Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44036 del 01/07/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 44036 Anno 2013
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: PALLA STEFANO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LAROCCA CARLO BIAGIO N. IL 03/02/1949
avverso la sentenza n. 17/2008 TRIB.SEZ.DIST. di GINOSA, del
25/10/2010
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. STEFANO PALLA;

Data Udienza: 01/07/2013

Larocca Carlo ricorre avverso la sentenza 25.10.10 del Tribunale di Taranto-sezione distaccata di
Ginosa con la quale, in parziale riforma di quella n.158/08 del Giudice di pace di Taranto, ha
dichiarato non punibile il prevenuto in relazione al reato di cui all’art.594 c.p., confermando la
sentenza di condanna, anche agli effetti civili, per i reati di cui agli artt.582 e 612 c.p.
Deduce il ricorrente violazione dell’art.606, comma 1, lett. e) c.p.p. per avere il giudice di appello

una mera motivazione di stile, senza valutare criticamente le risultanze dibattimentali dalle quali era
emerso che era stata la p.o. Todisco Pietro ad assumere un atteggiamento provocatorio e minatorio
agitando una delle due stampelle, sulle quali si reggeva, all’indirizzo dell’imputato, fino a che —
come aveva riferito quest’ultimo e confermato il teste Ignazzi Gianfranco – , intervenuto anche il
fratello Tommaso Todisco, era stato colpito con la stampella alla testa da Todisco Pietro.
Alla luce anche delle contraddizioni nel narrato del Todisco Pietro — concludeva il ricorrente — la
sentenza di appello non aveva dato conto delle ragioni per le quali era stata ritenuta credibile la p.o.,
avendo inoltre il Todisco riferito di aver subito una serie di calci e pugni dall’imputato, mentre il
certificato medico recava solo l’indicazione :”escoriazione e contusione del V dito della mano sx”.
Osserva la Corte che il ricorso è inammissibile in quanto tendente a sottoporre al giudice di
legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio
rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito.
Nel caso in esame, il giudice di appello – rilevato come il diverbio tra le parti fosse insorto per una
controversia relativa alla proprietà di una strada interpoderale – ha ineccepibilmente evidenziato
come la responsabilità del Larocca per il reato di minaccia e lesioni riposi principalmente sulle
dichiarazioni della p.o. — la cui attendibilità è stata adeguatamente argomentata – , secondo cui il
Todisco, mentre stava recandosi in visita al fratello Tommaso, aveva incontrato l’imputato che
dapprima lo aveva ingiuriato con l’epiteto di ‘storpio’ (reato per il quale il Larocca è stato
dichiarato non punibile in applicazione dell’art.599 c.p.) e quindi, dopo averlo privato di una delle

fatto ricorso, in relazione alla affermazione di responsabilità per il reato di cui all’art.612 c.p., ad

due stampelle con le quali si reggeva, spezzandola, lo aveva minacciato con la frase < In questa terra ti devo seppellire!>, per poi spingerlo a terra e colpirlo con calci e pugni.
All’arrivo dei carabinieri — ha sottolineato il tribunale — Todisco Pietro presentava una mano
sanguinante, per cui era stato consigliato di recarsi al Pronto soccorso, dove gli veniva diagnosticato
“trauma contusivo, contusione escoriata V° dito mano sinistra”, con prognosi di tre giorni, elementi

che — ha ancora rimarcato il giudice di secondo grado — si presentavano inattendibili per aver questi
sostenuto di essere stato aggredito, pur non avendo riportato lesioni, con un violento colpo di
stampella alla testa, laddove non credibile era risultato anche il teste Ignazzi per aver sostenuto che
entrambi i fratelli Todisco avevano colpito il Larocca ciascuno con una stampella, circostanza per
nulla credibile — ha del tutto logicamente osservato il tribunale, con un giudizio in fatto che non può
essere censurato in questa sede — non essendo Todisco Pietro in grado di reggersi con una sola
stampella.
Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che reputasi equo determinare in
€ 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Roma, I luglio 2013

che dunque riscontravano il narrato della parte lesa, al contrario delle affermazioni dell’imputato

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