Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44047 del 15/07/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 44047 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CIARAVOLO MICHELE N. IL 06/02/1980
avverso l’ordinanza n. 1172/2014 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
26/02/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI
DEMARCHI ALBENGO;
lette/sentite le conclusioni del PG

Data Udienza: 15/07/2014

I

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Gabriele Mazzotta,
ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Per il ricorrente è presente l’Avvocato Michele Bruno, il quale chiede
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Ciaravolo Michele è stato attinto da un’ordinanza di custodia

1.

2013 per il delitto di partecipazione ad associazione camorrista, quale
affiliato al clan Di Gioia. Il tribunale di Napoli, su richiesta di riesame, ha
confermato l’ordinanza genetica.
Il Ciaravolo propone ricorso per Cassazione e, senza evidenziare in

2.

modo specifico precisi vizi di legittimità ai sensi dell’articolo 606 del
codice di procedura penale, afferma che le dichiarazioni rese da Cuomo
Filippo, relative alla sua appartenenza alla federazione camorristica Di
Gioia/Papale, non trovano alcun riscontro negli atti di indagine se non
quello relativo alla partecipazione alle attività delinquenziali del clan
Papale, per la quale è stato già condannato. Contesta, poi, che i clan Di
Gioia e Papale fossero federati, e ciò sulla base di una personale lettura
dell’interrogatorio del Cuomo del 18 novembre 2010.
3.

Vi è poi in ricorso un generico riferimento ad un’eccezione

difensiva sulla sussistenza dell’ipotesi di cui al terzo comma dell’articolo
297 cod. proc. pen., con richiesta di retrodatazione dell’ordinanza
cautelare al novembre 2010, non essendo condivisibile – secondo la
difesa – l’assunto del tribunale secondo cui non si poteva prescindere
dagli elementi acquisiti nel 2013.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è palesemente inammissibile; quanto al primo profilo di
censura il ricorrente si limita a proporre una propria personale
ricostruzione dei fatti all’esito di una alternativa e per lui più favorevole
valutazione del compendio indiziario; l’ordinanza impugnata, però, non
può dirsi affetta da alcun vizio motivazionale, avendo dato conto dei
motivi per cui ha ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza in
ordine alla affiliazione del ricorrente al clan Di Gioia/Papale, indicando i
relativi riscontri probatori. La censura, inoltre, oltre ad essere
1

cautelare in carcere emessa dal gip del tribunale di Napoli il 5 dicembre

inammissibile perché attinente ad elementi di fatto, si manifesta altresì
generica e frammentaria nell’analisi del materiale indiziario, omettendo
di considerare che il giudizio di merito del tribunale del riesame è il frutto
di una valutazione complessiva ed unitaria del quadro indiziario,
adeguatamente evidenziato.
2. Quanto alla violazione dell’articolo 297 cod. proc. pen., trattasi di
censura generica e fondata su mere affermazione in ordine alla
sussistenza dei requisiti per la retrodatazione dell’ordinanza cautelare,

adeguatamente motivato alla pagina 14 dell’ordinanza, osservando che
solo attraverso l’acquisizione di nuovi dati indiziari nel 2013 (a seguito
della collaborazione con la giustizia intrapresa da Di Gioia Isidoro e
Palomba Marco) è stato possibile ricostruire il contesto entro il quale ha
operato l’associazione e la stabile adesione alla stessa di alcuni soggetti
provenienti dal clan Papale, tra cui il Ciaravolo. A fronte di tale percorso
motivazionale non sono certamente sufficienti le generiche ed assertive
contestazioni del ricorrente.
3. Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; alla
declaratoria di inammissibilità segue, per legge (art. 616 c.p.p.), la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché
(trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa
emergenti dal ricorso: cfr. Sez. 2, n. 35443 del 06/07/2007 – dep.
24/09/2007, Ferraloro, Rv. 237957) al versamento, a favore della
cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo
determinare in Euro 1.000,00.
4. La cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’articolo 94,
comma 1 ter, delle disposizioni di attuazione cod. proc. pen..

p.q.m.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 a
favore della cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94,
comma 1 ter, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura
penale.
Così deciso il 15/07/2014

peraltro solo in parte esaminati. Anche su questo aspetto il tribunale ha

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