Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44052 del 01/07/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 44052 Anno 2013
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
I.A.
avverso la sentenza n. 311/2009 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
18/09/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. F. L.;

Data Udienza: 01/07/2013

RILEVATO IN FATTO

– che con l’impugnata sentenza, in conferma di quella di primo grado, I.A.
Nicola fu ritenuto responsabile di due episodi di tentativo di furto aggravato in
appartamento, riconosciuta l’attenuante del risarcimento del danno, equivalente
alla contestata l’aggravante;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, con

al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, in considerazione della
confessione resa in sede di convalida, delle modalità dell’azione, la mancanza di
abilità nel tentativo di scasso, della inidoneità degli attrezzi utilizzati, dell’entità dei
danni causati alle persone offese e della della condotta successiva all’arresto;
difetto di motivazione in ordine alla determinazione della pena, non essendo
indicata la pena base applicata per il reato di cui all’art. 624 bis cod. pen., ne la
diminuzione effettuata ex art. 56 cod. pen..

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza, poiché va
rimarcato che il riconoscimento delle attenuanti generiche, e il connesso giudizio di
bilanciamento con le aggravanti, sono statuizioni che l’ordinamento rimette alla
discrezionalità del giudice di merito, per cui non vi è margine per il sindacato di
legittimità quando la decisione sia motivata in modo conforme alla legge e ai canoni
della logica. Nel caso di specie la Corte d’appello non ha mancato di motivare la
propria decisione, facendo riferimento alla professionalità nel delitto dell’imputato,
desumibile dalla circostanza che egli indossava guanti di lattice e recava con sé
attrezzi di lavoro che non si limitavano ai due cacciavite richiamati nel ricorso;
riportando i molteplici precedenti penali riportati nel casellario giudiziale, dei quali
tre condanne per rapina, otto condanne per furto e tentato furto, ben nove
condanne per furto in abitazione consumato, oltre ad ulteriori condanne per rissa,
minaccia, danneggiamento, falsità materiale, falsità ideologica. Siffatta linea
argomentativa non presta il fianco a censura, rendendo adeguatamente conto delle
ragioni della decisione adottata; d’altra parte non è necessario, a soddisfare
l’obbligo della motivazione, che il giudice prenda singolarmente in osservazione tutti
gli elementi di cui all’art. 133 c.p., essendo invece sufficiente l’indicazione di quegli
elementi che nel discrezionale giudizio complessivo, assumono eminente rilievo;
– quanto poi al vizio di motivazione in ordine alla determinazione della pena, va
ricordato che il delitto tentato costituisce figura autonoma di reato, qualificato da una
propria oggettività giuridica e da una propria struttura, delineate dalla combinazione della
norma incriminatrice specifica e dalla disposizione contenuta nell’art. 56 cod. pen., che rende
punibili, con una pena autonoma, fatti non altrimenti sanzionabili, per cui la determinazione
della pena può effettuarsi anche con il cosiddetto metodo diretto o sintetico (come avvenuto
nel caso di specie), cioè senza operare la diminuzione sulla pena fissata per la corrispondente
ipotesi di delitto consumato, purchè ciò avvenga nel rispetto dei vincoli normativi relativi al
contenimento della riduzione da uno a due terzi, la cui inosservanza comporta violazione di

Bono, Rv. 195382);
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art.
616 c.p.p., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere ogni
profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui
importo stimasi equo fissare in euro mille;

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
del procedimento nonché al versamento della somma di euro mille alla cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 1 luglio 2013
Il consigliere estensore

legge (Sez. 1, n. 37562 del 16/05/2001, Botto, Rv. 220189; Sez. 2, n. 5480 del 11/03/1993,

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