

Data Udienza: 01/07/2013

RILEVATO IN FATTO

– che con l’impugnata sentenza, pronunciata ai sensi dell’art. 444 c.p.p., fu
applicata a Monetti Luca, per il reato di furto aggravato continuato, la pena
concordata con la pubblica accusa nella misura di mesi quattro di reclusione, più
euro 200 di multa, in continuazione rispetto alla sentenza della Corte d’appello di
Torino del 20 febbraio 2012 di condanna ad otto mesi di reclusione, più euro 200 di

– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, con
atto del difensore avv. Flavio Campagna, denunciando mancanza di motivazione in
ordine alla corretta qualificazione del fatto;

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile, poiché nel procedimento di
applicazione della pena su richiesta delle parti (artt. 444 e seg. c.p.p.), (queste)
non possono prospettare con il ricorso per cassazione questioni incompatibili con la
richiesta di patteggiamento formulata per il fatto contestato e per la relativa
qualificazione giuridica risultante dalla contestazione, in quanto l’accusa come
giuridicamente qualificata non può essere rimessa in discussione. L’applicazione
concordata della pena, infatti, presuppone la rinuncia a far valere qualunque
eccezione di nullità, anche assoluta, diversa da quelle attinenti alla richiesta di
patteggiamento e al consenso a essa prestato. Cosicché, in questa prospettiva,
l’obbligo di motivazione del giudice è assolto con la semplice affermazione
dell’effettuata verifica e positiva valutazione dei termini dell’accordo intervenuto tra
le parti e dell’effettuato controllo degli elementi di cui all’art. 129 c.p.p.
conformemente ai criteri di legge (Sez. U, n. 20 del 27/10/1999, Fraccari, Rv.
214637; Sez. 5, n. 21287 del 25/03/2010, Legari, Rv. 247539);
– che peraltro deve riconoscersi la correttezza del controllo operato dal giudice del
patteggiamento, controllo che in questa sede deve essere valutato in rapporto allo
stato degli atti del procedimento al momento dell’accordo tra le parti come
risultante dalla stessa sentenza impugnata. In sede di legittimità la verifica
dell’osservanza della previsione contenuta nell’art. 444 comma 2 c.p.p. avviene
esclusivamente sulla base dei capi di imputazione, della succinta motivazione della
sentenza e dei motivi dedotti nel ricorso, non potendo certo spingersi la Corte ad
esaminare gli atti del procedimento o i documenti estranei ad esso e la censura

multa;

proposta dal ricorrente, sul punto, non offre alcun elemento critico, attesa la sua
assoluta genericità;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art.
616 c.p.p., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere ogni
profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui
importo stimasi equo fissare in euro millecinquecento;

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
del procedimento nonché al versamento della somma di euro millecinquecento alla
cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 1 luglio 2013
Il consicjliere estensore

P. Q. M.

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