Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44022 del 28/05/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 44022 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Ingenito Michele, nato ad Amalfi il 18.9.1945, avverso la sentenza
pronunciata dalla corte di appello di Salerno il 17.7.2012;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo Guardiano;
udito il pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore
generale dott. Massimo Galli, che ha concluso per il rigetto del
ricorso;

Data Udienza: 28/05/2014

udito per il ricorrente il difensore di fiducia, avv. Sergio Perongini,
del Foro di Salerno, che ha concluso riportandosi ai motivi di
ricorso, chiedendone raccoglimento.

1. Con sentenza pronunciata il 17.7.2012 la corte di appello di
Salerno confermava la sentenza con cui il giudice per le indagini
preliminari presso il tribunale di Salerno, in data 17.5.2010,
procedendo in sede di giudizio abbreviato, aveva dichiarato non
doversi procedere nei confronti di Ingenito Michele, imputato del
delitto di cui agli artt. 110, 81, cpv., 480, c.p., di cui al capo b)
dell’imputazione, in quanto, in qualità di professore universitario,
aveva iscritto nel libretto universitario della studentessa
Martucciello Giovanna l’avvenuto superamento dell’esame di
lingua inglese, che, in realtà, la stessa non aveva sostenuto,
perché estinto per prescrizione.
2. Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede
l’annullamento, ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo dei
suoi difensori di fiducia, Giovanni Falci e Sergio Perongini, del Foro
di Salerno, l’Ingenito, lamentando: 1) i vizi di cui all’art. 606, co.
1, lett. b) ed e), c.p.p., in relazione all’art. 480, c.p., alla I. n. 341
del 1990, al d.m. n. 509 del 1999 ed al r.d. n. 1269 del 1938, per
non avere la corte territoriale considerato, da un lato che il
libretto universitario non costituisce un certificato amministrativo,
bensì un mero prospetto riassuntivo della carriera universitaria
dello studente, al quale il r.d. n. 1269 del 1938 non attribuisce
nessuna funzione di certificazione, restando esso estraneo al
processo di verbalizzazione e di certificazione del superamento

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FATTO E DIRITTO

degli esami universitari, come confermato dallo stesso
regolamento adottato dall’università degli studi di Salerno,
nell’esercizio dei poteri di autonomia ad essa riconosciuti
dall’ordinamento universitario, che non riconosce al libretto

studente; dall’altro la mancanza dell’elemento soggettivo del
reato ed il carattere innocuo del falso, in quanto, in realtà,
apponendo sul libretto della studentessa Martucciello la dicitura
“superato”, con riferimento al superamento della prova di lingua
inglese, il professore Ingenito non avrebbe fatto altro che
anticipare un risultato dovuto, poiché, come chiarito dal teste
Castaldo, la studentessa era in possesso di tutti i requisiti per
potere godere dei crediti formativi previsti per il superamento
della prova di lingua inglese, avendo frequentato un corso
formativo, che la delibera n. 3 del 28.1.2003 della facoltà di
economia dell’università degli studi di Salerno prevedeva come
alternativo al superamento dell’esame, donde la buona fede
dell’imputato; 2) il vizio di cui agli artt. 415 bis, 416, 373, 178,
c.p.p.; 6, convenzione europea dei diritti dell’uomo, in quanto la
corte di appello ha fatto riferimento nella sua decisione ad una
ripresa audiovisiva dell’incontro tra l’Ingenito e la Martucciello,
che sarebbe contenuta in una delle trentadue videocassette
indicate nell’informativa della polizia giudiziaria, in realtà mai
depositate dal pubblico ministero, con conseguente inosservanza
del disposto degli artt. 415 bis, n. 2, e 416, c.p.p., che determina
la nullità della richiesta di rinvio a giudizio e la violazione del
principio del giusto processo.
3. Il ricorso non può essere accolto.

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universitario alcun valore certificativo o di identificazione dello

4. Con riferimento al primo motivo di impugnazione, evidente
appare l’errore in cui sono incorsi i difensori del ricorrente nel
desumere la natura non certificativa del libretto universitario
dall’essere il suddetto documento, come da essi affermato,

dello studente” (cfr. p. 2 del ricorso).
Come affermato, infatti, dalla Corte di Cassazione in un
condivisibile arresto, di cui pure i difensori dell’imputato
dimostrano di avere contezza (cfr. p. 1 del ricorso), in tema di
falso, al libretto universitario istituito a norma del r.d. 4 giugno
1938 n. 1269 deve riconoscersi natura di atto pubblico
fidefaciente limitatamente alle attestazioni ivi contenute relative
alla frequenza dello studente alle lezioni, mentre gli va attribuita
natura meramente certificativa con riguardo alle attestazioni
concernenti l’avvenuto superamento degli esami, atteso il
carattere derivativo di queste ultime dai verbali di esame, che
costituiscono gli atti pubblici originali, destinati ad essere
conservati, a fini di prova, negli uffici di segreteria dell’università.
Il libretto, dunque, precisa la Suprema Corte, proprio perché si
configura come un prospetto riassuntivo della carriera scolastica
dello studente universitario, ha natura certificativa degli esami
sostenuti e dei voti riportati, in quanto, riproducendo in sintesi il
verbale dell’esame, che costituisce l’atto pubblico originario e
preesistente, è un documento “derivato” o “secondario”, che
contiene dichiarazioni di scienza, ossia attesta fatti e dati, noti al
pubblico ufficiale per la loro provenienza da altri documenti
ufficiali (cfr. Cass., sez. V, 23/06/2004, n. 31533).
Ciò consente, in tutta evidenza, di configurare sia il reato di cui
all’art. 477, c.p., che quello di cui all’art. 480, c.p., quando le

