Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44031 del 05/07/2017

Penale Sent. Sez. 5 Num. 44031 Anno 2017
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: CATENA ROSSELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Venezia,
avverso la sentenza della Corte di Appello di Venezia emessa in data 22/12/2014
nel processo nei confronti di B.B. e A.A.;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere dott.ssa Rossella Catena;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Francesco Salzano, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della
sentenza;
udito per il ricorrente A.A. il difensore di fiducia, Avv.to Cristiana
Riccitiello, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Venezia, in riforma della
sentenza emessa dal Tribunale di Venezia in composizione monocratica in data
13/11/2012 – con cui B.B. e A.A. erano stati
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Data Udienza: 05/07/2017

condannati a pena di giustizia in relazione al delitto di cui agli artt. 110, 56, 624,
625 n. 2 cod. pen., con la recidiva specifica; in Venezia Mestre il 29/01/2007 dichiarava non doversi procedere nei confronti degli imputati per essere il reato a
loro ascritto estinto per prescrizione.
2. Con ricorso depositato il 09/04/2015 il Procuratore Generale presso la Corte di
Appello di Venezia ricorre per violazione di legge ex art. 606, lett. b) cod. proc.
pen., in relazione agli artt. 157 e 161 cod. pen., in quanto, ai sensi della
disciplina della prescrizione vigente a seguito dell’entrata in vigore della legge

che comporta un aumento della metà rispetto ai termini di prescrizione, nel caso
in esame i termini vanno individuati in anni nove ai sensi dell’art. 157 cod. pen.,
ed in anni tredici mesi sei ai sensi dell’art. 161 cod. pen, per cui il termine
massimo di prescrizione risulta scadere alla data del 29/07/2020.

3. In data 23/06/2017 è stata depositata memoria difensiva nell’interesse de
A.A., in cui si evidenzia come, considerata la forma di
manifestazione del reato nella fattispecie del tentativo, il termine di prescrizione
massimo, pari ad anni sei, risulterebbe decorso alla data del 29/01/2016.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va dichiarato inammissibile.
Il Procuratore Generale, nel proprio ricorso, ha operato un erroneo calcolo dei
termini di prescrizione ai sensi degli artt. 159 e 161 cod. pen., avendo omesso di
considerare la circostanza che, nel caso in esame, gli imputati erano stati ritenuti
responsabili di furto tentato monoaggravato, ai sensi dell’art. 625 n. 2, cod. pen.
Non vi è alcun dubbio, infatti, come affermato in ricorso, che la recidiva, ai sensi
dell’art. 99, commi secondo e quarto, cod. pen., influisca, in presenza di atti
interruttivi, anche per determinare il termine massimo di prescrizione (Sez. 6,
sentenza n. 50089 del 28/10/2016, Lofiego Raco, Rv. 268214; Sez. 6, n. 48954
del 21/09/2016, Lamirowski; Sez. 2, n. 13463 del 18/02/2016, Giofrè, Rv.
266532; Sez. 2, sentenza n. 19565 del 09/04/2008, Rinallo, Rv. 240409).
Come già rilevato dalle pronunce citate, infatti, detto orientamento, non solo
risulta confermato dalla stessa Corte Costituzionale (ord. n. 34 del 2009;
sentenza n. 324 del 2008), ma dallo stesso dettato normativo che, in mancanza
di un esplicito riferimento alla possibilità di applicare la recidiva una sola volta, in
relazione al calcolo del termine breve di prescrizione, ai sensi del’art. 157 cod.
pen., rende evidente come l’opposto orientamento finisca per introdurre una
discrezionalità arbitraria all’interprete, a fronte dei casi ben diversi di
2

251/2005, considerato che agli imputati è stata applicata la recidiva specifica,

applicazione del principio del ne bis in idem sostanziale – artt. 15, 61, 62, 68,
301, 581, comma 2, cod. pen. – in cui è pur sempre il legislatore ad indicare i
criteri per applicare l’elemento in astratto suscettibile di assumere doppia
valenza.
La disciplina dell’interruzione della prescrizione, infatti, bilancia l’esigenza dello
Stato, che, attraverso l’atto interruttivo, manifesta il permanere del suo
interesse al perseguimento del reato, con quello dell’indagato o imputato, al
quale deve essere riconosciuto il diritto di vedere estinto, entro un ragionevole
lasso temporale, il reato (Sez. 5, n. 1018 del 03/12/1999, dep. 2000, Mazzara

Come espressamente previsto dall’art. 160 cod. pen., quindi, l’istituto
dell’interruzione fa decorrere nuovamente i termini della prescrizione, con il
temperamento previsto dal terzo comma dell’art. 160 cod. pen., che richiama
appunto i termini indicati nell’art. 161, secondo comma, cod. pen., con
l’eccezione per i reati di cui all’art. 51 bis e quater, cod. proc. pen.
Pertanto, proprio nel disciplinare e temperare l’automatismo dell’effetto
riespansivo degli atti interruttivi, il legislatore del 2005 ha ritenuto,
coerentemente con le modalità di calcolo del termine “base” della prescrizione, di
dare rilievo a talune situazioni che giustificassero un diverso trattamento,
tenendo, quindi, conto del fattore recidiva, ossia di un fattore che, secondo la
valutazione del legislatore, costituisce una causa di prolungamento diacronico
della pretesa punitiva dello Stato.
Né può ritenersi che tale scelta di politica criminale sia in contrasto con i principi
sanciti a livello internazionale in tema di

ne bis in idem,

in quanto,

indipendentemente dalla natura sostanziale attribuita all’istituto della
prescrizione – come affermato dalla Corte costituzionale che, con la sentenza n.
393 del 2006, ha osservato come la prescrizione elimina la punibilità del reato,
costituendo una causa di rinuncia totale dello Stato alla potestà punitiva -, il
citato principio non forma oggetto della tutela apprestata dall’art. 4 del
Protocollo n. 7 CEDU, che vieta soltanto “di perseguire o giudicare una persona
per un secondo illecito nella misura in cui alla base di quest’ultimo vi sono fatti
che sono sostanzialmente gli stessi” (cfr., ad esempio, Grande Camera, Corte
EDU, 10/02/2009, Zolotoukhine c. Russia, § 82).
Inoltre, va rilevato come, a seguito della pronuncia della Consulta, n. 185 del
2015, appare pacifico che l’aumento di pena apportato per la recidiva non possa
essere legato esclusivamente al dato formale del titolo di reato, ma presupponga
un accertamento della concreta significatività del nuovo episodio criminoso in
rapporto alla natura e al tempo di commissione dei precedenti, avuto altresì
riguardo ai parametri di cui all’art. 133 cod. pen., sotto il profilo della più

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Bologna G, Rv. 215571).

accentuata colpevolezza e della maggiore pericolosità del reo. Sulla base di
questa premessa, che rende evidente la scelta legislativa di ritenere, in detti
casi, maggiormente pregnante e, quindi, perdurante per un più lungo arco
temporale, l’interesse dello Stato a perseguire delitti che assumano detta
maggiore significatività, apparirebbe palesemente irragionevole considerare
dette caratteristiche intrinseche della condotta solo ai fini del calcolo del termine
base di prescrizione, atteso che il verificarsi della causa interruttiva certamente
non può avere l’effetto di vanificare la maggiore rilevanza dell’episodio
criminoso.

considerare un ulteriore aspetto della fattispecie, ossia il concorso di due
circostanze aggravanti ad effetto speciale – la recidiva specifica e la circostanza
di cui all’art. 625 n. 2, cod. pen. -, rilevante ai fini della prescrizione, secondo il
meccanismo disciplinato dall’art. 63, comma 4, cod. pen. (Sez. 2, sentenza n.
32656 del 15/07/2014, P.G. in proc. Bovio, Rv. 259833; Sez. 2, sentenza n.
47028 del 03/10/2013, Farinella ed altri, Rv. 257520; Sez. 2, sentenza n.
31065 del 10/05/2012, Lo Bianco ed altri, Rv. 253525).
Considerato che la circostanza aggravante più rilevante è quella del 625 comma
2, cod. pen. – atteso che rispetto al tentativo di furto semplice l’aggravante di
cui all’art. 625 n. 2, cod. pen., determina una pena pari ad anni quattro di
reclusione, oltre multa, mentre l’aumento per la recidiva specifica determina una
pena detentiva pari ad anni tre di reclusione -, ne discende che, ai fini della
individuazione della pena massima in relazione alla prescrizione, va considerata
quella di anni quattro di reclusione (un terzo in meno della pena di anni sei di
reclusione per il furto consumato monoaggravato), alla quale va aggiunto
l’aumento nella misura massima di un terzo per effetto dell’art. 63, comma 4,
c.p., in relazione alla seconda circostanza aggravante ad effetto speciale, ossia la
contestata recidiva specifica; detto aumento, quindi, nel caso in esame, risulta
pari ad anni uno mesi quattro, con individuazione della pena massima in anni
cinque mesi quattro di reclusione.
Ne discende, pertanto, che il termine di prescrizione breve, ai sensi dell’art. 157
cod. pen., nel caso in esame, è di anni sei.
Detto termine, inoltre, va aumentato della metà per effetto dell’autonoma
previsione dell’art. 161, comma secondo, cod. pen., ossia, nel caso in esame, di
anni tre, per cui si perviene ad individuare in anni nove il termine massimo di
prescrizione.
Essendo stato il reato ascritto agli imputati commesso il 29/01/2007, il termine
massimo di prescrizione risulta decorso alla data del 29/01/2016.

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Tuttavia, nel caso in esame, il Procuratore Generale ricorrente ha omesso di

Anche volendo considerare le sospensioni della prescrizione verificatesi nel corso
del giudizio, per un periodo complessivo di giorni centoquidici – essendosi
verificati due rinvii nella trattazione del processo, dall’udienza del 18/09/2012
all’udienza del 13/11/2012 per adesione del difensore all’astensione di categoria
e dal 07/02/2012 al 27/03/2012 per legittimi impedimento dell’imputato – ne
deriva come, nelle more della trattazione del presente ricorso, risulti decorso il
termine massimi di prescrizione del reato.
Ne discende, pertanto, l’inamissibilità del ricorso del Procuratore Generale per
sopravvenuta carenza di interesse (Sez. 6, sentenza n. 6151 del 22/01/2013,

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso del Procuratore Generale.
Così deciso in Roma, il 05/07/2017

Il Consigliere estensore

Il Presidente

P.M. in proc. Cardellicchio, Rv. 254858).

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