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“semplicemente un prospetto riassuntivo della carriera scolastica

diverse attività di falsificazione previste in tali disposizioni
normative abbiano ad oggetto (come nel caso in esame in cui si
tratta di falso ideologico) un libretto universitario.
Tale funzione certificativa appare, peraltro, confermata dal testo

Salerno, parzialmente riportato nel ricorso dell’Ingenito, secondo
cui l’esito dell’esame è trascritto sul libretto universitario a cura
della commissione esaminatrice, mentre i verbali cartacei delle
prove d’esame sono consegnati all’ufficio amministrativo della
facoltà immediatamente dopo la conclusione dell’appello.
4.1. Infondato appare anche l’ulteriore censura sull’elemento
soggettivo del reato, in quanto, come chiarito da tempo
dall’orientamento assolutamente pacifico del Supremo Collegio, ai
fini dell’elemento soggettivo del delitto di falso ideologico è
sufficiente il dolo generico, consistente nella rappresentazione e
nella volontà dell'”immutatio veri”, mentre non è richiesto
l'”animus nocendi” né l'”animus decipiendi”, con la conseguenza
che il delitto sussiste non solo quando la falsità sia compiuta
senza l’intenzione di nuocere ma anche quando la sua
commissione sia accompagnata dalla convinzione di non produrre
alcun danno (cfr., Cass., sez. V, 03/11/2010, n. 6182, rv.
249701; Cass., sez. V, 24/01/2005, n. 6820)
4.2. Nemmeno è possibile condividere la prospettazione difensiva
in tema di “falso innocuo”.
Come chiarito da un condivisibile arresto del Supremo Collegio,
infatti, nei delitti contro la fede pubblica l’innocuità del falso non
va ritenuta con riferimento all’uso che si intende fare del
documento, ma solo se si esclude l’idoneità dell’atto falso ad

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dello stesso art. 21 del regolamento degli studi dell’università di

ingannare comunque la fede pubblica (cfr. Cass., sez. V,
30/09/1997, n. 11681).
Sussiste, pertanto, il falso innocuo solo quando esso si riveli in
concreto inidoneo a ledere l’interesse tutelato dalla genuinità dei

scopo antigiuridico, nel senso che l’infedele attestazione o la
compiuta alterazione appaiano del tutto irrilevanti ai fini del
significato dell’atto e del suo valore probatorio e, pertanto,
inidonee al conseguimento delle finalità che con l’atto falso si
intendevano raggiungere; in tal caso, infatti, la falsità non esplica
effetti sulla funzione documentale che l’atto è chiamato a
svolgere, che è quella di attestare i dati in esso indicati, con la
conseguenza che l’innocuità non deve essere valutata con
riferimento all’uso che dell’atto falso venga fatto (cfr. Cass., sez.
V, 07/11/2007, n. 3564).
Alla luce di tali principi appare evidente che la falsità ideologica
commessa facendo risultare nel corpo di un libretto universitario
come superato da una studentessa un esame mai sostenuto o
superato, non integra gli estremi del falso innocuo, stante
l’idoneità del documento così falsificato ad ingannare la fede
pubblica nel certificare per avvenuta una circostanza di fatto non
verificatasi, indipendentemente dall’uso cui l’atto è destinato.
4.3 Manifestamente infondato e, quindi, inammissibile, va
dichiarato l’ultimo motivo di ricorso, in quanto la scelta
dell’imputato di definire il procedimento a suo carico in sede di
giudizio abbreviato, che presuppone una preventiva conoscenza
degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, non
consente successive contestazioni sulla pretesa incompletezza del
materiale

probatorio

utilizzato

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ai

fini

della

decisione,

documenti e cioè quando non abbia la capacità di conseguire uno

incompletezza che, peraltro, la corte territoriale, con particolare
riferimento alla posizione dell’Ingenito, nega (cfr. p. 3
dell’impugnata sentenza), senza che sul punto il ricorrente, al di là
della generica affermazione sul mancato deposito integrale delle

Va, inoltre, rilevato che l’inevitabile rinvio della causa all’esame
del giudice di merito dopo la pronuncia di annullamento che, in
ipotesi, conseguirebbe all’accoglimento del ricorso, sarebbe
comunque incompatibile con l’obbligo dell’immediata declaratoria
di proscioglimento stabilito dall’art. 129, comma 1, c.p.p., per cui,
anche sotto questo ulteriore profilo il suddetto motivo di ricorso è
inammissibile.
5. Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso di cui in
premessa va, dunque, rigettato, con condanna del ricorrente, ai
sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del
procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
Così deciso in Roma il 28.5.2014

trentadue cassette audio registrate, abbia dimostrato il contrario.

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